Il primo passo contro le mafie

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La scommessa che ha lanciato nei giorni scorso il parlamento europeo approvando, dopo un anno e mezzo di lavori da parte di una commissione speciale (CRIM), una risoluzione chiara  e organica sulla lotta alla mafia ha, secondo il solito, avuto un’eco abbastanza scarsa nei nostri mezzi di comunicazione, a livello giornalistico e televisivo. E’ stata subito accantonata di fronte al fatto che le confessioni del “casalese” Carmine Schiavone (nella foto), datate 1997 (ma solo oggi desecretate) rivelano che “i rifiuti tossici, fanghi nucleari e altre specialità, interrate nella pianura casertana, a Casapesenna, Casale di Principe, Castel Volturno e così via, hanno intossicato gli abitanti di quella zona che -secondo il boss pentito – avranno al massimo altri vent’anni di vita”.

Una verità già nota a quelli che vivono nel Casertano e nella Pianura Flegrea ma tale forse da far  capire a un’opinione pubblica nazionale distratta e male informata una delle conseguenze inevitabile dell’espansione mafiosa nella penisola.  Pochi hanno letto che cosa ha deciso il parlamento europeo per rendere più efficace la battaglia contro le mafie, una risoluzione di cui almeno in parte dovranno tener conto i governanti dei ventisette paesi che hanno aderito ai trattati, inclusa l’Italia che fu tra i paesi fondatori. Saremo sintetici perchè il documento, in formato normale, è quasi cento pagine. Il primo aspetto riguarda i giganteschi passi avanti dalle associazioni mafiose a livello mondiale: “le organizzazioni criminali – è scritto nel documento – hanno progressivamente ampliato il proprio raggio d’azione su scala internazionale, sfruttando le opportunità aperte dall’apertura delle frontiere interne dell’Unione europea, oltre che dalla globalizzazione economica e dalle nuove tecnologie e stringendo alleanze con gruppi criminali di altri paesi (come nel caso dei cartelli sudamericani della droga e della criminalità organizzata russa) per spartirsi mercati e zone di influenza; considerando che i gruppi criminali diversificano sempre di più le loro attività e si instaurano legami tra il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani, il favoraggiamento dell’immigrazione clandestina, il traffico di armi e il riciclaggio di denaro”.

Il secondo aspetto riguarda quello che le mafie sono ormai diventate: “la criminalità organizzata – prosegue il documento che – per una sorta di convenzione politica universale, anche se scientificamente discutibile almeno per gli studiosi specialistici del fenomeno mafioso in Italia e nel mondo – è sempre più simile a un soggetto economico globale, avente una spiccata vocazione imprenditoriale e specializzato nella fornitura simultanea di diverse tipologie di beni e di servizi illegali – ma anche in misura crescente, legali – e ha un impatto sempre più pesante sull’economia europea e mondiale e… con un costo annuo per le imprese stimato a oltre 670 miliardi di euro.

Il terzo aspetto – sottolinea ancora il parlamento europeo – riguarda il fatto che “numerose organizzazioni criminali presentano una struttura reticolare caratterizzata da alti livelli di flessibilità, mobilità, connettività ed interetinicità nonchè da una capacità di infiltrazione e di mimetismo accentuata; considerando che si registra una crescente propensione alla mutua assistenza tra le varie organizzazioni criminali.” Secondo Europol, sarebbero 3600 le organizzazioni criminali internazionali e di esse il 70 per cento ha un raggio d’azione geograficamente eterogeneo e più del 30 per cento ha una vocazione policriminale (nei giorni scorsi la cronaca italiana ha parlato di tratta di bambini governata in Italia da una società che ha sede in Norvegia, a dimostrazione di queste caratteristiche ormai consuete delle organizzazioni criminali con alti livelli di flessibilità e di mobilità geografica e continentale).
Del resto, secondo le ultime stime, i profitti ricavati dalla tratta degli esseri umani raggiunge i 25 miliardi di euro all’anno e i proventi del traffico di specie di animali selvatici e di loro organi sono stimati tra i 18 e i 26 miliardi di euro e l’UE è il principale mercato di destinazione a livello mondiale. Infine il numero complessivo dei lavoratori forzati negli Stati membri dell’UE è intorno a 880mila persone di cui 270 mila sono vittime di sfruttamento sessuale (la maggioranza sono donne).

Di fronte a un quadro simile che cosa fare? Il parlamento europeo non ha dubbi sul fatto che una crisi così grave richieda un’azione che comprenda, accanto al necessario meccanismo repressivo e giudiziario unificato e coordinato in tutti i paesi  dell’Unione, un’azione politica, culturale, educativa tche mobiliti tutte le società investite dal fenomeno, escluda persone e imprese condannate in maniera definitiva da ulteriori attività, crei una Procura europea contro le mafie, intervenga adeguatamente anche in un settore diventato di crescente importanza come quello informatico.

Insomma faccia di quest’azione una priorità sicura non solo negli Stati come l’Italia anzitutto ma anche la Francia, la Spagna, la Germania e alcuni paesi dell’America centro-meridionale come dell’Africa nei quali  le associazioni crescono negli affari e nelle interferenze con la politica e l’economia, pena una sconfitta sempre più estesa e pericolosa per le nuove generazioni.


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