Non c’è più religione

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Oggi mi ha telefonato un mio vecchio amico romagnolo che non sentiva da una vita.La voce si sentiva male per colpa del suo telefono ma chiamava da Bellaria-Igea Marina un bel posto in cui tutti i partiti di sinistra in passato hanno fatto i loro congressi.Persino chi scrive che da qualche anno si muove poco, per altri impegni di lavoro,ricorda quel posto e un congresso che si svolse alcuni anni fa di un partito che forse non esiste neppure più. Ma quando quel mio vecchio amico mi ha detto che stava il monumento alla lotta partigiana è stato distrutto in qualche minuto da una pala,da una sega di ferro e da un flessibile. Gli autori sono quelli di settembre,un pò ringalluzziti dal fatto che, in quel comune,  al comando è  una destra che si qualifica da sola e a cui non vogliamo  attribuire  aggettivi di nessun genere.

Ricordiamo soltanto ai lettori che quel monumento chiamato  dagli abitanti del luogo “gabbia dei sassi”  ma che nel catalogo dell’Istituto dei Beni Culturali si chiama “Passato presente)e  nel 1978 (36 anni fa,l’anno dell’assassinio di Aldo Moro) vinse un concorso  nazionale. E’ costituito da “una figura simbolica” in pietra,cemento e ferro” per esaltare i valori della lotta e dei sacrifici sostenuti per l’Indipendenza e la Liberazione del nostro Paese”.L’autore è il maestro Luigi Poiaghi e l’Istituto dei Beni Culturali dell’Emilia Romagna parla dell’opera come “un’opera dura, forte tutta maturata nelle esperienze concettuali milanesi;da considerare, in questo artista più predisposto a una ricerca poetica,un gesto di radicale adesione ad una militanza dell’arte che i tempi invocavano”. L’Istituto aggiunge:”L’opera trovò presso il pubblico romagnolo non poche difficoltà di lettura.”

E questo,per quel che sappiamo,è certo perchè da quelle parti-dicono i miei amici,in questi anni si è accesa una disputa che non ha smesso un momento di impegnare gli abitanti della zona come i tanti turisti arrivati per una ragione o per l’altra a Bellaria-Igea Marina. Ma la distruzione notturna del monumento che era, comunque, divenuto negli anni il simbolo della Resistenza e dei tanti che, nei venti mesi di lotta, erano caduti in nome di quelle idee avverse alla dittatura fascista ha provocato la reazione di una parte non piccola della società e dell’Associazione Nazionale dei Partigiani che, tra una settimana,il 25 aprile invita tutti i portare i fiori sul luogo in cui era il monumento portato via nottetempo. A chi scrive, che ha trascorso una parte non piccola della sua vita a studiare e a scrivere sul fascismo italiano e su quelli sbocciati negli altri paesi europei,l’episodio ha provocato un modo di sconforto, oltre che indignazione.

Possibile che ci siano ancora persone che nulla sanno di quello che è accaduto negli anni trenta e quaranta del Novecento? Che accettino di distruggere un’opera fatta per ricordare i morti per la libertà? Mi vengono in mente ancora una volta i pochi versi che Primo Levi pose all’inizio del suo libro Se questo è un uomo e che forse fanno capire meglio di quanto sappia fare uno storico che cosa hanno significato i lager destinati a chi non accettava il fascismo:”Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case,Voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici :Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango,che non conosce pace,che lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no.Considerate se questa è una donna senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare. Vuoti gli occhi  e freddo il grembo come una rana di inverno. Meditate  che questo è stato:vi comando queste parole.”


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