Da Erdogan a Renzi. Quando le bugie hanno le gambe lunghe

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L’occasione è  data dal riconoscimento formale del genocidio del popolo armeno da parte del Parlamento tedesco. La reazione furiosa di Erdogan e l’effetto che questa può avere sugli equilibri internazionali inducono a qualche considerazione che va ben oltre questa vicenda. Riguarda il valore e il significato della democrazia. Se è vero che il potere si affida quasi sempre alla propaganda, è anche vero purtroppo che la propaganda si basa troppo spesso sulla menzogna, piccola o grande che sia. Quando si tratta di conquistare o mantenere il potere, quella che si definisce abitualmente capacità di comunicazione è in realtà l’arte di simulare o dissimulare gli avvenimenti. Dovunque, non solo nei regimi totalitari. C’è un solo modo di difendersi, la conoscenza di cosa è avvenuto, come è avvenuto e perché è avvenuto. E questo è compito dei giornalisti prima, degli storici poi. Menzogna e ignoranza sono sorelle gemelle, nascono e crescono insieme. Quanto più profonda e diffusa è l’ignoranza, tanto più facile e potente è la menzogna  e tanto più efficace la propaganda.

L’attualità ci propone oggi due esempi entrambi significativi, anche se tra loro ovviamente incomparabili. Il primo, come si è detto, riguarda la  negazione del genocidio degli armeni .Più di un milione di giovani armeni assassinati e centinaia di migliaia di donne, vecchi e bambini deportati nei deserti di Siria e dell’Iraq. Alla distanza di un secolo, non ostante  la prova storica da tempo acquisita, quel negazionismo continua ad essere parte essenziale dell’ ideologia su cui si fondano la politica e l’apparato oligarchico della repubblica turca. Piuttosto tardiva, del resto, è stata anche la presa di coscienza del genocidio da parte della Germania, che del suo principale alleato nella prima guerra mondiale si era resa complice proteggendo con la sua distrazione quella vergognosa operazione di pulizia etnica, prima ancora di consumarne una ancora più grave contro gli ebrei. Ecco perché il voto di ieri, al quale una parte dei parlamentari della maggioranza non ha partecipato, ha comunque un grande valore. Ma in Turchia, invece, la polizia di Erdogan, che sappiamo tutti quanto sia rispettosa della libertà di espressione, continuerà a custodire chissà per quanto tempo l’ignoranza di milioni di cittadini.

Il secondo esempio di utilizzo programmato della menzogna a sostegno del potere, fortunatamente assai meno truce, è quello adottato dalla propaganda renziana per il SI al referendum costituzionale di ottobre. E la sua formulazione è quella ribadita ieri a Piombino dalla ministra Boschi, ma anticipata più volte da Matteo Renzi e dagli altri suoi collaboratori: “Il referendum è la battaglia di tutti gli italiani per cambiare il Paese. E da chi ci critica vorrei sapere perché vuole mantenere il bicameralismo, invece sento solo dire ‘il governo deve andare a casa’. Questi sono gli argomenti del no”. Inutilmente ogni volta si replica che Renzi e non altri ha legato le sorti del governo alla vittoria del NO. Che non si vuole affatto mantenere il bicameralismo ma soltanto evitare che il controllo non solo dell’esecutivo ma anche del parlamento e degli organi di garanzia a cominciare dalla presidenza della repubblica possa andare nelle mani di una minoranza “vincente” e del suo leader. SI = cambiamento, NO = conservazione. Questo slogan, ripetuto fino all’ossessione in tutte le sedi , confidando ovviamente nell’ignoranza dei più, insiste a proporsi come verità. Tanto più che giornali e telegiornali simpatizzano più facilmente con la semplificazione degli slogan che con le complicate spiegazioni dei “professori”.

“Polemiche su Benigni ma l’attore conferma: ‘La carta può cambiare’ “, così titola oggi anche un giornale non del tutto devoto a Renzi come la Repubblica. E chi dice il contrario? Nessuno. Il contrasto non è sul bicameralismo perfetto. Che debba essere superato sono tutti d’accordo. E non è neppure sulla riduzione dei parlamentari. C’è anzi, tra i sostenitori del No, chi lo vorrebbe abolire del tutto, il Senato. Ci sono poi quelli che, turandosi il naso, voterebbero SI se Renzi accettasse di cambiare la sua legge elettorale. Come chiede anche Benigni, peraltro. Niente da fare, l’Italicum non si tocca. E con quel titolo, la leggendaria equazione di cui sopra, “chi vuole cambiare vota sì”, viene sostanzialmente  benedetta sia dal giornale che dal simpatico intervistato. Una legge dice che i giornalisti devono rispettare “la verità sostanziale dei fatti”. Se qualche volta le bugie hanno le gambe lunghe, la colpa è anche loro.


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