Il comico Dieudonnè arrestato in Francia per “apologia di terrorismo”. Quel difficile confine tra satira estrema e insulto diffamatorio

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Il comico e polemista francese Dieudonnè M’bala M’bala è stato messo in stato di fermo giudiziario dalla magistratura parigina, in quanto accusato di “apologia di terrorismo”. L’artista non è nuovo a queste accuse e a procedimenti giudiziari, dovuti alla sua lunga carriera di “provocatore” nei suoi spettacoli, dove spesso si è lanciato in apologhi antisemiti, per i quali è stato già condannato. A settembre, la magistratura di Parigi lo aveva messo sotto inchiesta per lo stesso reato di “apologia del terrorismo”, per aver diffuso un video dove ironizzava sulla decapitazione del giornalista americano James Foley per mano dei fondamentalisti islamici dello Stato islamico. Già nel 2010 aveva pubblicato un altro video nel quale chiedeva la liberazione de Youssouf Fofana, condannato per l’uccisione di Ilan Halimi, un giovane ebreo, sequestrato, torturato e ammazzato nel 2006. A Febbraio prossimo è prevista l’udienza d’appello. Nel frattempo, però, Dieudonnè dovrà anche discolparsi per vari reati di frode fiscale, secondo la legge   riscontrabili per chi evade od elude le tasse su patrimoni superiori a 1,3 milioni di euro.

Questa volta, Dieudonnè, comunque, è stato accusato per aver pubblicato sul suo profilo Facebook un commento all’uccisione dei quattro ostaggi ebrei da parte di Amèdy Coulibaly nell’Yper Cacher, sostenendo di sentirsi “Charlie Coulibaly”.

“Da quando mi esprimo, non si cerca di comprendermi, non mi si vuole ascoltare. Si cerca un pretesto per interdirmi. Mi considero come un Amèdy Coulibaly, anche se non sono diverso da Charlie (Hebdo, ndr)”, aveva scritto sul suo appello via web, invocando la pacificazione con il governo, che lo starebbe perseguitando, e inserendo sul suo blog numerosi riferimenti a Gesù e all’amore universale. Nel frattempo, già da lunedì, uno degli organizzatori dei suoi spettacoli ha deciso di sospendere la messa in scena della sua ultima opera “La Bestia umana”.

In tutta la Francia si contano finora 50 procedimenti contro persone che avrebbero solidarizzato con i tre assassini di “Charlie Hebdo” e del supermercato cacher. Addirittura, quattro giovani, martedì, sono stati arrestati in flagrante mentre inneggiavano al terrorista Coulibaly proprio davanti al supermercato teatro della carneficina. Mentre un’altra voce storica della satira aspra e irriverente, quella del giornale “Le Canard enchainè”, viene messo sotto scorta, per le esplicite minacce terroristiche inviate via email.

In questo “stato d’emergenza”, mentre alcuni governi europei, come  l’inglese e appunto il francese, ipotizzano un giro di vite sui reati di espressione e di stampa, specialmente sull’uso dei socialnetwork (e persino si rimette in discussione il diritto di libera circolazione, restringendo le maglie del Trattato di Schengen), tracciare un discrimine tra diritto alla satira e libertà di critica, da una parte, e le espressioni che si trasformano in apologia del terrorismo e antisemitismo non è certo semplice ma comunque necessario.

Come Articolo 21 siamo lontani anni luce dalle idee, dalle espressioni diffamanti usate da Dieudonnè nei suoi spettacoli, ma certo non si può accettare forme di censura estrema nei confronti dei suoi spettacoli (come il ricorso del governo alla magistratura amministrativa perché blocchi le sue rappresentazioni, con la chiusura delle sale). Il diritto alla critica e alla satira è fondamentale e inviolabile, come i milioni di persone hanno manifestato domenica scorsa per le strade di Parigi, e come il “tutto esaurito” delle 3 milioni di copie di Charlie Hebdo, vendute stamani in poche ore, stanno a dimostrare.

Quando però ci si esprime su siti come un blog o un profilo Facebook, allora siamo di fronte a prese di posizioni che possono, come in questo caso, ricadere nelle strette maglie delle leggi che in tutto il mondo democratico tutelano i cittadini dalle ingiurie, dalle diffamazioni, dal negazionismo, dall’antisemitismo, dal razzismo e dall’apologia di reati, siano essi terroristici o meno.

Le leggi per reprimere questo modo distorto di intendere le libertà fondamentali esistono e vanno fatte applicare. Altri provvedimenti legislativi “emergenziali”, che potrebbero limitare fortemente questi diritti, che risalgono proprio alla Rivoluzione francese del 1789, non sarebbero ammissibili.


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