Dalla stanza della morte di Mogadiscio Faduma e i giornalisti lanciano un appello al mondo

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Un grido di allarme alla comunità internazionale e un appello alle autorità che vigilano sulla Somalia vengono lanciati dal carcere di massima sicurezza di Mogadiscio in cui sono rinchiusi Faduma Abdulcadir Hassan, Mohamed Bashir Hashi e Abdimalik Yusuf.
La prima, di Kasmo Radio (La voce delle donne), è stata violentata da due uomini in divisa che lavorano anche per la Radio pubblica e gli altri due, rispettivamente direttore ed editore di Radio Shabelle, ne hanno raccontato la storia al mondo. Per quest’affronto al potere dello Stato, languono in carcere. Un carcere che è il peggiore tra quelli dei paesi del terzo mondo.
Ognuno di loro è rinchiuso in uno stanzino senza finestre di un metro e mezzo per un metro e mezzo chiamato “stanza della morte” e normalmente riservato ai criminali più sanguinari. Non c’è un letto ma una coperta sul cemento. Quel carcere è riservato ai terroristi di Al Shabab e ai responsabili di delitti di sangue che ora irridono i giornalisti che, dalle loro frequenze, li attaccavano ed oggi gli sono finiti nella cella accanto. Non ci sono servizi igienici. I detenuti vengono portati due volte al giorno in una latrina: alle sette del mattino ed alle quindici. Mohamed Bashir Hashi è stato colpito da una forte dissenteria e utilizza le buste di plastica per non convivere con i suoi escrementi. Non c’è presidio medico, né accesso a medicine.
Faduma, che ha denunciato lo stupro, piange disperata per l’ingiustizia che sta subendo, peggiore di quella che ha patito nelle mani dei suoi violentatori che, ancora oggi, sono a piede libero e normalmente al lavoro per la pubblica amministrazione.
Dalle stanze di Villa Somalia giungono al carcere solleciti per aggravare le condizioni di detenzione dei tre giornalisti, per quanto ancora possibile.
Sabato prossimo è fissata l’udienza. In particolare Abdimalik Yusuf verrà portato davanti al giudice con la pesante accusa di attentato allo Stato per aver indicato il Ministro dell’interno Abdikarin Guled Hussein come responsabile della distruzione e il furto dei macchinari dai quali Radio Shabelle trasmetteva prima della chiusura forzata della sua sede. Rischia dieci anni di questo carcere duro.
La magistratura somala, dal canto suo, non vive giorni tranquilli. Negli ultimi tempi quindici giudici, in varie parti della Somalia, sono stati uccisi. Tre di loro solo nelle ultime due settimane. Il capo della Corte Suprema Ceydid Abdullahi, noto come Ilka Hanaf, ha fatto una conferenza stampa denunciando che il Governo Federale non è interessato alla giustizia, non destina ad essa le necessarie risorse e non garantisce l’incolumità dei magistrati. Una situazione che scoraggia la popolazione a rivolgersi ai tribunali per cercare tutela ai diritti violati.
Intanto nel Somaliland ieri sono stati arrestati altri quattro giornalisti colpevoli di aver partecipato ad una manifestazione. Il giro di vite sulla libera stampa stringe sempre più in uno Stato, come la Somalia, che ieri nel rapporto annuale di Transparency international, la Ong specializzata nel valutare il coefficiente di corruzione nei singoli paesi del mondo, è apparso tra quelli più corrotti insieme ad Afghanistan e Corea del Nord.

http://primavera-africana.blogautore.repubblica.it/?ref=HROBA-1


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