Migranti, dopo il fallito referendum in Ungheria dalla Polonia una ‘breccia’ nei muri dell’Est

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Domenica 2 ottobre l’Ungheria è stata chiamata alle urne per il referendum voluto dal presidente Orbán, che per proteggere le frontiere dall’ingresso dei migranti ha costruito un muro. L’affluenza non ha permesso il raggiungimento del quorum, per essere valido doveva votare almeno la metà degli 8 milioni elettori. Ma al voto si è recato poco più del 40% degli aventi diritto e la maggioranza, il 97%. Si è espressa per il “no” al quesito “Volete che l’Unione Europea imponga l’insediamento forzato di cittadini non ungheresi sul territorio nazionale senza il consenso del parlamento?”.
In Ungheria, come pure negli altri paesi del Gruppo di Visegrád (con Polonia, Slovacchia e Cechia), è cresciuto il fastidio nei confronti della politica di Bruxelles. Budapest, come pure Bratislava, Praga e Varsavia hanno invocato il diritto alla sovranità nazionale per respingere il piano di ricollocamento dei rifugiati giunti sulle coste greche e italiane. Nella loro resistenza alla politica comunitaria, i governanti di questi paesi hanno visto crescere il consenso dei loro concittadini, liberatisi meno di trent’anni fa dal comunismo e insofferenti verso il potere extranazionale di Bruxelles, che pur li ha munificamente sostenuti nel loro sviluppo economico.

È tornato a farsi sentire un “senso etnico della nazione”, che ha contagiato anche le Chiese in un risorgente legame tra nazione e religione, come ha osservato recentemente Andrea Riccardi.
Qualche segnale diverso sembra arrivare invece dalla Polonia. Nella cattedrale di Varsavia, sabato 1° ottobre, il cardinale Nycz ha presieduto la veglia di preghiera “Morire di speranza”, dedicata ai “rifugiati, specie quanti hanno perso la vita nei viaggi verso l’Europa”.
Non solo. Analoghe preghiere si terranno in oltre venti città della Polonia, tra cui Cracovia, Gniezno, Danzica, Poznań, Stettino, Wrocław, per dar vita a una “settimana di preghiera per i rifugiati”. Come si legge nel popolare portale deon.pl gli organizzatori dell’iniziativa – Comunità di Sant’Egidio, Caritas Polska, Przewodnik Katolicki, Tygodnik Powszechny e altri – intendono rispondere all’appello di papa Francesco, che durante la visita in Polonia dello scorso luglio aveva chiesto di “avere il cuore aperto” e di pregare per i migranti, osservando che “la preghiera muove le montagne”.

A Poznań, domenica 2 ottobre, l’arcivescovo Gądecki, presidente della Conferenza episcopale, presiede la preghiera “Morire di speranza”. Alla vigilia della visita di papa Francesco in Polonia, Gądecki aveva spiegato che la Chiesa intendeva avviare un programma di aiuto ai rifugiati, ispirandosi tra l’altro al modello dei corridoi umanitari realizzati in Italia da Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche e Tavola Valdese. “Anche se il 60% o l’80% della popolazione fosse contro i profughi – aveva dichiarato il presidente dell’episcopato polacco – la Chiesa non può dire come i politici: ‘La gente non li vuole, perciò neppure noi’. È necessaria la solidarietà”.
È certo che il tema dell’accoglienza ai profughi sarà all’ordine del giorno dell’Assemblea plenaria dei vescovi polacchi che si terrà a Varsavia il 4 e 5 ottobre. La posizione della Chiesa polacca sui rifugiati potrebbe aprire una stagione nuova in tutta l’Europa dell’Est, una breccia nei muri: non più solo barriere, ma anche corridoi umanitari.

*Ricercatore in Storia del Cristianesimo all’Università Roma Tre, volontario della Comunità di Sant’Egidio


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