Nizza, il male è dentro di noi

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Quando muore un bambino, il mondo è sempre più buio. E lungo la promenade di Nizza ieri sera era pieno di bambini, accorsi per lo spettacolo sempre festoso dei fuochi artificiali. Ci sono  ancora tanti passeggini a testimoniare l’ultimo orrore, la folle corsa di un camion verso la morte di quegli innocenti. Vengono i brividi non soltanto per il numero delle vittime (84 è un numero terrificante), ma perché forse questa tragedia la sentiamo molto più vicina. Nizza è un po’ anche italiana, non soltanto perché lì è nato Garibaldi. Ma perché in fondo è sempre stata l’appendice gioiosa della costa ligure. L‘eroe dei due mondi e la presa della Bastiglia, si resta frastornati a mischiare feste e lutto infinito. Questo è il momento del dolore, i particolari si conosceranno dopo. Ma alcuni elementi sono già noti: il sacrificio di uno scooterista, il grande coraggio di una poliziotta e soprattutto l’identità del terrorista: un piccolo malvivente tunisino ma cittadino francese da molti anni. Senza ricorrere a muri o barriere scopriamo per l’ennesima volta che il male sta dentro di noi, cresciuto con la nostra cultura. E qualche domanda dobbiamo cominciare finalmente a farcela: dove abbiamo sbagliato?

Gli analisti si sono già messi al lavoro, così come chi rifiuta la convivenza. Trump si è già espresso, qualche razzista di casa nostra lo farà presto. Resta tanta amarezza per un pianeta che  non conosce pace e il timore di soccombere all’unico vero grande nemico: la paura. Perché le belve dell’Isis si possono combattere sul terreno, ma contro il terrorismo non ci sono difese: può colpire in qualsiasi posto in ogni istante. Se ci facessimo battere dalla paura avrebbero vinto loro. E sarebbe la fine dell’impero occidentale.

Un’ultima istintiva riflessione è sulla diffusione delle immagini. Da cronista dovrei esser lieto per tante testimonianze visive sulla tragedia, ma da cittadino mi chiedo com’è possibile che in un momento così concitato ci siano tante persone pronte a documentare il dramma della fuga. Così tante che la stessa procura nizzarda ha chiesto uno stop e i social hanno messo in funzione un algoritmo per bloccare video troppo cruenti. La chiamano “pornografia della morte” ed è forse fra gli aspetti più tristi di una serata tristissima.



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