Vera Schiavazzi, il vero amore per il prossimo

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“Voglio però ricordarti com’eri, pensare che ancora vivi, voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi”. Ciao Vera, spero che la citazione di Guccini ti piaccia. Ho aspettato due giorni a scrivertiperché prima non ce la facevo, poi mi hanno costretto (facendomi piangere) la sorellina Simonetta e Claudio Valeri dicendo pubblicamente che ti avevano conosciuto tramite me. Già, ci siamo conosciuti 35 anni fa, tu avevi 20 anni e io 23, tu venivi da Lotta Continua e io ero socialista (lo sono ancora), abbiamo subito fatto comunella e siamo andati insieme persino a casa di Giorgio Bocca per fargli firmare (riuscendoci) un appello a favore di Steve Della Casa. Siamo sempre stati diversi ma uguali.
Oggi ti scrivo perché ho letto tanti bei ricordi di te, ma c’è una cosa che manca, mi sembra, e che posso testimoniare. Non è stato svolto a sufficienza il racconto dell’amore che tu hai sempre saputo dare alle altre persone. Non parlo solo delle relazioni sentimentali, che pure sono state così importanti e mai dimenticate. Tu sei sempre stata una donna amorevole. E una volta mi hai confessato perché: parlavamo dei nostri amori, e quando io ti ho detto “certo che sei proprio sfrontata” tu mi hai risposto “ma io sono timidissima” mentre le gote ti si arrossavano quasi come i capelli.
Proprio così. Hai superato la timidezza dando il tuo amore smisurato alle altre persone. Hai amato e hai sofferto molto. Chi ti ha conosciuto negli ultimi anni non può sapere il tuo vissuto precedente. Ai tuoi allievi del Master (e a quanti avranno in futuro le borse di studio in tuo nome) vorrei solo raccontare che io e te entrammo insieme come ‘abusivi’ alla Gazzetta del Popolo e poi, pochi mesi dopo essere stati assunti, il giornale chiuse: così andammo come delegazione di giovani cassintegrati al Congresso della Fnsi di Sorrento nel 1984. Questo semplicemente per dire che, a partire da quando eravamo precari, ci siamo sempre occupati anche degli altri, non solo di noi stessi.
Poi, tu hai continuato sempre nello stesso modo, a Torino, e io l’ho fatto trasferendomi a Milano. La capacità di amare “il prossimo tuo come te stesso” è una cosa di cui in realtà non abbiamo mai parlato. Forse ce l’ha impedito la nostra cultura laica oppure non siamo riusciti a disquisirne con i nostri antenati ebraici. Però oggi questa cosa va detta, Domani ti saluteremo al Tempio Valdese di Torino, perché questa era la tua fede, e prima Simonetta si vedrà con le altre vostre amiche buddiste per dire una preghiera per te.
Laicamente, tutte le fedi, le filosofie, le religioni s’intrecciano intorno al tuo ricordo, al tuo amore per l’umanità. Ecco perché questo amore continuerà a vivere, lo sento. So che non mi puoi telefonare per confermarmelo: però magari riesci lassù a leggermi (alla fine ci ho messo tre quarti d’ora a scriverti, sono ancora in grado di fare un pezzo in tempi giusti) e già che ci sei verifica anche l’esattezza di quanto scrisse Dante contemplando “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.
Un bacio grande, e grazie per tutto quello che hai fatto!

(nella fotoEdmondo Rho, Simonetta Rho e Vera Schiavazzi, una domenica nelle Langhe, a Bossolasco, 1987)

Fonte: Giornalistitalia.it 


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