#Silvialibera: una campagna per rivedere il sorriso di Silvia

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Rilanciamo e sosteniamo la campagna di Famiglia Cristiana per chiedere la liberazione di Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Kenya il 20 novembre.

È passato un mese dal rapimento di Silvia Romano, la giovane cooperante della Onlus Africa Milele, sequestrata il 20 novembre dal villaggio di Chakama, a 80 chilometri da Malindi, dove lavorava come referente in una casa per bambini della comunità locale. Da allora è sceso il silenzio.

Le notizie che arrivano sono sottovoce come conferma anche il Viminale ribadendo che il ministro Matteo Salvini «si è ben guardato dall’esprimere posizioni sulla vicenda, vista la delicatezza e la necessità di lavorare nel più stretto riserbo». Quel che si sa è che, nella caccia ai rapitori, la polizia keniana ha compiuto un centinaio di arresti e fermi usando pure le maniere forti con maltrattamenti e bastonature in un paio di villaggi che stavano collaborando con gli inquirenti ma evidentemente non abbastanza. Nel riserbo quasi totale della polizia, questo almeno è il quadro che emerge da resoconti di due media keniani sui più recenti tentativi di salvare la giovane volontaria milanese. Il capo dello Stato Uhuru Kenyatta si è detto «fiducioso in una soluzione positiva» della vicenda in un colloquio con il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. Il presidente keniano «mi ha assicurato tutto il suo impegno» per salvare la giovane, ha riferito lo stesso Tajani. Il comandante della polizia nella zona costiera keniana, Noah Mwivanda, ha confermato che «stiamo lavorando 24 ore su 24 per salvare» Silvia, che secondo le ipotesi ricordate dai media è stata rapita da criminali comuni che hanno provato a portarla nella confinante Somalia, dove ci sono roccaforti dei terroristi islamici Al-Shabaab.

Nel frattempo dal Kenia interviene anche Padre Felice Molino, missionario salesiano da anni a Nairobi con “Missioni Don Bosco”: «Non ci sono parole per commentare quello che sta accadendo. Silvia, siamo tutti con te». Dopo l’arresto di uno dei tre sospetti sequestratori, domenica 9 dicembre, si era riaccesa la speranza di una rapida svolta nella vicenda, poi invece sono seguiti altri giorni di stasi. «Troppo silenzio, almeno in Kenya. Non si parla di questo rapimento, c’è un riserbo assoluto, se ne discute più in Italia che qui», dice all’Adnkronos Padre Felice. «Non so se questa coltre di silenzio sia determinata dalla volontà di non ostacolare le indagini o piuttosto dal timore di danneggiare il turismo locale. Fatto sta che del sequestro di Silvia Romano non si parla mai, qui in Kenya», osserva don Felice. Quanto alla matrice del rapimento, «sembra si tratti di un azione criminale legata a ragioni economiche, di riscatto e non di un sequestro a sfondo ideologico-religioso. In ogni caso speriamo che questa vicenda si risolva presto e nel migliore dei modi».

Il mensile Vita, nel frattempo, ha lanciato un hashtag a sostegno della ragazza: «I suoi famigliari hanno bisogno di un nostro gesto oltre che delle nostre parole» si legge sul sito. «In questi giorni di festa allora il dono dobbiamo farlo noi. Facciamo girare il più possibile il suo sorriso con l’hashtag #SilviaLibera».


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