Una campagna in difesa della Convenzione sui diritti dell’Infanzia

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Caro Articolo 21, la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, è il trattato più ratificato al mondo ma è anche il trattato più violato. Guerre, violenze di ogni genere, abusi sistematici nei confronti di piccoli innocenti lo infrangono quotidianamente. I fatti di questi giorni ne sono la testimonianza diretta di cui tutti, nessuno escluso, ne siamo responsabili perché ledono i principi che ciascuno Stato si è impegnato a rispettare proprio nel 1989. Lo abbiamo dimenticato.

Nessuno raccontando gli episodi dei migranti, in relazione ai minori, ricorda che esiste questa carta e che va rispettata. Ci sono infatti cose che gli occhi di un bambino non dovrebbero vedere. Nei giorni scorsi e oggi, ancora molti migranti, tra cui tanti profughi siriani, sono stati accolti da filo spinato, manganelli e una barriera formata da soldati al confine tra la Grecia e la Macedonia. Adulti e minori sono stati picchiati, bastonati, spintonati con forza, addirittura respinti dalle forze armate che hanno anche sparato lacrimogeni e granate. I più facinorosi sono stati malmenati per evitare che superassero il confine per poi disperdersi nei campi.

La Macedonia è soltanto un paese di transito eppure negli ultimi mesi il numero dei migranti che lo hanno attraversato è aumentato da 1,500 a 3 mila al giorno. Il 30% delle persone che ha toccato il suolo macedone è rappresentato da donne e bambini. Quando finalmente è stato dato il via libera, dopo aver passato giorni ammassati in modo soffocante e senza acqua né cibo, migliaia di persone hanno affollato i treni per scappare in Ungheria o nei paesi dell’est Europa passando per la Serbia nuova e prossima fermata del calvario di queste genti. Sembra di assistere ad una processione religiosa, ogni tappa però non è una preghiera né un canto rivolto al cielo ma uno spettacolo indecente e disumano. Ad una delle fermate addirittura ad attenderli ci sarà un muro che, se tutto andrà come previsto, chiuderà il confine tra i due stati. Lo stanno finendo di erigere in queste ore calce e cazzuola alla mano. Barriere. Durante gli scontri con le autorità molti figli hanno visto i propri genitori (perché la maggior parte delle persone che sono state bloccate a Gevgelija erano famiglie) picchiati e respinti, soffocati nella calca. Perché? Perché un bambino scappato dalla guerra, dall’orrore, dalla continua e costante paura di morire deve continuare a vedere scene di questo tipo? Non è già abbastanza la dose di violenza a cui sono esposti (o li abbiamo esposti non riuscendo a fermare quei conflitti) nei loro paesi? Siccome però è sempre più difficile spiegare agli italiani (non tutti) da dove fuggono facciamo un breve riassunto delle puntate precedenti. Carta dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza alla mano, allora, penso all’Afghanistan e all’Iraq dove si combatte da anni e dove i casi di violazione dei diritti dei bambini sono oltre 2mila e chissà quanti ancora ce ne saranno.

È stata quella violenza continua a spingere 123 bambine yazide a sentirsi pronte per combattere chi le ha violentate, sequestrate ed macellato i propri cari. Penso poi alla Siria, una guerra spesso dimenticata, ma da cui scappano ancora in tanti. I colpi di mortaio continuano a radere al suolo case, palazzi, e a togliere ai siriani tutto quello che hanno fino a privarli della vita. Solo in Siria sono oltre 4 milioni le persone che vivono in zone difficili da raggiungere e che, per questo, ricevono aiuti umanitari in modo irregolare. Molti quartieri di Damasco e Aleppo restano senza acqua per giorni perché il controllo di questo bene prezioso è nelle mani di chi fa la guerra, le malattie più comuni uccidono nell’indifferenza totale centinaia di bambini che non hanno accesso alle medicine e che avrebbero bisogno di un accesso continuo ai servizi igienici. L’ondata di violenza è inarrestabile e coloro che riescono a scappare da questo inferno arrivano in Libano, in Giordania, in Turchia portandosi dentro la speranza di tornare e di non sentire più il rumore delle bombe. Attacchi del genere sono frequenti anche in Nigeria dove 15 milioni di persone sono state colpite dall’insorgere di Boko Haram, il terrore che vediamo in televisione è ormai parte della vita di queste persone. Così come lo è in Eritrea. Qui la popolazione scappa (a colpi di circa 4mila persone al mese) da un regime militare, tentando il tutto per tutto prima attraverso il deserto, rischiando di incappare nella rete dei trafficanti di uomini, poi sui barconi verso l’Europa. E ancora penso allo Yemen, un conflitto di cui davvero nessuno parla, insisto nessuno, dove ogni giorno in media otto bambini vengono uccisi o mutilati.

Da marzo, da quando la situazione è peggiorata, almeno 398 bambini sono morti e il numero dei minori reclutati, ai quali è stata messa in mano un’arma pronti a sparare contro un proprio simile, è più che raddoppiato: da 156 nel 2014 a 377 nel 2015. Penso a tutti questi rifugiati che arrivano sulle nostre frontiere e chiedono aiuto e a tutte quelle guerre in corso da anni o di cui nessuno ha voglia di parlare. Sono così lontane finché non vengono a bussare alle nostre porte. Attraverso la campagna “illumina le periferie” potremmo tutti insieme chiedere, da domani, a gran voce, il rispetto della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza che tutti i Paesi hanno ratificato, prendendo un impegno “sacro” verso i bambini del mondo (specialmente per quelli in difficoltà). Si può?


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