Non parlatemi più di giornalisti che non vogliono cambiare

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1250 posti occupati, 15 seminari “tutto esaurito”, 45 ore di formazione gratuita, circa 700 persone presenti tra giornalisti e videomaker, un’ondata di energia e gioia che ha (senza far danni!) investito la Casa del Cinema e la sede di Stampa Romana. Tutto questo è stato “Mojo Italia”, due giorni e mezzo di aggiornamento professionale gratuito per introdurre i colleghi al mobile journalism (da cui la sigla “mojo”) ovvero all’uso dello smartphone per creare video professionali e più in generale contenuti giornalistici da fruire multipiattaforma, in quei “luoghi” dove oggi si è spostato il pubblico che un tempo i nostri giornali “incontravano” in edicola e i nostri tg facevano “radunare” davanti uno schermo televisivo.

Mojo Italia – che io ho ideato e diretto – è stato organizzato da Stampa Romana e dall’Associazione Italiana Filmaker e Videomaker, è costato zero alle casse pubbliche, è stato finanziato da sponsor privati per lo più internazionali e, nonostante un budget risibile, è stato un gran successo grazie alla squadra di volontari (e allo staff delle due associazioni organizzatrici) che hanno lavorato senza sosta dal febbraio scorso.

Se guardo ai numeri, brutalmente, mi viene da dire che alla sua prima edizione Mojo Italia ha registrato quasi il doppio delle presenze di Mojo Fest, il festival mondiale del mobile journalism che si svolge a Galway in Irlanda e che la lingua inglese trasforma in un appuntamento di richiamo internazionale. Ma sarebbe riduttivo metterla così (oltre a far torto allo straordinario lavoro che fanno i colleghi irlandesi da anni).

Quello che conta di più, per me, è l’entusiasmo e la gioia che ho visto tra i partecipanti, quelli che sono venuti a ringraziarci, quelli che ordinatamente hanno fatto lunghe file per la registrazione, quelli che ci sono venuti incontro nelle piccole cose per far funzionare tutto al meglio nella nostra manifestazione, con poco staff e pochi soldi.

Bene, che valore ha quell’entusiasmo e quella partecipazione in massa se riportiamo “Mojo Italia” su un piano strettamente politico-sindacale? A mio modesto avviso, si è trattato della prova-provata che le affermazioni sui “giornalisti-conservatori”, sui giornalisti che non vogliono cambiare sono menzogne, generalizzazioni comode a far passare l’ennesimo piano di tagli senza che gli editori si rendano conto che ormai da tagliare c’è rimasto ben poco, che è ora di ripensare i prodotti e di ritrovare la qualità.

Vedere colleghi blasonati, giornalisti graduati che occupano ruoli importanti in testate importanti, magari colleghi decisamente avanti con gli anni, seguire sullo schermo del loro smartphone la spiegazione su una app di ripresa o su una di montaggio, concentrarsi per capire come funziona quel social che solitamente associamo all’edonismo di qualche pseudo-vip e che potenzialità abbia per l’informazione, è la risposta migliore che la categoria potesse dare ad editori in crisi di idee e progetti per affrontare il futuro (ormai “presente”) e lesti solo a metter mano alla calcolatrice.

Vedere quei colleghi che citavamo sopra, partecipare a quei seminari fianco a fianco con colleghi giovanissimi, dal futuro incerto, a giornalisti magari licenziati o comunque colpiti dalla crisi e quindi bisognosi di ricollocarsi, è stata un’altra grande emozione.

Alla Casa del Cinema ho visto un’ambiente, solitamente super-competitivo come quello del giornalismo e sempre più frantumato per via della crisi, che – almeno per qualche ora – ha ritrovato il gusto dello stare insieme, per confrontarsi, parlare e guardare al futuro

Mojo Italia è un piccolo contributo al dibattito, non siamo portatori di ricette magiche o di formule non discutibili, noi mostriamo solo una prospettiva, delle possibilità, degli strumenti, diamo corpo alla voglia di cambiare. È un contributo al dibattito della categoria che viene svolto nelle sedi e con gli organismi deputati.

Da quando abbiamo cominciato a fare corsi di mobile journalism, con Enrico Farro dell’Associazione Filmaker, nel 2015 abbiamo sempre lavorato su un punto: fare comunità, creare legami, continuare a stare insieme oltre i corsi. In questi giorni d Mojo Italia la comunità è cresciuta e si è consolidata. Per me questa è Politica, con l’iniziale maiuscola e mi da speranza nonostante la completa latitanza degli editori che pur giocano un ruolo chiave nell’informazione e nel campo d’azione dell’articolo 21’della Costituzione.


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