Voci da Raqqa, a costo della propria vita

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Da Raqqa non c’è più nessuna voce che racconti cosa sta accadendo nella città siriana in mano all’Isis. Nel giro di due settimane è stato freddato a Gaziantep Naji Jerf (nella foto), giornalista siriano riparato in Turchia dove è stato ammazzato in mezzo alla strada; pochi giorni dopo sarebbe arrivato a Parigi per diffondere il suo reportage sulle atrocità dell’Isis. E ora un’altra giornalista, Ruqia Hassan, 30 anni, è stata giustiziata, dagli jihadisti, in Siria, perché considerata una spia.

Orgogliosamente non aveva lasciato Raqqa quando era finita sotto il controllo dello Stato Islamico, tenacemente era rimasta – rifiutandosi di unirsi alle file di profughi diretti in Europa per sfuggire alla morte – e non aveva mai smesso di raccontare, fisicamente mischiandosi con le milizie jihadiste nella capitale del Califfato in Siria, cosa accadeva ai civili che intendevano ribellarsi, testimoniava coraggiosamente cosa significa vivere costantemente sotto le bombe, quelle dell’Isis e quella della coalizione internazionale a guida americana e araba che lo combatte. Sfidava il Califfato, ogni giorno, attraverso il suo blog sotto lo pseudonimo di Nissan Ibrahim. Orgogliosamente non aveva – non voleva – paura, nonostante scrivesse, il 21 luglio: “Ho ricevuto minacce di morte, l’Isis mi arresterà e mi taglierà la testa, ma va bene, meglio che vivere sotto l’umiliazione dell’Isis”. Tenacemente raccontava la sua Raqqa “massacra nel silenzio”. Lei, studentessa di filosofia ad Aleppo, tra le prime ad essersi unita alla rivolta contro il regime di Assad. Come Jerf, era oppositrice sia dell’Isis che del presidente siriano. Lei, col suo blog, come scrive Renzo Guolosu Repubblica “rappresenta quel citizien journalism che, sia pure senza la possibilità di fare verifiche indipendenti sul campo, rimane una delle poche fonti in loco di un conflitto che ci viene mostrato o con il volto propagandistico dell’Isis o con le immagini, apparentemente asettiche, di droni e satelliti”. Come Jerf scriveva insieme agli attivisti del gruppo Raqqa is Being Slaughtered Silently (Raqqa è uccisa nel silenzio) che aveva pubblicato anche i suoi Tweet e i suoi messaggi. Erano – entrambi – tra i pochi testimoni di quel che è veramente Isis, al di là dell’immagine di imbattibilità che Al Baghdadi tenta di far passare attraverso gli attentati in Occidente, al di là di quel che compare sulle guide per aderire al Califfato diffuse via web in occidente per arruolare martiri pronti a farsi saltare. I racconti di Naji e di Raquia contraddicevano la propaganda dell’Isis che afferma di aver portato benessere e giustizia.

Per capire l’atmsofera di terrore e ricatto in cui si vive è importante leggere la traduzione di uno degli articoli più emblematici del blog “Un giorno nella nuova Raqqa” (Raqqa is Being Slaughtered Silently) riportato dal ilditonellocchio.it: “Tutto sembra normale quando esci di casa, come se nulla fosse cambiato, ma è questione di attimi e le differenze cominciano ad apparire. Vedi uomini con barbe lunghe e vestiti corti, come ordinato dall’ISIS, le donne sono non sono riconoscibili, anche tua madre. Il numero dei membri dell’ISIS cambia a seconda dei quartieri. Alcuni di loro hanno vestiti puliti, e puoi odorare il loro profumo. Di altri puoi sentire la puzza a decine di metri di distanza. Quando esci dai quartieri più piccoli puoi osservare cartelloni che riempiono le strade e media point dove sono trasmessi i video con cui l’ISIS terrorizza la persone. I membri dell’ISIS di stanza a Raqqa sono armati pesantemente e molti indossano cinture esplosive [..]. Ogni membro dell’organizzazione si prende l’incarico di ordinare di fare ciò che è ritenuto buono e di proibire il resto nel caso non si trovi una buona accusa contro un oppositore, che spesso è un civile. La vita a Raqqa è sottosopra. Nel passato era ricca di lavoro e di studio per gli studenti delle scuole, di preghiera per gli eremiti, si poteva fare shopping in compagnia di tua moglie [..]. Ma adesso tutte queste semplici cose non sono più possibili. Oggi, devi essere molto attento alla ora di uscire per strada accompagnato da tua madre o tua moglie: devi controllare minuziosamente ogni dettaglio, anche minimo, nell’abbigliamento di tua moglie. Il più piccolo errore può costarti la libertà [..]. Al mercato devi stare molto attento a quello che dici, chiudere i tuoi occhi, comprare lo stretto necessario e tornare a casa prima che la tua lingua proferisca qualche parola non esplicitamente blasfema, ma la cui inappropriatezza possa essere portata in evidenza dalla sagacia e dall’eloquenza di qualche membro di questo nuovo Islam [..]. Non posso dimenticare un uomo di circa venti anni che protestò per il prezzo eccessivo dei pomodori di fronte ad un membro dell’ISIS che decise di punirlo. Negli Alhisba headquartes durante le torture accadde qualcosa e lui finì decapitato e crocifisso in Clock square, sotto l’accusa di aver maledetto i membri dell’ISIS che lo interrogavano. Potrei parlare per ore dei cambi accaduti a Raqqa dopo la “successione”, tutto è peggiorato. I prezzi sono raddoppiati e il sogno ora è di tornare indietro nel tempo, nonostante non fossero rose e fiori ma, come si dice “qualunque congiuntivite è più dolce della cecità”. Il regime ha ridotto le paghe degli impiegati, proibisce ai civili di viaggiare e tassa i negozianti. L’ISIS possiede un discreto numero di raffinerie di petrolio in Iraq e Siria ed i carburanti sono diventati i beni più trattati nelle zone controllate dall’ISIS. Il loro prezzo è inferiore a quello precedente, ma solamente per i membri dell’organizzazione. Per gli altri, è ricomparso il kerosene, un bene che era praticamente caduto in disuso. Ogni cosa in Raqq è divenuta “algebrica”, gli uomini debbono portare la barba e accorciare i vestiti, le donne debbono indossare vestiti imposti dall’organizzazione e la lista può continuare all’infinito. Tuttavia, siamo tutti forzati a rimanere a Raqqa, impossibilitati a comunicare con le famiglie all’estero se non attraverso alcuni Internet cafè sotto il controllo dell’ISIS. Ogni giorno in più che spendo a Raqqa sento crescere la rabbia e la mia determinazione a combattere, ma poi mi fermo pensando a quello che potrebbe accadere alla mia famiglia, ai miei fratelli che vivono qui. L’ISIS è spietata con i membri delle famiglie di chi si oppone. Un amico mi raccontò di un episodio avvenuto quando ISIS aveva recentemente preso il controllo della città. Viaggiando verso la città di Deir el-Zor, l’autobus fu bloccato ad una barriera presso la porta est della città.

I membri dell’ISIS verificarono le identità dei passeggeri e riconobbero uno di loro:
ISIS: sei quell’uomo?
PASSEGGERO: sì, sono io
ISIS: scendi, prendi anche la tua valigia
PASSEGGERO: Perché? Qual è il problema?
ISIS: tuo padre lavorava per il regime
PASSEGGERO: vero, ma morì prima della rivoluzione

L’uomo fu costretto a scendere, il conducente obbligato a ripartire. Tutti noi rimasti sull’autobus potemmo solo guardare, non avevamo alcun potere di cambiare le cose.
Ho visto tanti parenti ed amici andarsene, sia che fossero forzati che per libera scelta, provare il tormento di vivere lontano dalla città dove sei nato. Ogni posto, anche a pochi chilometri di distanza, ti sembrerà strano. Li ho visti morire di pena nel separarsi dalla loro casa e dai loro parenti ed amici, sebbene siano al sicuro dai bombardamenti e dalle esecuzioni sommarie. Per me, la morte in Raqqa è meglio della miseria dell’esilio, indipendentemente dal fatto che tu abbia o no un lavoro, che tu abbia o no la nazionalità del nuovo paese, rimarrai una persona aliena ai loro occhi e ora, purtroppo, dovunque vadano le persone della mia città saranno sotto il controllo delle autorità, anche se sono cristiani [..]. Raqqa è una città agricola, circondata da campi, ma il controllo della polizia su ortaggi e frutta ne fa lievitare il prezzo, nonostante non siano scarsi. La sanità è in condizioni tragiche. Il regime non permette l’ingresso delle medicine nella città e la cosa si è ulteriormente complicata quando i curdi hanno occupato la città di Tel Abyad al confine con la Turchia, chiudendo l’ultima linea di passaggio per i medicinali. Sfortunatamente per i civili, il crescente numero di bombardamenti sembra focalizzarsi sull’Ospedale Nazionale, il più grande della città e l’estrema risorsa per tutti noi. Oggi l’ospedale è completamente fuori servizio e le malattie sono diventate una calamità senza precedenti. A partire dalla liberazione della città, le centrali e sottostazioni elettriche sono state fra gli obiettivi più gettonati dall’aviazione ed ora l’elettricità è praticamente inesistente, e le riparazioni impossibili. Fortunatamente, grazie alla vicinanza di Raqqa all’Eufrate, l’acqua non manca. I media associano Raqqa all’ISIS, la chiamano “la capitale del califfato”. Tutti però dimenticano che Raqqa fu la capitale della liberazione. Posso ricordare quando in città si celebrava il festival delle “Avanguardie del partito Baath” e gli studenti venivano da tutte le città siriane senza conoscere nulla della città, pensando che vivessimo nelle tende in mezzo al deserto. La mia sola speranza oggi è che il mondo possa dimenticarsi il nuovo nome della città e che possiamo tornare indietro alla bella vita che conducevamo in precedenza”.
Testimonianze da Raqqa, a costo della propria vita.


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