I morti di Boko Haram che non fanno notizia. Nel 2014 oltre 6500 vittime, quasi l’80% civili

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I morti di Boko Haram che non fanno notizia. Nel 2014 oltre 6500 vittime, quasi l’80% erano civili Non c’è giorno che orrori indescrivibili non insanguinino la Nigeria. Il bilancio di oggi è di trentadue morti e ottanta feriti, che si aggiungono ai 6644 del 2014, il 77% civili.
Ma non fa notizia.
L’attentato avvenuto a Yola, città nel nordest del paese, è solo l’ultimo di una serie inarrestabile di violenze ed è stato “programmato” a pochi giorni dalla visita nella cittadina nigeriana del presidente Muhammadu Buhari, che tenendo un discorso pubblico aveva affermato che le milizie jihadiste erano sul punto di essere sconfitte.
Ma Boko Haram ha voluto dimostrare concretamente quanto Buhari si sbagliasse.

Nell’ultimo anno i terroristi hanno distrutto più di mille scuole nell’intera regione del fiume Ciad. Secondo un recente rapporto dell’Onu, Boko Haram ha bruciato o abbattuto dallo scorso gennaio 1.100 strutture scolastiche in un’area molto vasta, dalla Nigeria, al Camerun, fino al Niger.
Da quando è attivo, il gruppo terroristico conduce una guerriglia contro il governo ma anche nei confronti di ogni forma di istruzione. In questi attacchi dal 2009 a oggi, sono morte 17 mila persone.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite nel 2014 ha incluso Boko Haram nella black-list del terrorismo di matrice qaidista, con conseguente embargo sulla vendita di armi e il congelamento dei beni riconducibili ai suoi militanti. La misura era stata richiesta da tempo dal governo nigeriano ma solo a seguito dell’ondata di indignazione suscitata a livello internazionale dal sequestro di 300 studentesse, in una zona al confine con il Camerun, è stata finalmente adottata.
La decisione dell’Onu ha suscitato dibattiti e commenti sarcastici: di fatto si è deciso di “trattare” dei terroristi come se fossero esponenti di governi o di organizzazioni politiche, una contraddizione in termini.
Boko Haram, o meglio Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad – letteralmente “persone impegnate per la propagazione degli insegnamenti del profeta e per il jihad” – dal 2010 è considerato tra i più sanguinari gruppi armati con base in Africa. Mail mondo ne ha avuto notizia solo quando hanno iniziato a parlarne milioni di persone sui social network, dopo il rapimento delle giovani nigeriane che ha messo in moto su Twitter un tam-tam globale riconoscibile nell’hashtag #bringbackourgirls.
Le prime azioni terroristiche risalgono al 2000 ma la costituzione è datata 2002, quando uno dei leader carismatici dei musulmani, Mohammed Yusuf, diede vita nella capitale dello stato federale di Borno, Maiduguri, al gruppo terroristico creando anche un complesso religioso che comprendeva una moschea e una scuola islamica.
Prima della recrudescenza delle ultime settimane, l’apice delle violenze perpetrate dal movimento si era registrato nell’aprile del 2011, quando si tennero le prime elezioni “libere ed eque”, a detta di analisti e osservatori internazionali, nella storia recente della Nigeria. Fu eletto presidente Jonathan Goodluck e prima che la sua vittoria fosse annunciata scoppiò la violenza nei 12 stati dove vigeva la sharia.
Il bilancio finale per la comunità cristiana fu impressionante. Nell’arco di 48 ore furono bruciate 764 chiese, oltre 3.400 case di cristiani distrutte e uccise 204 persone.
La missione prioritaria è rovesciare il governo nigeriano e creare uno Stato basato sulla legge islamica. Vengono definiti “trasgressori” coloro che non siano guidati dai precetti di Allah. Boko Haram intende vietare ai musulmani di prendere parte a qualsiasi attività politica o sociale filo-occidentale. Questo include votare alle elezioni e vestire all’occidentale. Soprattutto, non è concesso, tanto meno perdonato, ricevere una formazione laica.
Per raggiungere l’obiettivo politico di creare uno stato regolato dalla sharia, il gruppo terroristico ha avviato una jihad senza esclusione di colpi, che non fa distinzioni tra uomini, donne e bambini e che colpisce soprattutto cattolici e stranieri. Attacca in prevalenza la popolazione cristiana e gli Yoruba, etnia della Nigeria considerata troppo occidentalizzata, dunque infedele. Già in passato era stato evidenziato come questa setta islamista avesse raggiunto un livello di sviluppo che favoriva collegamenti con altre organizzazioni jihadiste, dal Sahel alla Somalia, da al Qaida nel Maghreb islamico ad al-Shabaab.
Boko Haram da alcuni anni ha iniziato a estendere il proprio raggio d’azione, come testimoniò nel dicembre 2011 la nascita di Ansaru, fazione satellite del gruppo nigeriano che si è però differenziata palesando da subito attitudini e mire internazionalistiche.
Non manca certo terreno fertile nel continente africano, anche se naturalmente l’islam moderato si oppone strenuamente alle politiche e agli attentati.
Nei mesi scorsi uno dei maggiori leader musulmani nigeriani, Muhammad Sa’ad Abubakar III, si è rivolto al mondo islamico del paese per chiedere unità e determinazione contro il gruppo terroristico e ha garantito pieno sostegno nella lotta contro l’estremismo. L’appello è stato pronunciato di venerdì, giornata di preghiera per l’Islam. Oltre a chiedere il ristabilimento della pace e della sicurezza in Nigeria, il “sultano di Sokoto” ha invitato il governo ad affrontare la discriminazione che colpisce i musulmani a favore dei cristiani.
Proprio questa potrebbe essere la chiave per frenare l’espansione del fenomeno di Boko Haram, che da sempre punta sulla rivalsa degli islamici esasperati – secondo il loro punto di vista – dalla supremazia riconosciuta al mondo cattolico fin dalla guerra del Biafra di 50 anni fa.


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