Carlo Paris: servizi sociali sostuiscano espulsioni

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Rai sempre più social a partire dallo Sport. Abbiamo intervistato Carlo Paris, direttore di Rai Sport,  definito il direttore “francescano” non solo per la sua fede e passione per il Santo d’Assisi,  ma anche per la semplicità e la rigorosità nelle spese.

RaiSport sta cambiando pelle. In che modo ?
Ai miei da tempo ho detto :” lasciamo gli studi e andiamo per strada”, ci sono tante cose meravigliose da raccontare. Questa mentalità deve ancora essere assimilata ma stiamo sulla buona strada.  E allora meno “chiacchiere” e talk, più eventi sportivi e documentari. La collega Alessandra De Stefano, ad esempio, oltre a raccontare il grande ciclismo realizza meravigliosi documentari sportivi che raccontano luoghi, culture,storie proprio dove passano i corridori. A settembre il nostro sport andrà finalmente in HD, avremo uno studio di continuità e cambieremo tutte le nostre trasmissioni cercando di essere un pò meno “calciocentrici”, specialmente nella stagione che ci porterà alle Olimpiadi e Paralimpiadi. Raisport vuole trasmettere emozioni si, ma anche valori.

Una volta si giocava a calcio sotto casa in campetti di fortuna oggi invece si passa troppo tempo sui social network. Cosa consiglia ai ragazzi di oggi? Come è cambiata la società e come è cambiato lo sport?
Un consiglio che vale  per tutti , per i giovani come per  gli anziani: uscite, andate all’aria aperta, fate attività fisica. Non state piantati davanti ad un computer, una televisione o ad un tablet. Gli oratori stanno rifiorendo, forse anche a causa della crisi economica essendo delle valide alternative alle costose palestre dove troppo spesso si va per moda o per poter indossare meglio il costume in vista dell’estate.

Come Rai sport si occupa del sociale?
Attraverso  storiche rubriche come Sportabilia o come quella che partirà ad ottobre  con la collaborazione di onlus e associazioni ai quali Raisport aprirà le  porte delle sue trasmissioni di maggior visibilità, proprio perchè riteniamo che il sociale non debba essere ghettizzato negli orari e nei canali meno visti. Il sociale non è di serie B.  La gente è stufa di sentir parlare sempre delle stesse cose. Perchè non raccontare le storie di campioni di vita come gli atleti paralimpici o di giovani che fanno  enormi sacrifici per andare ad allenarsi. Ci sono persone che hanno delle bellissime storie belle da raccontare, quasi sempre più interessanti di quelle  di tanti atleti professionisti e milionari e magari un pò viziati. Il Servizio Pubblico televisivo, per come lo intendo io, deve dare voce anche a queste altre storie da tutti dimenticate.

Non sarebbe il caso di estendere il terzo tempo a tutti gli sport?
Ci ha provato per un brevissimo periodo la Fiorentina ma la cultura non c’è anzi da noi quei valori rischiano di perderli anche sport come il rugby che li hanno sempre avuti.

Vorremmo proporre di convertire le espulsioni per atti violenti (falli di reazione, risse etc.) in giornate/ore di servizi sociali.  Cosa ne pensa?
Sarebbe un’ottima forma educativa per tutti che verrebbe trasferita positivamente a tutte le generazioni. Nel nostro Paese, in generale  non solo nello sport, questo tipo di sanzione educativo sociale è troppo poco diffusa rispetto ad altri Paesi.  Dallo sport poi allarghiamola alla società civile.

Nei campi profughi in italia e soprattutto all’estero molti ragazzi ritrovano il sorriso correndo dietro ad un pallone. Cosa rende lo sport così speciale? Lei ha mai avuto esperienza diretta?
Da inviato ho avuto la possibilità di raccontare gli sbarchi di Lampedusa, le storie dei bambini nei campi profughi italiani e palestinesi. Il pallone rotola nello stesso modo ovunque, è molto democratico, nel deserto dell’Africa come sull’erba verde in Inghilterra, tra i ricchi come tra i poveri. Dove c’è un pallone ho incontrato un sorriso. L’ho fatto da inviato e dunque da Direttore dovrò fare molto di più.

Nelle favelas si gioca per tutto il giorno a calcio, anche di notte. Lo sport è strumento di riscatto? Lo sport fa sognare?
Il calcio,  in parte anche  il basket, sono universali. Certo, lo sport fa sognare anche se purtroppo oggi non si sognano le belle giocate, i gol, le partite con gli amici, bensì la fama, i soldi , la bella vita dei campioni

Gli sportivi famosi sono dei modelli per i giovanissimi come vede i comportamenti “fuori dalle righe” di alcuni calciatori?
Eccoci ancora a parlare  di sport citando quasi unicamente calcio e calciatori. Più le attività sono “inquinate” dai grandi guadagni e movimenti di soldi, meno riescono a trasmettere valori autentici, genuini, educativi. In questo anche noi media ci mettiamo negativamente del nostro dando spazio a risse verbali a polemiche fini a sé stessi. Il tutto per una copia o un punto di share in più.

Dopo gli scontri di Bologna -Spezia lei porterebbe suo figlio a vedere una partita di calcio?
Negli anni ho assistito a cose negli stadi italiani  che mi hanno spento ogni passione, che talvolta mi hanno terrorizzato, più in generale mi hanno fatto perdere la gioia, il divertimento. Sentimenti ed emozioni che non hanno più neppure tanti i calciatori e molti tifosi sugli spalti. C’è qualcosa che non va.

Come mai i tifosi del calcio sono così diversi da quelli di altri sport?
Questione di educazione, di cultura, di abitudini radicate negli anni, che partono dalla scuola, dalla famiglia, dalle squadre del settore giovanile dove ci si insulta come tra i grandi. Lo sport dovrebbe educare alla sconfitta, al rispetto dell’avversario. I tifosi, non tutti per fortuna, vogliono solo vincere.

Nel calcio, sport nazionale, non esiste un santo protettore, cosa ne pensa di San Francesco d’Assisi che è anche il patrono d’Italia?
Consentitemi di dirvi che se il calcio è questo con San Francesco non ha proprio nulla a che vedere. Lui cercava i poveri e gli sconfitti della società; nel calcio conta solo chi vince ed ha tanti soldi.

Fonte: rivista San Francesco


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