Tante associazioni al sit-in per la Siria. Una prima tappa per ribadire richieste di pace

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Ad un anno dalla morte di Aylan Kurdi, annegato mentre la sua famiglia fuggita dalla Siria stava disperatamente tentando di raggiungere l’Europa che schiaffeggiata da quell’immagine promise interventi per l’accoglienza dei profughi e un impegno per il raggiungimento di una soluzione al conflitto siriano, nulla è cambiato.
Nello stesso giorno in cui dodici mesi fa il corpicino inerte di Aylan si arenava su una spiaggia turca, come le speranze di tutto il suo popolo, con decine di associazioni abbiamo deciso di organizzare un sit-in per lanciare un appello alle istituzioni e per portare in piazza la  testimonianza forte di chi vuole rompere il silenzio sulla Siria.
A chiedere lo stop immediato dei bombardamenti su Aleppo e Mambij, insieme a noi di Articolo 21, la Federazione nazionale della Stampa, Amnesty Italia, Arci, Aoi, Associazione 46° Parallelo. Associazione Amici di Roberto Morrione, Associazione Giornalisti Amici di Padre Paolo Dall’Oglio, Cispi, Comitato 3 ottobre, Comunità di Sant’Egidio,  Confronti, Cospe, Federazione nazionale della stampa, Fondazione Libera Informazione, Illuminare le periferie, Italians For Darfur, LasciateCIEntrare, Migrare, NoBavaglio, Rivista San Francesco, Tavola della Pace, Associazione Tam Tam, Unicef Italia, Un ponte per, Usigrai, Uscire dalla guerra,
A concludere l’iniziativa è stata la voce di Shady Hamadi, scrittore italo-siriano, che ha ricordato la necessità di una mobilitazione civile e culturale a sostegno di coloro che in Siria non si rassegnano a continuare a vivere sotto una dittatura o a iniziare un’esistenza ancora più dura sotto il fanatismo religioso.  A tutti loro va il nostro immenso grazie e un’esortazione: quella di oggi è stata solo la prima tappa di un percorso che ci porterà alla Perugia – Assisi, marcia per la Pace a cui Articolo 21 aderisce come sempre convintamente.
E sarà quella, ancora una volta, la ribalta per dare visibilità ai conflitti e ai temi dimenticati oltre che una giornata per ribadire il sentimento che accomuna tutti gli aderenti: il desiderio di porre fine a ogni guerra e sofferenza.
Nelle ore in cui eravamo impegnati nel sit-in sulla crisi siriana, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati diffondeva le stime più recenti sulle vittime dei viaggi della speranza per fuggire da crisi e violenza.
Quasi 4200 le persone morte o disperse nel Mediterraneo nell’ultimo anno. In media, 11 tra uomini, donne e bambini sono morti ogni giorno negli ultimi dodici mesi.
Nei primi otto mesi del 2016 circa 281.740 persone hanno tentato la pericolosa traversata in mare verso l’Europa. Il numero di rifugiati e migranti in arrivo in Grecia è considerevolmente diminuito a seguito dell’attuazione dell’accordo tra Unione Europea e Turchia e della chiusura della cosiddetta rotta balcanica, passando dagli oltre 67.000 arrivi di gennaio ai 3.437 di agosto.
Il numero di arrivi in Italia è rimasto sostanzialmente stabile con circa 115.000 rifugiati e migranti sbarcati nel paese alla fine di agosto, in linea con i 116.000 arrivi registrati nello stesso periodo dello scorso anno. Il cambiamento principale, tuttavia, riguarda il numero delle vittime.
Dall’inizio del 2016 una persona ogni 42 che hanno tentato la traversata dal Nord Africa verso l’Italia ha perso la vita, rispetto al dato di 1 ogni 52 dello scorso anno. A fronte di questi dati, il 2016 risulta ad oggi l’anno col tasso di mortalità più alto mai registrato nel Mediterraneo centrale.
Le probabilità di morire lungo la rotta che dalla Libia porta all’Italia sono dieci volte superiori a quelle che si corrono tentando la traversata dalla Turchia alla Grecia.
Questi numeri, come ha sottolineato Unhcr, evidenziano la necessità che gli Stati aumentino con urgenza i canali di accesso alternativi per i rifugiati, tra cui reinsediamento, programmi di sponsorizzazione privata, il ricongiungimento familiare e borse di studio per gli studenti, affinchè non debbano ricorrere a queste pericolose traversate ed affidarsi ai trafficanti.
Ma lo sforzo più importante, della diplomazia e delle istituzioni europee e internazionali, deve essere rivolto alla soluzione dei conflitti, in particolare quello siriano che produce il numero più alto di profughi.
E il primo passo non può che essere uno stop ai bombardamenti come chiesto oggi dal mondo delle associazioni e delle organizzazioni non governative, insieme a Fnsi e Usigrai, che hanno rivolto un appello all’Italia, all’Unione europea e alle Nazioni Unite affinché si raggiunga una tregua duratura, si permetta l’apertura di corridoi umanitari e la fornitura senza ostacoli di aiuti alle popolazioni assediate.


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