Udienza n. 52 per il fotogiornalista egiziano Shawkan e nuovo rinvio, al 20 marzo

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Con quello del 17 marzo, sono 52 i rinvii del maxi-processo contro 739 imputati iniziato il 12 dicembre 2015 al Cairo. Degli imputati fa parte, unico giornalista, Mahmoud Abu Zeid detto Shakwan, in condizioni di salute sempre più precarie. Shawkan è stato arrestato il 14 agosto 2013 mentre si trovava, per conto dell’agenzia fotografica Demotix di Londra, in piazza Rabaa al-Adawiya, al Cairo, a documentare il violentissimo sgombero di un sit-in della Fratellanza musulmana. Fu un massacro con centinaia e centinaia di morti in un solo giorno.

Shawkan deve rispondere di questo lungo elenco di pretestuose accuse: “adesione a un’organizzazione criminale”, “omicidio”, “tentato omicidio”, “partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane”, “ostacolo ai servizi pubblici”, “tentativo di rovesciare il governo attraverso l’uso della forza e della violenza, l’esibizione della forza e la minaccia della violenza”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “ostacolo all’applicazione della legge” e “disturbo alla quiete pubblica”.

Il suo “reato” è solo quello di aver fatto il suo lavoro. Si chiama giornalismo. Per questo, unicamente per questo, è in carcere da oltre quattro anni e mezzo. E per questo, unicamente per questo, la pubblica accusa egiziana ha chiesto che venga messo a morte.


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