Trentino, una storia di “ordinario” sessismo

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La frase è buttata lì, alla fine di un’intervista ad un quotidiano locale: a me le donne piacciono a letto. Dice proprio così – nessuna smentita è arrivata – Natale Floretta (nella foto), sindaco di Cloz, paese della Val di Non, in Trentino.

Già discutibile in sé, la battuta è diventata bufera per il contesto in cui è inserita. Il virile Floretta, infatti, stava commentando da sindaco, non al bar del paese, la legge della Regione Autonoma Trentino Alto Adige che obbliga le amministrazioni comunali ad avere in giunta un numero di donne proporzionale alle elette. Se questa proporzione non viene rispettata, decade la maggioranza, si torna a votare. Dato che la legge viene interpretata in eccesso e vista la poca propensione dei maschi eletti a cedere il posto di assessore, molte giunte hanno dovuto mischiare carte e fare salti mortali, chiamando “assessore esterne” per garantirsi la sopravvivenza.

La cosa non è piaciuta. Molti sindaci hanno protestato dichiarando “poco democratica” la scelta del consiglio regionale e chiedono una revisione della norma. Due comuni dell’Alto Adige hanno fatto ricorso al Tar.

Floretta è andato oltre. Parlando della propria giunta – che governa un paese di 727 abitanti ed ha una sola donna come assessore – prima ha disquisito sulle possibili deleghe da dare alle “femmine” – “La mia assessora ha la delega al sociale, tra Pro Loco e manifestazioni è già piena fin sopra i capelli e le diamo una mano. In montagna cos’altro posso dar da fare a una donna?” – poi è partito in quarta ed è arrivato alla frase fatidica: a me le donne piacciono a letto.

Immediate le reazioni. Rabbiose, ovvio da parte femminile, imbarazzate dei maschi. Lorenzo Baratter,  capogruppo provinciale del partito Autonomista Trentino Tirolese, formazione di centrosinistra, gli ha mandato a dire: “Esca dalla preistoria”. Alcune donne del partito Democratico annunciano querele, mentre Sara Ferrari, assessora provinciale alle pari opportunità, dice: si deve vergognare, infanga le istituzioni.

Sono alcune voci, ma l’impressione è che il rozzo commento di Floretta sia opinione condivisa più di quanto si immagini. In Trentino, terra considerata progressista, da sempre governata dal centrosinistra, si fatica a mettere davvero su un piano di parità uomo e donna, in politica. Consigli d’Amministrazione pubblici e privati, consulenze e progettazioni sono saldamente in mano maschili, con poche eccezioni. In Regione, cioè nell’autonomo Trentino Alto Adige, non trova applicazione la norma sul “voto di genere”, cioè l’obbligo di esprimere preferenze ad una donna e a un uomo sulla scheda elettorale. E’ un caso unico in Italia, dove la norma è legge. A Trento e Bolzano ogni tentativo di far passare questa regola è stato bloccato in Consiglio Regionale, messo da parte. Gli effetti si sentono: in Trentino, in Provincia, su 35 consiglieri eletti le donne sono appena 6.

Quote rosa, meglio quote di semplice rappresentanza democratica assolutamente lontane quindi. La legge regionale sulle giunte comunali ha cercato di porre rimedio in qualche modo. La protesta dei sindaci, temutissima da chi governa – i partiti qui hanno forte radicamento territoriale – sta rimettendo tutto in discussione. Con buona pace delle donne del Trentino Alto Adige.


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