“Lo Sconosciuto” più celebre di tutti i fumetti. Il ritorno di Magnus

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In libreria è arrivato da qualche mese una splendida edizione de Lo sconosciutodi Magnus a cura di F. Gadducci, edita da Mondadori. Il volume cartonato, di grande formato, con una straordinaria copertina tutta nera da cui vi osserva il protagonista “Unknow” (senza la “n”) è letteralmente da brividi. Prendete uno degli episodi, “L’uomo che uccise Ernesto Che Guevara”, è sarete catturati dalla sapienza della storia e dal tratto raffinatissimo di Magnus.

Che trionfo per gli occhi sono i suoi disegni. La ricerca della perfezione, lo studio dei particolari, i chiari e gli scuri, uno stile inconfondibile, pulitissimo, tra il grottesco e il realistico, la maniacale preparazione delle storie, sono alcuni tratti sintetici e caratteristici del “Magnus pictor”. Così lo chiamavano i suoi compagni di Accademia, e la citazione autoironica lo accompagnerà per sempre. Ne è passato di tempo da quell’agosto del 1964, quando il venticinquenne bolognese Roberto Raviola – dopo vari tentativi abortiti nel campo della scenografia e dell’illustrazione – si presentò nello studio di Luciano Secchi, in arte Max Bunker. Insieme diedero vita a un lungo sodalizio che si interruppe alla metà circa degli anni ’70 dopo i primi settantacinque numeri del mitico Alan Ford. In quei dieci anni circa formarono una delle coppie più brillanti mai apparse sulla scena italiana del fumetto. Avevano iniziato dando alle stampe due dirompenti personaggi, Kriminal e Satanik, destinati a segnare l’immaginario collettivo dei giovani cresciuti negli anni del boom economico e, poi, della contestazione. Erano storie forti e aspre come mai prime se ne erano avute, in cui non c’era alcuna redenzione, nessun buono da salvare, ma dove era spesso il cattivo a vincere. La presenza di sesso e di violenza, apparentemente ingiustificata, ma in realtà capace di esorcizzare quella presente nel mondo reale, non passò inosservata e la censura di quell’Italia ancora bigotta e tradizionalista si fece sentire ripetutamente.Trascurato per anni dalla critica ma amatissimo da un pubblico di affezionati lettori, Magnus ha dovuto attendere gli ultimi anni della sua vita per vedere riconosciuto il suo valore di autore.

Oggi, editori da edicola e da libreria stanno (ri)pubblicando i suoi lavori. E così possiamo avere a disposizione non solo nuove edizioni dei suoi capolavori, ma anche un numero crescente di studi sulla sua arte. Sarebbe stato grave che i più giovani, cresciuti a cartoni, manga giapponesi e supereroi americani non conoscessero questo nostro grande autore, capace di muoversi tra i diversi generi, dal poliziesco al noir, dal comico al western, dallo storico all’erotico e all’horror, che ha prodotto un’enorme mole di tavole disegnate, sempre di alta qualità. Ecco così Dennis Cobb, Gesabel, Maxmagnus e, appunto, Alan Ford. Il distacco da Bunker gli diede modo di lavorare alla sua prima opera originale, Lo sconosciuto. E ancora, La compagnia della forcaI briganti,Necron, fino alle raffinate graphic novel della sua maturità, Milady 3000Le 110 Pillole e Le femmine incantate. La sua arte si chiuse con lo sfibrante ultimo capolavoro, La valle del terrore – il Tex commissionatogli dalla Bonelli – che gli prese gli ultimi sette anni della sua vita. Un altro capolavoro. Ironico e amaro allo stesso tempo, Magnus è stato un autore completo e complesso, da amare senza incertezze, rimanendo increduli di fronte all’enorme cura dei dettagli dei suoi fumetti. Perché dietro la maschera di umorismo, di raffinatezza o di estrema violenza dei suoi lavori si celava la critica a un mondo avido e corrotto. Ha scritto il compianto Luigi Bernardi, che lo aveva conosciuto ai tempi della direzione della rivista Orient Express: “Era un autore inquieto: non sapeva fermarsi, non si arrendeva al successo facile, stupiva il lettore, lo disorientava pretendendo un’attenzione e un credito che nella storia del fumetto sono rimasti modelli mai replicati. Cercate i suoi lavori. Sono trascorsi 23 anni dalla sua morte, in quel di Imola. (Ri)leggerlo è sentirsi vivi con lui.


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