Genocidio in Brasile nel nome della Santissima Trinità

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Si ritiene comunemente che lo sterminio degli indios del Nuovo Mondo sia stato prerogativa dei Conquistadores del periodo colombiano. Niente di più errato. In Brasile, se il grosso del lavoro sporco lo fece Pedro Cabral e i suoi successori nel XVI e XVII secolo, benedetti dai missionari cattolici, a colpi di spingarda, cannoni e soprattutto epidemie, falcidiandone quasi un milione, l’opera è stata portata a termine a fine anni ’60, durante la dittatura militare. Non furono solo i garimpeiros (cercatori di oro) a macchiarsi di massacri atroci; superati in ferocia, proprio da chi era stato preposto alla protezione dei perseguitati. Appoggiati ancora dai religiosi, protestanti stavolta.

Testimone spietato

Se paradossalmente, gli eccidi, perpetrati dalla commissione governativa, vennero denunciati dallo stesso ministro della Giustizia Jader Figueroa nel 1968, il primo che ruppe il colpevole silenzio stampa europeo, fu lo scrittore inglese Norman Lewis, inviato speciale del Sunday Times. Nel suo libro Niente da dichiarare (ed. Adelphi) egli narra gli orrori con dovizia di particolari. Riportando estratti dal libro bianco di Figueroa: l’etnia Maxacalì massacrata a mitragliate, ne sopravvissero 300 su 10.000. I Cintas Largas, così chiamati per una spessa fascia ai fianchi, essendo specialisti del mimetismo, annientati via aerea con la dinamite. Di 20.000, ne rimasero 500. Contro i Beiços de Pau e i Pataxò di Porto Seguro, i primi indios scoperti da Cabral nel 1500, furono utilizzati mezzi chimici e batteriologici; SPI, il Serviço de Proteçao ao Indio, la commissione che doveva tutelarli, inviò ai primi viveri impregnati di arsenico. Morirono come le mosche. Eccidi.webloc

Ai Pataxò, con la scusa di vaccinarli, fu inoculato invece il virus del vaiolo. Di 20.000 originari, oggi ne rimangono un migliaio circa. 100.000 gli indios sterminati dal 1957 al 1969. I funzionari corrotti della SPI ingaggiarono killer professionisti, con lo scopo di rivendere poi i vasti appezzamenti di terreni che appartenevano a queste genti. Un altro libro, scritto da Gerard Colby, Seja Feita a Vossa Vontade (sia fatta la vostra volontà) accusa direttamente il miliardario Nelson Rockefeller di aver pagato i funzionari, allo scopo di impadronirsi dei giacimenti. Lo stesso Lewis indicò il principe Ranieri di Monaco come uno dei beneficiari di tali massacri. I superstiti delle stragi, donne e bambini, furono rinchiusi in centri di rieducazione gestiti dai missionari protestanti, che proibirono danze, canti, riti e ornamenti “pagani” del corpo.

In realtà erano campi di concentramento per lavori forzati e bordelli. Peggio delle coltivazioni di cotone in Louisiana, dove gli schiavi almeno mantennero le proprie tradizioni. Libri e giornali, riportano la testimonianza chiave di Ataìde Pereira, uno degli assassini, che con la speranza, vana, di evitare la pena di morte, vuotò il sacco. Descrivendo la tortura inferta a una ragazza, che appesa a testa in giù a gambe larghe, fu squartata con il machete. Per evitare tentazioni alla squadra, egli disse. Moralità innanzi tutto.

Nei giorni nostri

L’estremismo religioso cristiano è riuscito perfino a far vietare il culto dei morti, che è il fondamento dell’etnia Bororò. Forse la colpa più grande di Dilma Rousseff, è quella di non aver tutelato le minoranze, danneggiandole ulteriormente con la sua politica energetica attraverso l’esproprio delle terre amazzoniche, ai fini di formare i bacini idrici delle dighe; lo scandalo della Belo Monte e l’inondazione del Rio Doce, catastrofi annunciate. Lo stesso avvenne con i quilombolas, i discendenti degli schiavi africani, oggi ridotti a paria.

Bloccata Dilma dagli ex alleati di governo del PMDB che la pugnalarono alla schiena, e dagli evangelici, l’agro business trionfò, impedendo la demarcazione dei territori usurpati. Secondo il Consiglio Indigenista tale processo è rimasto fermo ai tempi della dittatura, calpestando la dichiarazione sui diritti delle etnie, firmata dal Brasile alle Nazioni Unite. La stessa Marina Silva, leader dei socialisti, paladina degli indios, è un’evangelista severa. Terre.webloc

In tale scenario favorevole, i fondamentalisti hanno piazzato un loro uomo nel municipio della città-simbolo del Brasile, Rio. Il pastore evangelico Marcelo Crivella, da sindaco starnazza senza remore sulla teocrazia come nuova etica politica, demonizzando le altre religioni, oltre ad aborto e omosessualità. Rio.webloc Le rivendicazioni dei Pataxò davanti alla Corte Suprema trasmesse dai media, hanno scatenato nel 2012 nuove violenze; circa 600 il numero degli indios uccisi nel nuovo millennio, tra cui il loro capo storico, Hà-Hà-Hàes. Nel 2013 ho visitato i superstiti di questa etnia nella loro riserva a statuto autonomo di Jaqueira, nei pressi di Porto Seguro, contentino concesso dal governo federale. 300 persone vivono come nel periodo precolombiano, cacciando animali con trappole artigianali, e intrecciando fibre di cocco da vendere ai turisti. Un altro centinaio è sparso sulla spiaggia di Coroa Vermelha, dedito alla vendita di oggetti ai bagnanti. Parlando con il consigliere della regina Natina-uà ho rilevato un grande orgoglio, senza piagnistei sulle vicissitudini passate e presenti.

Nessuno di loro mi ha scroccato denaro; il tentativo di emanciparsi dai cliché delle tribù-zoo a Manaus, è coerente con la loro storia.

(pubblicato da Il Fatto Quotidiano il 26/03/2017 Il Fatto Blog.webloc)

Approfondimenti

La catastrofe ecologica e umana che ha spazzato via i villaggi dell’etnia Krenak nel 2015, a causa dell’esondazione del fiume Rio Doce nello stato di Minas Gerais, fu provocata dalla rottura della diga di Mariana; assenza di manutenzione, e nessuna considerazione sulla fragilità del terreno, le colpe criminali della società mineraria Samarco, parte della multinazionale Vale, che insieme alla Petrobras dello scandalo Lava Jato, è la principale fornitrice di mazzette a politici e controllori ambientali in Brasile. L’amministrazione dello stato, convinta dal piatto di lenticchie di un milione reais (poco più di 300.000 euro), ha avallato uno dei peggiori disastri della storia americana.

Una miscela micidiale di fanghi tossici, a base di mercurio, ferro e alluminio, ha fatto tabula rasa di coltivazioni, fauna ittica e risorse di acqua potabile, assetando quasi mezzo milione di persone, e inquinando la foce dell’Atlantico, dove i liquami si sono poi riversati in mare aperto. Nessuno ha pagato finora; con impeachment Dilma Rousseff, la politica ha insabbiato la cosa, e STF (Supremo Tribunale Federale) attende i destini di un Paese sempre più confuso, prima di avviare procedimenti in merito. I giudici si sono già espressi negativamente nei confronti delle proteste indigene, nel caso di un’altra spada di Damocle pendente da anni sul destino delle popolazioni amazzoniche che costeggiano il fiume Xingu. Laggiù la più grande diga brasiliana in costruzione dopo Itaipu, la Belo Monte, al confine con Paraguay, ha causato la rimozione forzata di circa 8.000 famiglie, 40.000 persone, in cambio di risarcimenti ridicoli, 8.000 euro circa, 1000 per gruppo familiare. Ibama, l’agenzia di protezione ambientale, ha valutato che la deviazione del fiume causata dai canali artificiali della diga, potrebbe ridurre il flusso idrico per 80% con la conseguente cancellazione di specie animali e flora endemica, oltre alla penuria di acqua potabile conseguente. Parole al vento.

Il Brasile, nonostante la recessione che lo affligge, continua a essere soggiogato dal mito di un progreso inesorabile che non vuole, o non può, voltarsi indietro. Che arricchisce senza ritegno il 25% dei suoi abitanti, annientando le minoranze scomode, e indebitando sempre di più il resto del Paese.

(foto di un villaggio sommerso dai fanghi tossici)


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