Pompei, tornano alla luce sei antiche dimore restaurare

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Certo, ahi quanto estranee sono le vie della città del dolore, dove nel falso silenzio, fatto di soverchio rintrono, forte, dallo stampo del vuoto, fa pompa di sé la colata: il chiasso dorato il monumento che esplode. La decima delle Elegie duinesi  di Rainer Maria Rilke si presta al racconto di una Pompei che in queste ore ha riconsegnato a nuova luce sei delle sue antiche dimore restaurare lungo la via dell’Abbondanza, prova tangibile dell’avanzamento dei lavori del Grande Progetto Pompei.

Il 24 dicembre scorso alla presenza del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi; il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini;  il Soprintendente archeologo di Pompei, Ercolano e Stabia, Massimo Osanna; il Direttore del Grande Progetto Pompei, Giovanni Nistri le antiche residenze di Pompei, liberate dalle radici dell’abbandono e dell’incuria, tenebre desolate in cui soccombevano da un tempo infinito sono finalmente rifiorite nella loro struggente bellezza.
Dalla “Fullonica di Stephanus”, luogo con bacini di pietra per la tintura e il  lavaggio delle stoffe, alla “Casa del Criptoportico”, con quattro ambienti termali coperti da volte e una stanza di soggiorno “oecus”, con un sublime pavimento a mosaici e pitture a temi dionisiaci parzialmente rimosse a fini conservativi.

Dalla domus di Paquio Proculo, sviluppata su tre livelli che conserva il celebre mosaico con il cane alla catena fra porte semi-aperte oltre a simboli militari, alla case del Sacerdos Amandus e di Fabius Amandio, sino alla dimora ricca di opere d’arte tra cui la statua in bronzo di un Efebo che ha dato nome alla residenza.
Una rinascita, un nuovo giorno, una metamorfosi che innalza un paese, Pompei nel suo canto d’amore ora è la  fonte da cui sgorga la speranza di un nuovo inizio per un antico regno del declino che lacerava il cuore:
E noi che la felicità la pensiamo in ascesa sentiremmo la commozione che quasi ci atterra sgomenti per una cosa felice che cade.
Rainer Maria Rilke.


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