La7, trattativa in esclusiva con Cairo.
A rischio l’autonomia editoriale della rete?

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“Sono fuori e lontano dalla politica di Silvio Berlusconi, non mi ha mai visto nei convegni di Forza Italia e non mi vedrà” “Non so se venderanno La7 a me, ma penso di sapere esattamente cosa fare, e come. E di poter garantire solidità finanziaria e nessuna ombra sulla linea editoriale: Mentana e Santoro per me sono inamovibili”.”Mi infastidisce quando leggo che sono l’amico di B., il berluschino che tira via La7 alla democrazia per riporla nelle mani del tycoon onnivoro”. Così l’imprenditore torinese Urbano Cairo il 7 febbraio in un’intervista ad Antonello Caporale sul “Fatto Quotidiano”.

Ieri il cda di Telecom Italia ha approvato l’avvio di “una fase di negoziazione in esclusiva con Cairo Communication per le cessione dell’intera partecipazione in La7 srl, con l’esclusione della quota di Mtv Italia (51%) detenuta dalla stessa La7”. Lo ha reso noto lo stesso Gruppo Telecom.

La 7 – ha scritto alcuni giorni fa sul sito di Articolo21 il segretario Fnsi Franco Siddi – per la sua anima identitaria e per la sua cultura professionale, è una realtà di interesse pubblico che opera in un settore delicato e strategico della vita civile e democratica del Paese. Non si capisce proprio – e sicuramente ciò alimenta inquietudine per le sorti di un sistema radiotelevisivo italiano, per il pluralismo e per la sua libera competizione – la prospettiva che Telecom vada con frettolosità a disfarsi dell’emittente. Non sfuggono a nessuno le manovre, non sempre trasparenti, per ottenere il controllo di un ‘asset’ importante del sistema televisivo italiano”. Quelle di Siddi sono le nostre stesse preoccupazioni.

Sarebbe davvero paradossale – affermano il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti e il senatore Pd Vincenzo Vita – nella stagione nella quale tutti annunciano una legge sul conflitto di interessi, si dovesse invece assistere, inerti o complici, ad una ulteriore e devastante espansione della anomalia italiana. Non si tratta di affari loro, perché da un’operazione di questa natura potrebbe derivare una sostanziale riduzione del pluralismo dell’offerta ed un colpo mortale alla attuale esperienza editoriale che ha garantito una ventata di libertà in un sistema chiuso e melmoso”.

“Giudichiamolo a posteriori – ha scritto Alberto Guarnieri nel suo blog sull’Huffington Post Italia – sperando sinceramente che non faccia la fine di un altro signore che non era servo di Berlusconi ma voleva essere come lui. Uno che aveva anche lui una squadra di calcio, una tv (Tmc, cioè sempre La7, il cinema e tante altre cose. Che si chiamava e si chiama Vittorio Cecchi Gori, ancora pochi giorni fa condannato per l’ennesimo crack della sua carriera…”


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