Non si cancelli il casolare dove Peppino Impastato fu torturato e ammazzato

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Peppino l’ho incrociato per un periodo troppo breve. All’inizio degli anni ’70, “Centro d’iniziativa comunista Il manifesto per la Sicilia”, una campagna elettorale contro la mafia, meglio contro la borghesia mafiosa. Piazze piene, pochi voti. Impastato, nella sua auto biografia, ricorda la nostra “cocente delusione”. Mi disse poco dopo : “non basta la propaganda. Io vado a farla davvero la lotta alla mafia, nel mio paese, a Cinisi”. Non ero d’accordo, soli si perde. E non immaginavo, allora, del padre mafioso. Se lo avessi saputo, lo avrei implorato : non andare a morire! Era un ragazzo generoso e ostinato. Si legò a Lotta Continua, “praticare l’obiettivo” si diceva e a Mauro Rostagno. Io non so se sia fortunata la terra che ha bisogno di eroi. So che gli eroi vanno rispettati e onorati. Per questo chiedo a tutti di sostenere l’appello del fratello di Giuseppe Impastato. Non si cancelli il casolare dove fu torturato e ammazzato. Se ne faccia un luogo della memoria. I nostri figli e i figli dei nostri figli devono sapere che nel 1978 cercarono di far passare Peppino per un terrorista, il giorno in cui fu trovato il cadavere di Aldo Moro. Devono sapere che Stato e Mafia, avvinghiati nella vergogna, volevano che il disonore cadesse su di un ragazzo che aveva detto no al padre e alle regole dell’onorata società. No, a un sistema che gli suggeriva: divertiti ma non toccare i santi. E il santo dei santi a Cinisi si chiamava Totò Badalamenti.


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