“L’omertà già di per sé è mafia”. Aggredito il giornalista Paolo Borrometi

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Può risultare più arduo di quanto non sembri fare giornalismo in una bella e tutto sommato tranquilla provincia come quella di Ragusa (o in ciò che ne rimane, al netto di riforme amministrative vere, preannunciate o presunte…) Lo sa bene Alberto Spampinato, quirinalista dell’Ansa e fratello di Giovanni, corrispondente da Ragusa de “L’Ora de l’Unità” ucciso nel 1972: “ Mi colpisce la disinvolta smemoratezza di questa città e dei suoi abitanti ” scrisse, parlando dello sgomento che prova nel tornare ogni volta nella terra in cui pure è nato e ha vissuto per vent’anni. Eppure qui operano giovani e coraggiosi giornalisti (alcuni talentuosissimi) affatto rassegnati all’apatia e al disinteresse tipiche di una provincia del profondo sud. E’ di Modica, per esempio, il celebre, pluripremiato (e rimpianto) mensile “Il Clandestino”, che ha fatto da apripista a numerosi e vivaci progetti editoriali e stimolato l’interesse per il giornalismo d’inchiesta, e promosso quello indipendente .

Modica è anche la città di Paolo Borrometi (nella foto), il corrispondente dell’Agi e direttore del sito online “La Spia”, che mercoledì pomeriggio è stato aggredito e malmenato brutalmente da due individui a volto coperto, nei pressi di una proprietà di famiglia, in una zona periferica della città. Al giovane cronista, chino ad accudire il suo cane, è stato teso un vero e proprio agguato: i due malviventi lo hanno sorpreso alle spalle pestandolo e procurandogli forti contusioni ad una spalla e al dorso, prima di dileguarsi lasciandolo a terra; Il giornalista è stato poi soccorso dal padre, allertato al telefono, e condotto in ospedale dove è giunto in stato di shock.

Avvocato e scrittore trentunenne, Paolo Borrometi, in passato ha collaborato con “La Sicilia” e “Il Giornale di Sicilia” ed è stato dal 2004 al 2007 segretario regionale dei giovani della Margherita. Nel 2010 ha abbandonato la politica per dedicarsi all’attività forense e al giornalismo. Sull’aggressione indaga la squadra mobile di Ragusa, ma il buon senso la riconduce inevitabilmente alla sua attività giornalistica, e ad un atto intimidatorio subìto lo scorso ottobre, quando ignoti composero con un oggetto appuntito la scritta “stai attento” sulla fiancata della sua auto in sosta.

Borrometi si è occupato di varie inchieste: dalla gestione del cimitero di Modica agli interessi che gravitano attorno alle case popolari della provincia iblea. Ma recentemente il suo nome si è legato soprattutto alla vicenda di Ivano Inglese, il trentaduenne di Vittoria il cui corpo senza vita fu rinvenuto dalla polizia nel settembre del 2012, in aperta campagna. Un’ esecuzione spietata, sei colpi di arma da fuoco, ma anche un delitto che attende ancora giustizia sul quale è calata una inesorabile coltre di silenzio che il giornalista modicano ha provato a smuovere con passione e determinazione, (http://www.laspia.it/vittoriesi-dimostrate-essere-uomini-donne-libere-parlate-lomerta-mafia/) coinvolgendo anche i media nazionali.

Proprio recentemente, infatti, aveva lanciato risoluti appelli dai microfoni della trasmissione di Raidue “I fatti vostri”: “L’omertà già di per sé è mafia. Qualcuno avrà visto qualcosa in più ed è arrivato il momento che parli” e dal suo profilo di facebook «Se pensavate che, dopo un anno e mezzo, ve la foste fatta franca, vi sbagliate di grosso. Ognuno col suo ruolo: noi giornalisti che abbiamo il dovere di denunciare e di sensibilizzare, gli inquirenti che stanno indagando, Vi faremo mancare l’aria».

Nella prima intervista rilasciata dopo aver subito l’aggressione, ad un quotidiano online locale Paolo Borrometi ha detto: “Non mi lascerò intimidire da questa vile aggressione. Sono ancora più determinato e voglioso di andare avanti con la mia attività di denuncia dei casi rimasti insoluti nella nostra provincia per conto di chi non ha voce (…)Un giornalista dovrebbe essere libero di parlare. credo che quando viene attaccato si colpisce l’intera collettività.” Ci piace pensare che quella stima e quella vicinanza espresse in queste ore da colleghi e istituzioni (con alcune, rare titubanze) Paolo possa sentirle davvero, scoprendosi meno solo nella sua battaglia.


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