Occorre una nuova cultura politica per contrastare il pericolo di un trascinamento sempre più a destra

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Dopo quattro mesi dal voto prima mossa del PD. Il Pd andrà a congresso prima delle elezioni europee. Il congresso dovrebbe ridisegnare linea politica e identità del Partito. Ma, su questo, rimane ancora tutto in itinere. Nessuno intende fare un passo di lato, come quello auspicato da Bersani di Leu, anch’essi ancora non svegliatosi dal deludente risultato elettorale. Rimangono sul tappeto tutte le questioni valoriali e identitarie alle quali abbiamo ripetutamente accennato prima delle elezioni e dopo la pesante sconfitta del 4 marzo.

Bisognerebbe smetterla con la solita narrazione che il PD ha perso perché non è riuscito a comunicare sui social i risultati positivi dell’azione del governo Renzi, per le timidezze del Governo Gentiloni (v. la mancata approvazione dello ius soli e per le polemiche interne). Ma ancora non si vede alcuna resipiscenza.

Riproviamo a riepilogare umilmente le nostre modeste considerazioni e proposte. Gli ultimi governi si sono caratterizzati più per un’opzione decisa sui diritti civili che su quelli sociali. Nel momento in cui stava, e sta, crescendo, la disuguaglianza e la povertà di grandi masse di cittadini, e nel momento in cui la lenta crescita non dà stabilità e occupazioni, anzi crea più lavoro precario che stabile, è stato facile agitare, approfittando dell’insicurezza della gente, la paura dei migranti “che ci invadono”, dei ladri che penetrano nelle nostre case, delle banche salvate sulla pelle dei risparmiatori, dei sindacati contrastati perché ostacoli al decisionismo del governo e così via… Ma il problema è che il PD non è solo stato scarsamente presente sui social, ma è stato assente dove la gente vive e soffre. Le forze di sinistra sono state votate più dai pensionati e dal ceto medio colto che dai giovani, dagli operai, dai lavoratori dell’industria, delle campagne, dalle masse degli indigenti e dalle periferie urbane.

La ricerca di allargare al centro, imbarcando di tutto, a volte travalicando ogni prudenza etica, ha fatto sì che la sinistra perdesse il contatto con il suo popolo. In molti comuni ha dovuto rinunciare a presentarsi con i propri simboli per confluire, in ordine sparso, in liste civiche. Ha perso mordente sui temi tradizionali come quelli della lotta alle mafie, alla corruzione, per il Meridione, per l’ambiente. Tutto ciò ha dato spazio al populismo di destra e al sovranismo antieuropeo. Oggi i 5S brandiscono i temi della tutela del lavoro (tema di sinistra), mentre la Lega, da destra, sui migranti, sulla sicurezza, d’intesa con i 5S, porta avanti la campagna di strumentalizzazione della paura e dell’insicurezza della gente. E tutto ciò avviene in un contesto di costruzione di un regime di destra che mette in discussione i postulati fondanti della democrazia parlamentare nata dalla Resistenza, chiedendo l’impeachment del Presidente della Repubblica, la soppressione delle correnti, soprattutto di sinistra, del Csm, minacciando il ritiro della scorta allo scrittore Saviano.

Detto, e ripetuto, tutto questo, la sinistra deve rinunciare al pensiero unico neoliberista, interpretato da posizioni liberaldemocratiche più che da sinistra, del mondo del lavoro, della produzione e delle professioni. Deve abbandonare la terza via che ha aperto le porte a Trump, ai populismi di destra, ma anche di sinistra. La sinistra del XXI secolo in Italia e in Europa e nel mondo deve riflettere su questo punto strategico. Le disuguaglianze create dal fallimento della cosiddetta terza via, ha creato i nuovi mostri finanziari ed economici globalizzati che hanno saputo usare l’austerità predicata dalla BCE e dal FMI per creare un nuovo ordine economico e sociale mondiale. Le masse dei migranti sono l’effetto più vistoso, ma anche l’opposizione della destra alle politiche ecocompatibili, ai diritti umani e sociali, combattendo tutte le forme di rappresentanza sociale del lavoro e della società (sindacati, associazioni, corpi intermedi professionali, ecc…).

Quanti guardiamo con interesse alla rigenerazione della sinistra che raccolga l’anima intellettuale della sinistra politica storica, socialista, laica, cattolica e cristiana, dotandolo degli strumenti necessari per leggere le contraddizioni attuali di un’economia globalizzata che il pensiero neoliberista e di destra strumentalizza per accrescere il dominio, incontrollato, dei centri di potere multinazionali.

La cultura della sinistra del novecento ha saputo cimentarsi con lo sviluppo del capitalismo, temperandone le ingiustizie sociali. Occorre una nuova cultura politica per contrastare il pericolo di un trascinamento sempre più a destra in Italia, in Europa e nel mondo delle politiche dei governi rimettendo in discussione la stessa democrazia e le conquiste sociali del novecento.

Sembra chiaro a molti di noi che ciò presuppone anche nuove classi dirigenti della sinistra che sappiano suscitare nuove speranze che gli attuali capibastoni non sarebbero in grado di attivare.

Questo vale anche per rilanciare l’idea di una nuova Europa dei popoli e dei diritti sociali capace di governare democraticamente la globalizzazione sciogliendone le contraddizioni e ingiustizie. Dal dibattito dell’Assemblea nazionale del PD ricaviamo l’impressione che tutto è ancora aperto e inconcludente.


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