Una domanda al Governo: la Rai è ancora la concessionaria del servizio pubblico?

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Con la pubblicazione della nuova legge sull’editoria, sono anche state varate le ultime disposizioni di quel complessivo riordino del servizio pubblico radiotelevisivo avviato con la l. n. 220/15 e proseguito con la modifica delle norme sulla riscossione del canone avendo, in tal modo, la maggioranza parlamentare dato via libera al progetto governativo di riforma della Rai.
Parrebbe utile allora, stando ai fatti, tirare le prime somme dell’intervento del Governo e della sua maggioranza parlamentare:

a) La Rai non è più la concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo, essendo stato abrogato l’art. 20 della legge Gasparri: La concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, per la durata di dodici anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa;

b) Essendo stato modificato l’art. 49 del D lgs n. 177/05, la Rai non è più la concessionaria ex lege del servizio pubblico radiotelevisivo;

c) La Rai non ha attualmente alcun titolo abilitativo per proseguire le trasmissioni. Non in base alla legge, poiché la proroga sino al 31 ottobre 2016 è scaduta senza essere stata rinnovata. Non per via amministrativa, poiché non avendo proceduto il Governo a nuovo assentimento, la previsione ponte contenuta in alcune disposizioni della legge sull’editoria non è ancora entrata in vigore per la vacatio legis (che prevede l’entrata in vigore della legge solo dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione). Risulta che la stessa Rai abbia richiesto un parere legale sul “titolo” in base al quale nel frattempo sarebbe autorizzata ad espletare il servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale;

d) Le nuove disposizioni presenti nella legge sull’editoria – ritenendo la Concessione “scaduta” e non da rinnovare – affidano esclusivamente al Governo il potere discrezionale di scelta del prossimo concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo, (senza peraltro menzionare la Rai) seguendo un iter che, di fatto, esclude il Parlamento: decreto del Presidente del Consiglio su deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia.

e) La Rai è stata inserita nell’elenco ISTAT delle società controllate dal Governo, elenco nel quale non era mai comparsa sin dalla “parlamentarizzazione” del servizio pubblico radiotelevisivo del 1975, in ragione della sua indipendenza funzionale, nonostante la partecipazione azionaria pressoché totalitaria dello Stato. È noto che l’inclusione nell’elenco ISTAT non è a fini statistici, ma indica tutte le società o enti sotto il controllo effettivo del Governo che devono sottostare a un plesso di norme pubblicistiche (non ultima l’inclusione nel bilancio consolidato dello Stato) in netto contrasto con il regime giuridico speciale che per quarant’anni ha vegliato sull’indipendenza della Rai.

Nel frattempo, approfittando della confusione, è ripartita in grande stile la campagna mediatica per lo spacchettamento e la messa a gara della Concessione, promossa nel 2013 dall’ex Viceministro Catricalà.
Una domanda al Governo e alla sua maggioranza: ma è proprio questo che si voleva?


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