E se provassimo ad essere felici?

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E se provassimo ad essere felici? almeno un po’? Sarebbe bello, quasi rivoluzionario, ma forse impossibile, perché la felicità –ci hanno detto- non è di questo mondo. La inseguiamo da millenni, ma è roba rara. Certo, i padri dell’indipendenza americana hanno proclamato tra i diritti inalienabili, la Vita, la Libertà e “la ricerca della Felicità”, ma erano una élite illuminista e adesso sono tutti morti e sepolti. Eppure è un peccato sia mancata un po’ di utopia quando la “ricerca della felicità” non è stata inserita nel “contratto” del governo gialloverde e si è preferita la concretezza del reddito di cittadinanza e della quota 100, nella logica dei “pochi, maledetti e subito”. Invece, forse, si può provare ad inseguire piccole felicità quotidiane, a condizione che siano davvero piccole. Però bisogna affidarsi, almeno un po’, alla Filosofia, prima che si estingua, assieme alla sorella Storia, dentro la scuola italiana e nella nostra memoria. La Filosofia ci può aiutare a vivere un po’ meglio, ma dobbiamo rinnegare la paura. Non si può essere felici, neanche un po’, se si ha paura.

La paura è la principale nemica delle piccole felicità quotidiane, che possiamo regalarci se diventiamo -almeno un po’- più consapevoli di noi stessi. Anche Epicuro (IV sec. a C) diceva che non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per conoscere la felicità, a condizione di rinunciare alla paura, degli Dei, che in quanto tali si disinteressano di noi, della morte, perché quando arriva noi non ci siamo più, della sofferenza, che può essere evitata. Se vogliamo sperimentare piccole felicità quotidiane, dobbiamo conoscere noi stessi, come ci consigliava Socrate 2400 anni fa, per diventare ciò che siamo, come suggeriva quel pazzo di Nietzsche (1885). Non è roba strana o per pochi. Basta spostarci un po’ più in là, nel tempo e nello spazio, ed ascoltare i maestri zen che promettono un po’ di felicità,  ma facendo un po’ di attenzione e di esercizio per guardarci allo specchio e ri-flettere su noi stessi, con accettazione e disincanto.

Quando siamo in difficoltà, fermiamoci, creiamo un momento tranquillo, “prendiamo posto” seduti al centro della nostra stanza, diventiamo consapevoli di noi stessi. Per meditare, teniamo su la testa (Paolo Rossi), la schiena dritta in una posizione “dignitosa”, con gli occhi aperti, e mettiamoci in ascolto del nostro respiro, dei rumori che ci circondano, della luce, degli odori, del nostro corpo. Anche così, forse, riusciremo ad allontanare o attenuare un po’ dolori, frustrazioni, recriminazioni, e diventare consapevoli di frammenti di verità su noi stessi, “qui ed ora”. Si può fare, se impariamo ad assaporare gli attimi, come quando ci facciamo, con movimenti lenti e misurati, un caffè, o quando ci rifacciamo il letto, stendendo bene con le mani le lenzuola che ci accoglieranno quando andremo a dormire, oppure assaporando l’aria sul viso quando camminiamo. Anzi, appena possibile, facciamoci un regalo e andiamo a camminare, per meditare, con passi lunghi e profondi, in sintonia con il nostro respiro (pneuma, anima, per i primi filosofi), con un ritmo ben diverso dai passettini da robot che Amazon impone ai suoi lavoratori. Se vogliamo comprarci una pistola per la nostra presunta sicurezza, impariamo a “sospendere il giudizio” (epochè, secondo gli antichi scettici) e pensiamo se davvero ci renderà più sicuri o se rischia di essere un pericolo per noi e per gli altri. Nelle discussioni, e non solo, proviamo a “lasciare la presa” sulla nostra verità (può essere l’esercizio più difficile) per ascoltare anche gli altri.
Scegliamo la pazienza quando siamo in fila, perché suonare il clacson o sbraitare non serve. Scegliamo la fiducia, salvo che non vogliano venderci il Colosseo o diamanti a poco prezzo, perché fidarsi è più comodo e conveniente nella grande maggioranza dei casi della vita. Così, forse, saremo più consapevoli, liberi dalla paura, e un po’ più felici. Ma se alla fine del nostro “risveglio”, ci piace ancora Salvini, allora dobbiamo ricominciare tutto da capo… ;).

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