“Le confessioni” di Andò

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Chissà se Papa Francesco si riconoscerà nel monaco certosino che manda all’aria un G8 dei ministri dell’economia nel nuovo film di Roberto Andò, “Le confessioni”. Nello spirito sì, nei modi un po’meno, visto che i suoi quotidiani siluri contro l’etica deforme del capitalismo sono parecchio più spicci e diretti. Quello di Andò, raffinato scrittore e regista teatrale, è sempre un cinema nobile, colto e”morale”, nel senso più pieno del termine, basta pensare al suo “Viva la libertà” che puntava, come questo, sul grande carisma di Toni Servillo.

Qui l’ecclesiastico Servillo, programmaticamente denominato Roberto SALUS, fa da “disturbatore”nel Gotha  dei grandi garanti degli equilibri mondiali, pedine, peraltro, di un Potere esterno al quale obbediscono. Lo ha convocato a scopo confessione il Demiurgo in capo Daniel Auteuil, altro frequentatore di Andò e aspirante suicida. E il dramma scatena dubbi, dilemmi e contraddizioni tra i notabili di questa “cupola” che in piena crisi ha perso la rotta, ogni certezza, ogni coscienza e ogni pretesa di scienza. “Le confessioni”è un apologo, se non proprio impervio, impegnativo e cerebrale, fitto di dialoghi densi come trattati. Luoghi e figure sfiorano il metafisico. A partire dall’algido ex sanatorio sul Baltico a Heilingedamm, in Germania, storicamente usato dai gerarchi di due regimi per i malati di mente.” Perché l’etica – chiosa Andò citando Brodskij – comincia dall’estetica”. In questo simbolico capolinea della Storia europea di prosaico e chiarissimo c’è solo la posta in gioco: l’ennesima micidiale manovra “per rendere i poveri ancora più poveri”, con evidente riferimento alla “ricetta Grecia” e ai sempre minacciati cali di scure su Italia e Francia.

Sant’Agostino fornisce il titolo e qualche citazione di sghembo, tipo :”La confessione è un grido dell’anima”. Ma poi c’è un cane in ringhiosa rivolta contro le trame dei cervelloni che evoca “L’angelo sterminatore”di Bunuel , un Servillo in francescana armonia col creato, pennuti compresi, e un’affinità rarefatta con “ Todo modo” di Petri nel ritagliare il microcosmo autodistruttivo del Potere. “Come Petri anch’io tendo a gettare un ponte tra immaginazione e realtà”- dice il regista-“ma non si può rifare il cinema degli anni’70 . Oggi mi sembra importante interrogare la politica sparigliando le carte con gli strumenti umani del dubbio . Non credo nelle prediche e nei film ideologici “. E a parte il saio non è un predicatore classico per Servillo il suo Salus : “E’un uomo di fede che ha un Credo ma che soprattutto si dimostra credibile, e Dio sa se di credibilità oggi abbiamo bisogno”.

Eppure nell’incessante e sacrosanta requisitoria del film contro l’”empietà”del governo mondiale dell’economia si rimpiange spesso la benedetta chiarezza bergogliana, che fa tutta la differenza tra comunicare e non. Battuta a caso: “Le banche sono moderne società segrete che come la Mafia non devono rendere conto a nessuno”. Come lo direbbe Bergoglio?

Per gli spigolatori di curiosità, riveliamo che Andò si è concesso la hitchcockiana civetteria di  un autoritratto con cappuccio benedettino alla destra del protagonista in una istantanea conventuale. E’ un lampo ma c’è. Per gli spettatori ‘normali’ registriamo invece un cast che strizza l’occhio a tutti i mercati : per noi c’è Pierfrancesco Favino, per la Francia, con Auteuil, Lambert Wilson, per la Germania Moritz Bleibtreu, per gli Usa Connie Nielsen e via internazionalizzando. Perché la fauna del romitaggio comprende, tanto per dissipare ogni sospetto di realismo, anche una scrittrice di libri per l’infanzia e una rockstar impegnata alla Bono.

Se andrà o meno a Cannes, come nelle speranze di Angelo Barbagallo produttore con Rai Cinema, lo sapremo tra una manciata di ore.  A prescindere, raccomandiamo la gioia squisitamente terrena delle musiche di Nicola Piovani  e di un finale liberatorio nella sua umana e canina semplicità. Quello sì, piacerebbe (piacerà?) a Papa Francesco.

*Fonte: “Huffington Post”


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