Idee e progetti sulla Rai servizio pubblico

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Dal 1968 molti di noi stanno ragionando sull’assetto della RAI Servizio Pubblico.  Ricordiamo per i nostri giovani lettori che il Presidente Romano Prodi  nel partecipare alle elezioni del 1996, una delle proposte politiche era  la privatizzazione della Rai. Non tutti erano concordi con questa posizione, il centro sinistra vinse le elezioni, e il sottoscritto fu incaricato dall’allora sottosegretario Vincenzo Vita, che aveva la delega sulla RAI, di coordinare un gruppo di lavoro per fare una proposta,  trasformata successivamente nel  “disegno di legge Maccanico”, che poi fu sdoppiato (i famosi “1021” e “1138”, dal numero d’ordine dei rispettivi testi depositati in Parlamento) .

Alla mancata approvazione del 1021 si aggiungono altri elementi.

In primo luogo, la freddezza (in pratica, il veto) della classe dirigente che conta ad una piattaforma di televisione digitale unica in cui la Rai avesse una presenza significativa in presenza di un accordo in tal senso fra Telecom e Rai (1997).

In secondo luogo, l’esclusione della Rai da Telespazio, società prima estinta nella  fusione che da vita Telecom Italia (settembre 1994), ma poi rinata (dicembre 1994) come nuova Telespazio partecipata solo da Stet e Telecom e venduta infine a Finmeccanica nel 2002.

Negli anni successivi questo lavoro ha avuto degli approfondimenti con ulteriori riflessioni  avvenute nel 2006, cresciute attorno alle linee guida e alle proposte di legge dell’allora  ministro Paolo Gentiloni, esponente di un centrosinistra nuovamente vittorioso, sia pure per un’incollatura.
L’idea è che la RAI servizio pubblico deve ricostruire la sua organizzazione con una forte e qualificata struttura sul piano editoriale, capace di riprendere la posizione che aveva fino al 1976, anche nei nuovi scenari tecnologici digitali. Il Servizio Pubblico radiotelevisivo nella complessa società moderna risponde ad un interesse generale per rispettare le esigenze democratiche, sociali e culturali quale principale garanzia di pluralismo, di diversità culturale e linguistica come ci indica l’Europa.

Le Fondazioni nell’ esperienza concreta  hanno avuto  il merito di sapersi adeguare agli scopi loro assegnati e tendere al loro conseguimento con le modalità più svariate, ma tutte valide e soprattutto originali. Le attività svolte devono essere condivise dalla collettività, come utili, fatte proprie e pertanto, divenire momento di crescita collettiva, riconoscendo nei programmi e nelle attività svolte, dalle fondazioni un’utilità sociale economica e culturale.

La RAI Sevizio Pubblico deve avere come missione la produzione e diffusione di Contenuti Multimediali, e la sperimentazione della diffusione, con tutte le piattaforme create dall’innovazione tecnologica nella comunicazione. Nella RAI di oggi l’ideazione dei programmi è stata quasi completamente privatizzata, per molta parte, acquista i format all’esterno, delegando ai privati l’ideazione, primo patrimonio culturale dell’azienda e del nostro modello culturale.

La RAI per rispondere concretamente alle considerazioni sopra enunciate, deve avere  questi obbiettivi:

a   Mettere insieme le ragioni del Servizio pubblico e quelle legate ad una impresa che fa profitto.
b    Aprire la RAI ai privati
  Introdurre nella Rai elementi di discontinuità ovvero :

1)  modificare l’azienda RAI per sostenere le sfide tecnologiche digitali

2) creare una camera di compensazione e rendere meno opprimente la gestione dei partiti sulla RAI

Trasformare la Rai in Holding, è la proposta di organizzazione industriale per la più grande azienda editoriale italiana ancora attuale.

La creazione di una Fondazione RAI e la consequenziale costruzione del gruppo RAI Holding è importante poiché in questo modo diventa possibile separare le fonti di finanziamento del canone, da quelle della pubblicità, mantenere l’unità dell’azienda e al contempo  differenziare le società partecipate a capitale RAI per attività e immettere capitale privato.

I nodi principali di politica aziendale da sciogliere sono :

a   Il soggetto giuridico designato a nominare gli amministratori della Fondazione RAI  e modalità di tale nomine (il Parlamento) e chi le propone
b   Il soggetto giuridico destinatario del canone per separare all’interno della Holding  la contabilità  delle risorse  ricavate dal canone,  dalla contabilità  della pubblicità.
c   dove far entrare i privati se a livello delle società operative o anche e in che misura nella stessa Holding.
d   La nomina, degli amministratori delle società operative a capitale misto proposte e votate dagli azionisti privati e dalla Holding RAI

Questa proposta prevede la Fondazione RAI con un Consiglio d’Amministrazione ristretto,con un numero difficilmente lottizzabile (5 – cinque)), formato da personalità esperte del mondo della comunicazione, nominato dal Parlamento con maggioranza qualificata e in carica per sette anni. I candidati  saranno  valutati e votati dal Parlamento, tra una ampia rosa  proposta dalla società civile, Sindacati, associazione dei consumatori, dagli enti locali, dalla conferenza dei rettori, dalla conferenza Stato regioni ecc… Queste personalità scelte  saranno votate a maggioranza qualificata dal Parlamento. I primi entreranno subito nel C. d. A della Fondazione RAI gli altri  sostituiranno, a rotazione  i consiglieri uscenti.
La revoca di singoli, di parte o di tutto il Consiglio d’Amministrazione della Fondazione RAI spetta al Parlamento con votazione qualificata.  I Consiglieri del C. d. A. della Fondazione Rai nominano un Presidente, scelto tra i  consiglieri e un Amministratore Delegato su proposta del Presidente della Fondazione.

Il Consiglio d’Amministrazione della Fondazione RAI avrà poteri di indirizzo strategico, editoriale e di controllo nei confronti della Holding-RAI che, a sua volta, sarà gestita da un Presidente e da un ristretto consiglio di amministrazione  nominato dalla Fondazione RAI. I membri del C. d. A della Holding RAI eleggeranno un Amministratore Delegato, quale coordinatore delle singole società operative.

La Holding RAI a sua volta creerà delle società operative differenziate per:

1   Il tipo di attività  svolta
2   la percentuale del capitale sociale di ciascuna società operativa posseduta : la Holding RAI potrà detenere il 100% di alcune società operative, di altre il pacchetto di maggioranza,di altre ancora il pacchetto di minoranza.
3   La qualità del capitale degli altri soci : per alcune società operative potrebbe risultare opportuno una diffusione del capitale tra il pubblico (public Company), in altre invece potrebbe optare per uno o più partner (fondi pensioni, capitale privato ecc..), in altre ancora le  soluzioni potrebbero essere  trovare  anche fra partner istituzionali come gli enti locali ( comuni, Province, Regioni)
4    Le fonti di finanziamento : alcune società operative potrebbero essere finanziate solo dal canone; altre potrebbero avere delle risorse economiche derivate da un misto di canone e pubblicità (come attualmente); altre ancora con la sola risorsa pubblicitaria, eventuali finanziamenti privati, ricorrendo anche al mercato finanziario

Questo tipo di organizzazione permetterà di evitare la confusione tra funzioni di indirizzo e controllo, proprie della Fondazione RAI espressa dal Parlamento, e le funzioni di gestione, proprie della Holding RAI, espressa dalla Fondazione RAI.
In questo quadro  potrebbe essere abolita  la Commissione Parlamentare per l’indirizzo Generale e la Vigilanza dei servizi Radiotelevisivi

Alla risorsa finanziata del canone  va attribuita la responsabilità giuridica, per dare un segno importante alle attività di Servizio Pubblico, per finanziare la produzione e la  sperimentazione di contenuti, da trasmettere su tutte le piattaforme della RAI Holding:

a) per finanziare la sperimentazione di nuove architetture comunicative e nuovi modelli produttivi legati all’ utilizzo di nuove tecnologie digitali con strutture tecniche sempre più complesse e sempre più piccole;
b) per finanziare una rete federale sia radiofonica che televisiva e sviluppare nei territori della provincia italiana, in collaborazione con le radio e Tv locali, la creatività, lo sviluppo e occupazione,
c)  finanziare la diffusione sulle varie piattaforme della Rai Holding  una quota di produzione di contenuti nazionali ed Europei  superiore al 50% del trasmesso.

La riorganizzazione in holding finanziaria  consentirà di affrontare, in una visione unitaria dell’azienda e del suo ruolo nella società italiana, quattro questioni cruciali per il futuro della RAI:

  1. Il criterio di nomina del vertice aziendale, che dovrà assicurare all’azienda autonomia sostanziale rispetto ai condizionamenti del mondo politico senza tuttavia cadere nella trappola conservatrice di una tecnostruttura (o burocrazia) autoreferenziale, che tende a configurarsi come parte di un sistema di potere politico-industriale preoccupato in primo luogo di difendere e perpetuare se stesso. Le vicende di Telecom e Alitalia, mostrano quanto sia difficile rinnovare il capitalismo italiano, a partire,  dai meccanismi di comando all’interno delle imprese. Eppure la modernizzazione del modello di impresa è il tassello fondamentale perché l’economia italiana possa affrontare da posizioni di forza la globalizzazione.
  2. La RAI, che è nel cuore dell’industria della comunicazione e, dunque, è al centro dei processi innovativi, deve essere un modello di impresa rinnovata anche nei suoi meccanismi di governo. Al vertice dell’Azienda dovranno quindi esserci un amministratore delegato cui rispondano le funzioni operative del gruppo e un Consiglio di Amministrazione con responsabilità d’ indirizzo e controllo. Amministratore delegato e Consiglio di Amministrazione (destinato ad assorbire le funzioni della Commissione Parlamentare di Vigilanza) dovranno essere nominati dal Parlamento con criteri di garanzia, quali ad esempio quelli che regolano la nomina della Corte Costituzionale.  
  1. La natura dell’azienda RAI, che ha finora sovrapposto e spesso confuso ruolo d’impresa e la funzione di servizio pubblico.  
  1. L’attività strettamente di servizio pubblico, da finanziarsi essenzialmente con il canone (in primo luogo la rete televisiva nazionale senza pubblicità); attività che hanno finalità di servizio ma anche dimensione di mercato, da finanziarsi con canone e pubblicità (per fare un esempio -non esaustivo delle società possibili- una società operativa che racchiuda le altre due reti televisive generaliste); e attività -come la pay tv, i new media , ecc…- esclusivamente di mercato: tutte queste attività potranno nella holding finanziaria trovare alvei organizzativi distinti, attraverso società operative, in una logica di trasparenza che sola può giustificare da un lato la persistenza del canone, l’acquisizione di risorse pubblicitarie, la vendita di nuovi servizi a pagamento  e dall’altro l’afflusso di capitali privati.

In questa strategia di sviluppo, il progetto di una rete televisiva nazionale senza pubblicità – così come indicato dalla proposta di legge- costituirà uno straordinario strumento di rilancio della funzione di servizio pubblico, di radicamento nelle diversità culturali e sociali del paese, di alleanza con le istituzioni e le industrie culturali (a cominciare dalle radio e dalle televisioni locali) e con le reti di servizi multimediali che si vanno formando o consolidando sul territorio, in una logica di innovazione tecnologica e sostegno alla produzione audiovisiva che dovrà costituire il quadro generale di riferimento dell’intero gruppo RAI.


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