MONTANARI: IN ITALIA QUATTRO DESTRE, NESSUNA SINISTRA

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“In Italia abbiamo quattro destre e nessuna sinistra”. Il quadro delineato da Tomaso Montanari rappresenta in toto lo sconforto di una persona progressista. Se nel Paese, da un lato, la Lega cresce prepotentemente dall’altro non si intravede alcuna alternativa credibile. Per lo storico dell’arte – e animatore del percorso del Brancaccio – il M5S avrebbe un enorme problema di cultura, e di cultura politica: “Dove può finire una forza politica guidata da un Rocco Casalino?”. Nello stesso tempo non crede nel Pd di Zingaretti né a sinistra è persuaso da alcuna opzione: “Alle Europee potrei astenermi – ammette – Oggi penso che ci sia più politica nel pensare, parlare, scrivere, condividere il cammino che non nel fare una croce su una scheda”.

In una precedente intervista a MicroMega, di qualche mesa fa, ha dichiarato che il M5S – tra tradimenti programmatici e sbandate razziste sull’immigrazione – era diventato “lo sgabello della Lega”. Le elezioni in Abruzzo e Sardegna ci dicono che il M5S ha iniziato il suo declino elettorale o – come annuncia il leader Luigi Di Maio – siamo ad una normale fase di riassestamento del MoVimento?

Ci dicono che l’elettorato non è disposto a farsi fregare una seconda volta. Il Movimento 5 Stelle – dal condono di Ischia all’impunità a Salvini, dall’aeroporto di Firenze al secondo mandato – si è rimangiato tutto, rivelandosi una forza dorotea di sistema, senza la cultura dei dorotei. Chi vuole votare la destra preferisce, allo sgabello, il padrone dello sgabello. Cioè Salvini.

Il voto degli iscritti sulla piattaforma Rousseau contro l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini dimostra come l’elettorato si sia salvinizzato. In effetti, il M5S ha sbancato lo scorso 4 marzo rappresentando il voto di rottura contro il Pd di Matteo Renzi, ma ora che siamo al declino del renzismo come potrà cambiare pelle? 

Dovrebbe tornare quello delle origini: difendere l’interesse pubblico, opporsi alle lobbies e al sistema. Ma c’è un’unica via per farlo: costruire finalmente democrazia interna sostanziale, convincersi che il dissenso non è un male, ma il motore della storia. Mi pare, tuttavia, che non ne abbiano alcuna voglia.

Non crede, quindi, che il M5S sarà in grado di rappresentare alle Europee il voto per arginare il salvinismo (magari smarcandosi da qui a maggio su una serie di questioni)?

No, assolutamente non lo credo. Non rappresenta più nemmeno se stesso, figuriamoci un argine contro il proprio padrone… Immagino un’astensione di massa, senza nessuno che la intercetta a sinistra.

Ad analizzare i flussi elettorali, i voti persi dal M5S vanno principalmente alla Lega e ad arricchire la schiera dell’astensionismo: il Pd ne guadagna ancora pochi, anche se in crescita. La nuova leadership di Zingaretti, probabile vincitore alle primarie del 3 marzo, potrà rilanciare quel bipolarismo scardinato dal M5S? Torneremo, a breve, ad un centrodestra (salvininizzato) versus un centrosinistra (derenzizzato)?

Può darsi, e sarebbe orribile. Ancora peggio di ora. Anche perché il centrosinistra fa politiche di destra. È culturalmente di destra: nel manifesto di Calenda abbracciato da quel resta del Pd non c’è mai la parola “giustizia”, mentre ricorre quattro volte “sicurezza”. L’egemonia culturale di Salvini è stata prodotta da chi ha scritto «non abbiamo il dovere morale di accogliere» i migranti. Cioè Renzi, nel suo penultimo libro. Che ha aggiunto il famoso «aiutiamoli a casa loro»: una frase che rappresenta, come ha scritto recentemente don Ciotti nella sua bella Lettera a un razzista del III millennio, il vertice dell’ipocrisia razzista.

Intanto a sinistra, al di fuori del Pd, si è incapaci di costruire un’alternativa credibile: per ultimo ci ha provato il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ma è rimasto vittima delle solite dinamiche e divisioni. Come se ne esce? Perché in Italia non si riesce a costruire un soggetto progressista, vincente ed ambizioso? 

Perché non si costruiscono le case dal tetto, cioè dai leader. I partiti personali (da Vendola a de Magistris) dimostrano che la peste ha contagiato chi la vorrebbe curare. Occorre partire dal basso e da lontano: ricostruire un senso comune, un vocabolario, una visione del mondo. Una coscienza di sé.

Però se pensiamo a Maurizio Landini, neosegretario della Cgil, ai movimenti per i beni comuni o alle tante esperienze virtuose in giro per l’Italia, già esiste un’altra Italia che non si abbandona alla società della paura per il diverso o del rancore. Possibile che nessuno riesca a rappresentarla?

È ciò che tiene accesa la speranza: la sinistra di tutti i giorni, della strada e dell’azione concreta. Fatta in gran parte da persone che non votano nemmeno più: lo scollamento con la democrazia rappresentativa è totale. Ci vorrà tempo perché questo mondo esprima una sua classe dirigente, che non sarà però politica di professione. Bisogna lavorare, umilmente e con molta tenacia e speranza.

Se non sarà il M5S e se non sarà il Pd di Zingaretti, rimane la domanda: alle prossime Europee chi sarà l’Anti Salvini? 

Il non voto: in cui confluirà tristemente la maggioranza che detesta la bestiale disumanità del ministro dell’interno, ma non ha nessuno in cui riporre fiducia.

L’astensione, capisce bene, è una sconfitta per la democrazia. E molti, alla fine, si recheranno comunque alle urne il prossimo 26 maggio a votare il meno peggio. Ma per Tomaso Montanari chi è oggi il “meno peggio”?

Non votare sarebbe drammatico, ma non lo escludo. Vedremo liste e nomi, e cercherò di capire se ci sia un “meno peggio”. Ma oggi penso che ci sia più politica nel pensare, parlare, scrivere, condividere il cammino che non nel fare una croce su una scheda. Spero che tutto questo cambi. Dobbiamo farlo cambiare. Ma dobbiamo anche dirci la verità: oggi in Italia abbiamo 4 sfumature di destra.

www.micromega.net, 28 febbraio 

Da libertaegiustizia


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