Ambasciatore turco Sezgin, da quella notte nasce una dittatura

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Ambasciatore Aydın Adnan SEZGIN,
se dovessi identificare  la cultura europea con pochi elementi comuni, li troverei nel rifiuto della violenza nella disputa (privata, politica o tra nazioni) e nella separazione tra sfera religiosa e politica (laicità). A ben guardare, queste conquiste della civiltà europea sono legate tra loro. Il bando della violenza poggia sulla centralità del valore della persona, che gli viene riconosciuto dai suoi simili – per convenzione di esistenza – e non calato da un dio – per concessione di appartenenza.
Bastano queste considerazioni per capire quanto la Turchia si sia drammaticamente allontanata – in una notte – dall’Europa.
I carri armati per le strade prima e le rappresaglie dopo – non solo contro i golpisti, ma verso  giudici, giornalisti e dissidenti non coinvolti in atti violenti – hanno retrocesso il processo di avvicinamento della Turchia all’UE al limite dell’irreversibilità. Almeno di questa Turchia. Dove Erdogan ha deciso di smantellare la democrazia già precaria e concentrare su di sé tutto il potere. Anche quello di manomettere la costituzione, limite inviso ad ogni accentratore.
Ambasciatore Aydın Adnan SEZGIN,
come europei – non lasceremo soli gli intellettuali resistenti, arrestati non su mandati legali, ma da squadroni, di notte, sfondando le porte delle loro case, strappati al pianto dei familiari o rovesciando le scrivanie nelle redazioni dei giornalisti. Questo fondamentalismo governativo non è meno drammatico di altri estremismi. Questa è la fine di una promettente e laica cultura. Questo è l’inizio di una drammatica e oscura dittatura.

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