Gli ottimi affari del complesso militare-industriale

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Notizie che, proprio perché sono tali, si preferisce non far conoscere, e volutamente si ignorano. Il nuovo rapporto dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (Sipri), sulle esportazioni mondiali di maggiori sistemi d’arma documenta che nel periodo 2010-14 il fatturato è cresciuto del 16 per cento rispetto al precedente quadriennio 2005-2009. I cinque maggiori esportatori sono Stati Uniti, Russia, Cina, Germania e Francia; i cinque maggiori importatori risultano essere India, Arabia Saudita, Cina, Emirati Arabi Uniti e Pakistan.

Negli ultimi quattro anni l’export statunitense dei maggiori sistemi d’arma registra un incremento pari al 23 per cento diretto a 94 acquirenti; quello cinese cresce del 143 per cento tra il 2005-2009, e il 2010-14, passando dal 3 al 5 per cento. Anche la Russia aumenta il suo export del 37 per cento tra il 2005–2009 e il 2010-2014, fornendo armi a 56 stati e alle forze ribelli in Ucraina. Le esportazioni tedesche dei maggiori sistemi d’arma, invece, diminuiscono del 43 per cento tra il 2005-2009, e il 2010-2014, inviandole a 55 stati.

In questa “classifica” l’Italia si piazza all’ottavo posto, prima di Ucraina e Israele, esportando agli Emirati arabi (9 per cento dell’export totale), India (9 per cento) e Turchia (7 per cento). L’Italia inoltre si segnala per l’accresciuto export di UAV (droni). Le esportazioni italiane tra il 2005-2009, e il 2010-2014 sono cresciute di oltre il 30 per cento. Altri dati saranno forse reperibili dall’esame della relazione governativa sull’export militare italiano nel 2014 al Parlamento italiano, che a breve dovrebbe essere consegnata ai sensi della legge 185/90. Relazione che, peraltro, anno dopo anno, è sempre meno trasparente e sempre più opaca.


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