“Caro” Erdogan ti scrivo

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Gent.mo Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan,

Il 2 giugno, abbiamo celebrato il 70° anniversario dalla fondazione della Repubblica italiana; un giorno importante per noi cittadini italiani, perché abbiamo festeggiato il passaggio dalla dittatura e la monarchia alla Repubblica, avvenuto attraverso il voto di donne e di uomini liberi.

Sono un Cittadino Europeo e Le invio la presente missiva, certo di farLe cosa gradita, perché non credo a tutto ciò che i giornali europei scrivono di Lei: dittatore, sultano, sanguinario e megalomane. Colgo l’occasione per comunicare dalle colonne di questo importante quotidiano online; Articolo21, chiamato così in riferimento allo stesso Articolo 21 della Carta Costituzionale che i Padri fondatori hanno redatto ed alla quale, ancora oggi, noi tutti facciamo riferimento, quale patrimonio inalienabile della nostra Repubblica Democratica.
Questo giornale, attraverso i suoi illustri giornalisti (firme ben più importanti della mia), denuncia quotidianamente in modo chiaro e comprensibile tutte le “manovre politiche” atte a soffocare la libertà di stampa, di espressione, di opinione ed il diritto ad informare sanciti dalla nostra Costituzione e dalle Leggi internazionali. Molti colleghi italiani ed europei riportano fatti clamorosi che La riguardano personalmente e se vere, certamente non Le fanno onore.

Lei governa un grande Paese di oltre 80 mln di abitanti, strategico dal punto di vista geopolitico al quale gli USA sono sempre stati interessati per installare basi missilistiche e aeroporti militari, in cambio di “congrui” aiuti economici. Come ormai sappiamo da decenni, gli USA “chiudono un occhio” se non tutti e due, sui diritti umani, di stampa, di espressione e di opinione, in nome dei propri interessi nazionali, infatti non si è mai pronunciata con fermezza sul Suo modo di risolvere il problema delle opposizioni interne, (politiche, giornalistiche, di pensiero, della persecuzione del Popolo curdo), usando l’esercito, la polizia, chiudendo i giornali di opposizione, arrestando indiscriminatamente i giornalisti che hanno fatto e fanno il loro dovere, a rischio della propria vita.

Una strategia del terrore che in Turchia sta dando i suoi “frutti”, imbavagliando la libera stampa ed arrestando i giornalisti solo perché La criticano. Tolta di mezzo l’opposizione politica, la libera stampa ed i cronisti seri, non vi sono più ostacoli al raggiungimento dei Suoi obiettivi politici e personali: concentrare tutto il potere possibile su di Sé. Ogni settimana i quotidiani italiani ed europei riportano notizie che La riguardano, in cui gli articolisti che la criticano sono indagati nei propri Paesi e su Sua richiesta, per aver espresso la propria opinione, denunciando la Sua politica repressiva nei confronti della libera stampa, dell’informazione critica e del diritto di esprimere il dissenso; cose normali nei Paesi democratici europei. L’ultimo caso riguarda la collega Ebru Umar, “colpevole” di aver Twittato alcune critiche su di Lei. Arrestata (e poi rilasciata) per aver parlato di Lei come di un “sultano” e un “dittatore megalomane”. Nel rapporto annuale di Reporter senza Frontiere sulla libertà di stampa, nel 2016 la Turchia si colloca al 151° posto su 180 paesi.

Credo che i dati non abbiano bisogno di ulteriori commenti, ma “certificano” che Lei non accetta alcuna critica e controllo da parte di alcuno, ne in Patria ne all’estero. Dal 2014 più di 1.800 giornalisti sono stati incriminati nel Suo Paese per aver espresso critiche su di Lei, un dato allarmante che denota la Sua avversità nei confronti della libera stampa e del diritto di controllo e critica sulla politica e gli affari, che devono svolgere i giornalisti seri. Il Suo esempio (imbavagliare la stampa ed arrestare i giornalisti) ha “contagiato” alcuni Paesi europei, anche l’Italia. Sono circa 20 anni che i diversi Governi italiani fanno di tutto per reprimere la libera espressione a mezzo stampa, intimidendoci attraverso l’inasprimento della pena detentiva, credendo in questo modo di riuscire a zittire la libera espressione o quantomeno a “controllarla” con la minaccia dell’inasprimento della pena carceraria.
Diceva Voltaire che la civiltà di un Paese si misura dalle sue carceri; io aggiungo che si misura anche dalla libertà di espressione, di opinione, di critica e di stampa che si riesce ad esercitare in un Paese. Lei ha fatto richiesta di entrare nella U.E., sono certo che i politici europei usino un metro di valutazione diverso da quello usato dai giornalisti indipendenti, che esprimono dubbi e perplessità sul Suo operato interno, in quanto reprime le libertà elementari del Suo Popolo.

La transizione da un’Europa economica e finanziaria ad un’Europa dei Popoli e  dei Cittadini non si è ancora compiuta, ma milioni di uomini e donne “lavorano” quotidianamente nella difesa delle libertà individuali, consci che solo la libera stampa ed il diritto di critica possono essere il freno inibitore ai comportamenti dei Governi che non rispettino i Diritti dei Cittadini, sancito dalle Leggi europee e dalla Carta dei Diritti dell’Uomo dell’ONU.

Presidente Erdogan, la libera stampa ed i giornalisti sono il “sale” delle democrazie, essi svolgono un compito prezioso e devono continuare a farlo in tutto il mondo, soprattutto nelle nazioni in cui è in essere una forte repressione dell’informazione come nel Suo Paese, in Cina, nelle Filippine, in Corea del Nord, in Russia ed anche in Italia. Ve ne sono molti altri da citare, ma la lista sarebbe troppo lunga, purtroppo. Basta consultare i Social Media e si avranno tutte le informazioni sui Paesi in cui la libera stampa non può esercitare il suo diritto.
Non è con la repressione che si conquista il consenso politico, Lei dovrà sempre ricordare che non è il “padrone” della Turchia, Lei è solo di passaggio e qualcun altro prima o poi La sostituirà, perché il Suo comportamento crea serio imbarazzo alle Cancellerie europee, attente a garantire e mantenere le libertà individuali dei cittadini, consapevoli che un appoggio incondizionato alle Sue politiche interne, potrebbe costare il loro futuro istituzionale.

Credo fermamente e concludo, che il consenso politico si debba costruire attraverso il dialogo, la tolleranza ed il  compromesso con le opposizioni, non con la repressione, con i manganelli ed il carcere duro. Chi decide di fare Politica, non deve mai dimenticare che è stato eletto per servire il Popolo Sovrano e non servirsene per il raggiungimento del potere personale. Lei è ancora in tempo per cambiare il corso della Sua storia, lasciando ai posteri un vero messaggio di Presidente Democratico, tollerante e rispettoso delle altrui opinioni, perché se non riscrive Lei la Sua storia, negli annali rimarranno solo  alcune migliaia di articoli scritti che La riguardano, ma non Le fanno onore. Grazie per aver avuto la pazienza di leggere la presente.

Un saluto da Gianfranco Suma


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