Allah in America Latina. Religione musulmana in Perù. Intervista a Nureddin Cueva Garcia

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Il continente americano, a maggioranza cristiano cattolico, nasconde al suo interno differenze e specificità religiose che non tutti conoscono. L’Islam è una di queste realtà.

Il Perù, come tutto il continente americano, sta sperimentando positivamente un nuovo modo di diffusione della fede islamica, attraverso la televisione in streaming e le pagine web dedicate al mondo latinoamericano. Arabia Saudita, Iran e Turchia sono i tre più grandi ‘attori’ in questo dialogo religioso a distanza, grazie alle nuove tecnologie di comunicazione messe a disposizione da internet. All’interno di questo mondo fatto di socials networks, radio in streaming, canali youtube, lezioni teologiche in diretta o registrate dall’altra parte del mondo, s’incontrano temi e dibattiti attuali: l’immigrazione dei paesi del sud del mondo verso l’Europa e le nuove mete come i paesi dell’America del Sud; i dibattiti sul terrorismo, fenomeno che negli ultimi quindici anni ha toccato soprattutto i paesi medio orientali, africani e asiatici; gli approfondimenti sui temi più scottanti del momento, come ISIS o i problemi multiculturali e di diritti civili nelle società europee o americane.

La comunità islamica di Lima è piccola ma complessa ed è caratterizzata al suo interno da due associazioni islamiche delle quali una abbraccia il sufismo islamico, che generalizzando si può definire come la ricerca della perfezione dell’anima terrena del musulmano, iḥsān, che è paragonabile in parte al misticismo cristiano delle origini. Per approfondire il tema dell’Islam in America Latina, parliamo con Nureddin Cueva Garcia presidente dell’Associazione Islamica Sufista del Perú.

Quanti uomini e donne ci sono nella comunità islamica a Lima?
Bismillahi Rhamani Rahim, Nel nome di Dio il Misericordioso, il Compassionevole, As salam alaikum, la pace sia con Voi! Non è mai stato fatto un censo nelle diverse comunità che si trovano nel  paese. Il numero potrebbe essere tra 7 e 12 mila persone circa, forse di più.

Ci sono altre comunità islamiche in Perù, oltre a quella di Lima?
Ogni volta ci sono sempre più gruppi di musulmani in differenti città in Perù. A Lima, ad Arequipa, a Cusco e nel nord del paese la città di Tacna, oltre ad altre piccole realtà isolate.

Da quanto tempo è  presente l’Islam in Perù e in America Latina?
Le prime notizie di musulmani si rifanno ai tempi della Conquista spagnola e ad alcuni schiavi trasportati in questo continente dall’Africa, che erano musulmani liberi prima di essere schiavizzati. Esistono testimonianze storiche di due martiri musulmani seppelliti a Cusco, che furono giustiziati dal Tribunale della Santa Inquisizione; un altro esempio è la tradizione delle donne tappate (in Perù sono conosciute come las tapadas, perché utilizzavano un pesante velo oscuro che copriva tutto il viso lasciando libero solo un occhio o parte del viso) che nella Lima virreinal ebbe origine da donne moresche che arrivarono dalla Spagna, di radice islamica. Però, dopo queste testimonianze storiche non si ha più nessuna testimonianza della presenza musulmana, soprattutto tenendo in conto la proibizione formale che impediva ai musulmani l’ingresso nei territori della Corona spagnola. Successivamente s’inizia ad avere di nuovo notizia di musulmani in Perù dopo la grande guerra e soprattutto dopo il secondo conflitto mondiale, grazie ai movimenti migratori dal Medio Oriente di molti musulmani a causa delle precarie condizioni di vita che provocarono le guerre e le nuove condizioni post-coloniali.
Le origini della presenza attuale dell’Islam nella nostra terra si rifà ai movimenti migratori di questo tipo quasi 50 anni fa. Negli utlimi decenni, con la forte crescita sperimentata dal modello economico peruviano, sono arrivati molti musulmani in Perù.

La maggioranza dei musulmani in Perù sono stranieri o peruviani?
La maggioranza sono stranieri, anche se il numero di musulmani peruviani è sempre in continua crescita. Considerando solo uno uno dei centri islamici del paese, negli ultimi dieci anni più di 500 miei compatrioti, peruviani come me, si sono avvicinati e hanno accettato l’Islam come forma di vita per vincolarsi con il nostro Creatore, glorificato ed esaltato Sia!

Qual è la provenienza della maggioranza degli stranieri musulmani che vivono in Perù?
Arrivano da molti paesi, però in termini numerici sono preponderanti la Palestina, l’Egitto e il Marocco. Ci sono anche siriani, un buon numero di turchi ecc..

Esiste una scuola islamica in Perù per l’insegnamento del Corano e dei principi dell’Islam?
Questo è un sogno che spero di vedere realizzato presto, sarebbe un nostro contributo alla crescita di valori spirituali nei nostri bambini, un centro dove si piantano le radici della pace nella vita di futuri adulti che contribuiscano con il loro modo di vita al benessere comune, insha’Allah. Per adesso è un sogno ancora irrealizzato, con piccoli progetti sporadici come precursori di una piattaforma istituzionale e di benessere della nostra collettività in questo paese, insha’Allah.

Qual è la scuola islamica più importante in America Latina?
Nessuna scuola è riconosciuta generalmente come istituzione più importante, ciò nonostante ci sono differenti sforzi in questa direzione.

Qual è il paese musulmano, dal punto di vista dottrinale, che ha avuto più influenza in Perù e in America Latina?
Sarebbe sbagliato attribuire in maniera semplicistica l’influenza di un paese verso un’altro; i paesi del mondo islamico si preoccupano molto di più dei loro problemi e delle loro tensioni interne, che con altri tipi di preoccupazioni. I centri d’insegnamento, anche quando sono situati in un paese, non necessariamente si identificano con lo stesso paese. Un centro d’insegnamento importante per il Perù è stata l’Università al Azhar (Indonesia),  uno dei centri di studio più importanti per la conservazione della tradizione sunnita dell’Islam, anche se l’Università al Azhar ultimamente ha più influenza al suo interno, come riflesso della situazione del Medio Oriente in questi campi.

Com’è la relazione tra la comunità islamica peruviana e lo stato peruviano?
La relazione dello stato peruviano con i centri islamici in generale è buona, anche se la frequenza di questa relazione è minima, perché come musulmani siamo una comunità percentualmente minoritaria in Perù. Oltretutto il nostro stile di vita è semplice e si integra molto di più con le famiglie e le comunità a livello sociale, che rispetto a una stretta relazione con le istituzioni statali. L’Islam forma comunità a livello sociale, non ci interessa una relazione politica o di entità pubbliche, anche quando la convivenza possa eventualmente richiedere delle interazioni organizzate con lo stato.

Esistono accordi specifici tra la comunità islamica peruviana e lo stato peruviano? Se no, perché?
No esistono accordi specifici in questo senso. Ci sono accordi commerciali e trattati con alcuni paesi islamici, però non con la comunità islamica peruviana. Le ragioni le ho spiegate prima.

Le norme d’immigrazione peruviane facilitano il rilascio del permesso di soggiorno, naturalizzazioni ecc.. ai religiosi musulmani?
No c’è nessuna normativa che faciliti o renda più difficile ciò. Le facilità e le difficoltà in questo caso sono le stesse di qualsiasi altro straniero.

Qual è la situazione della libertà religiosa in Perù?
In generale c’è rispetto della libertà religiosa da parte dello stato e da parte dei cittadini. Sempre è possibile incontrare casi difficili, per esempio nel caso di alcune donne peruviane che liberamente e dopo un processo spirituale di maturità, decidono di entrare nella comunità islamica. Alcune famiglie a volte possono inquietarsi, in particolare per i pregiudizi e senza conoscere l’Islam. Però, dopo un po’ di tempo, quelli che scelgono il cammino dell’Islam, sperimentano generalmente che le barriere dell’incomprensione si disfanno. L’Islam chiama a vivere la vita in modo responsabile, pacifico e con rispetto verso i valori umani e al nostro compromesso permanente con dio. Un cittadino musulamano o musulmana, con il tempo, è ben visto generalmente dalla propria famiglia, a prescindere da alcuni pregiudizi che quest’ultima possa aver avuto inizialmente.

Nell’articolo 50 della Costituzione peruviana si riconosce la Chiesa Cattolica come elemento importante nella formazione storica, culturale e morale del paese, come sono considerate le altre religioni dallo stato peruviano?
Non esiste una particolare considerazione giuridica per le altre religioni, in particolare per le religioni come l’Islam, giudaismo, buddismo, induismo ecc.., e in generale per tutte quelle che non sono cristiane. Siamo chiamati a offrire ai nostri compatrioti le basi per la pace spirituale e la solidità delle famiglie, in una società sempre più malata di materialismo, la religiosità senza profondità e i problemi economici e familiari. Il  Dikhr di Allah o Ricordo di dio, per esempio, che officiamo nella nostra comunità tutti i venerdì sera, costituisce una fonte d’acqua frescca per qualsiasi persona che vi assista e vi hanno assistito non solo musulmani, ma anche ebrei, cristiani, fedeli zen, liberi pensatori ecc..La certezza spirituale e la guida pratica di una forma di vita profetica come l’Islam è la nostra eredità per le seguenti generazioni di questo paese.

Le faccio una domanda che sono sicuro le avranno fatto moltissime volte. Vorrei sapere la sua opinione sul fanatismo religioso e nello specifico sulla propaganda delle organizzazioni armate como ISIS in internet, come i video su Youtube?
Sul nostro  ci sono molte pubblicazioni specializzate su questo argomento. In sintesi, ISIS è uno stato demoniaco, che la comunità islamica mondiale deve combattere ideologicamente, così come è dovere degli eserciti dei paesi islamici combatterlo militarmente. La lotta principale è ideologica. ISIS non conta che con una piccolissima percentuale di musulmani nel mondo ed è stato abbondantemente condannato como pseudo-stato ideologico da centinaia di influenti lider musulmani. Però, a sua volta è anche un segnale dei tempi, è stato originato dalla disintegrazione politica e dall’autoritarismo secolarizzato del Medio Oriente. Il nostro profeta Maometto – che la benedizione e la pace di dio sia con lui – avvertì di persone come quelle di ISIS mille e quattrocento anni fa. Ci sarebbe molto da dire rispetto ai segnali della fine dei tempi nell’Islam, però non abbiamo tempo per farlo in questa intervista.
L’ultimo stato islamico è stato il Califfato ottomano, protettore tradizionale delle libertà religiose dei cittadini, fossero stati musulmani, ebrei, cattolici, ortodossi, ecc..Gli ottomani ricevettero gli ebrei quando questi scappavano dai progrom antisemiti in Europa. Un governo islamico è una vita comunitaria concentrata intorno all’orazione, la nostalgia dell’eternità, la solidarietà sociale, il rispetto alla libera iniziativa privata e il patrocinio della cultura e dell’educazione.

Perché molti giovani musulmani arabi, europei, americani ecc.. sono ogni volta sempre più attratti dalla propaganda fondamentalista di queste organizzazioni? Lei pensa che questo sia dovuto a una mancanza di valori etici nelle società di tutto il mondo o è una specie di vendetta contro le ingiustizie che ogni generazione di musulmani ha dovuto soffrire, ognuno per situazioni differenti, dagli attacchi di Parigi, al supermercato Koscher o al giornale Charlie Hebdo fino agli attentati che soffrono i popoli del Medio Oriente, dell’Africa o dell’Asia?
In primo luogo, non sono molti, giusto il contrario. Che facciano rumore non significa che siano molti, se pensa che ci sono più di un 1,6 miliardi di  musulmani nel mondo. Però, ogni volta che ce ne è uno, appaiono cento titoli di giornale in tutto il mondo e la gente penserà che saranno molti. Perché anche se sono pochi, ci sono terroristi? La domanda è più ampia, perché ci sono movimenti terroristi? Per  una combinazione fatidica: ingiustizia sociale dove le colpe dei governanti locali sono le stesse che dei governanti stranieri, la diffusione dell’odio e l’impotenza, l’assenza di freni a questi sentimenti nelle società frequentemente secolarizzate da regimi militari, dove quello che si è perso di più è la tolleranza del nostro Islam tradizionale che avrebbe salvato queste persone, questi terroristi,  per condurli a una vita libera per sviluppare lo spirito. Un’ideologia cancerogena che solo spera che si arrivi a una condizione di deterioramento sociale, economico e istituzionale per fare “ganancia de pescadores a rio revuelto“. In serio, quello che è andato perso nei luoghi dove questi pochi fanatici ‘rumori’ sono apparsi, è stato precisamente l’Islam tradizionale, l’Islam degli ottomani  e la generazione anteriore. L’Islam sunnita protetto da uomini esemplari, chiamati awliya y ulama e muttaqin, cioè gli amici intimi di Allah, i maestri sufi o gli uomini santi dell’Islam, e i saggi dotati del timore di dio, glorificato Sia!

La risposta interna che si necessita per vincere questo male è bere dalla pura fonte dell’Islam tradizionale, dalla mano dei maestri della pietà e della spiritualità. Fortunatamente, per grazia di Allah l’Altissimo, dentro delle comunità islamiche, ci siamo raccolti intorno a due uomini, due maestri sufi dai quali abbiamo appreso l’Islam: Shaykh Abdul Kerim Kibrisi e il suo maestro  Shaykh Nazim al Hakkani. Poco a poco, combattiamo il fuoco con la luce, insha’Allah. As salam alaikum, la pace sia con Voi!

Nel 2014, tra il 12 e il 16 novembre, si è tenuta in Turchia – precisamente a Instanbul – il primo summit dei lider religiosi musulmani latinoamericani. La riunione dallo spirito multiculturale e transnazionale è stata sponsorizzata dal governo turco di Erdogan ed è stata organizzata dalla Direzione degli Affari Religiosi della Turchia (Diyanet). Hanno assistito ben 76 capi religiosi delle molte comunità islamiche latinoamericane. Questo evento ha tracciato un dato di fatto nella politica estera turca, confermando l’alto valore economico e culturale che il continente sudamericano rappresenta per il governo di Ankara; fra i paesi partecipanti c’era anche il Perù che con la Turchia mantiene stretti contatti, basti pensare al nuovo trattato di libero commercio che deve entrare in vigore quest’anno. Non sono mancate le critiche sui giornali e su internet da parte di alcuni gruppi cattolici e più in generale cristiani o ebraici su questo ulteriore avvicinamento religioso e culturale tra l’Islam europeo e quello latinoamericano. Arabia Saudita e Iran vengono così affiancati dalla laica Turchia nell’avvicinamento culturale, economico e religioso, così differente tra i due grandi paesi, il primo a maggioranza sunnita e l’altro sciita, verso l’America Latina.

I collegamenti culturali e religiosi con l’Islam non sono certo nuovi per il continente latinoamericano. Uno studio scientifico condotto sulla storia dell’Islam in America Latina, condotto dal professore Hernán Taboada dell’Università Nazionale Auttonoma del Messico, parla di primi arrivi sostanziosi di fedeli musulmani a fine del XIX secolo dai paesi medio orientali o dall’Asia. Le origini dell’Islam in America Latina potrebbero essere anche molto più antiche, forse databili all’età coloniale con l’arrivo di schiavi africani o asiatici, che però non ebbero grandi sviluppi, eccetto in alcune zone del Brasile o della Bolivia.

Il continente americano assorbe, quindi, nuovi sviluppi nella manifestazione religiosa islamica, che è invece presente da moltissimi anni nel tessuto sociale latinoamericano, anche se in forma circoscritta. Allo stesso tempo i cittadini latinoamericani, compresi gli stessi peruviani, sono portati a conoscere meglio questa piccola, ma stabile porzione delle proprie comunità, affrontando a volte anche temi spinosi della cronaca internazionale come i diritti umani o il problema del terrorismo salafita e whabbita che arriva a reclutare nuove leve fino in America Latina, secondo il quotidiano messicano ‘Excelsior’ che parla di almeno 180 latinoamericani reclutati nell’ultimo anno, riferendosi allo studio del consorzio privato Terrorism Research & Analysis Consortium. Anche se alla fine è un dato di fatto, soprattutto per restare fuori dai soliti sterotipi sulla questione del terrorismo religioso, che la paura del ‘contagio’ estremista si è ormai diffusa in tutto il mondo, specialmente per l’uso da parte delle organizzazioni terroristiche delle Open Sources o fonti aperte, che arrivano fino agli angoli più remoti della terra, sempre che ci sia una connessione internet disponibile e qualcuno pronto a ricevere questi messaggi di morte.

Il Perù islamico è quindi una realtà molto circoscritta, ancora troppo sconosciuta ai più, a parte alcune interviste alle comunità islamiche a Lima apparse negli ultimi anni sui quotidiani a diffusione nazionale come ‘El Comercio‘ o ‘Perù 21‘ o alcuni servizi documentaristici sulla vita di queste comunità. Una realtà sociale ben integrata e aperta al dialogo verso le altre comunità religiose presenti sul territorio e un collegamento prezioso verso una cultura e una religione millenaria, nata lontana da queste terre.


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