Giornalismo sotto attacco in Italia

Le “spine” lasciate dal torturatore Almasri hanno a che fare (anche) col diritto all’informazione

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Che l’accompagnamento con aereo di Stato di Osama Almasri Njeem in Libia e relativa procedura potessero diventare un caso ispido per il Governo italiano lo si era capito praticamente subito dopo al diffusione della foto sorridente del criminale, torturatore di bambini, che scende dalla scaletta. Adesso però c’è da spiegare anche dell’altro e in particolare i contenuto della mail con cui il capo di gabinetto del Ministro della Giustizia, ossia la giudice Giusi Bartolozzi, invitava ad usare per le comunicazioni l’app di messaggistica criptata Signal. Perché? Ma soprattutto perché la notizia dell’arresto del torturatore libico era stata comunicata a lei, e subito girata al ministro, domenica 19 gennaio, male carte erano arrivate solo il giorno dopo? E la valutazione era stata rinviata al momento dell’arrivo dei documenti. Il successivo 22 gennaio Almasri è stato liberato, stante l’ordine di arresto della Corte Penale Internazionale per crimini commessi su bambini e altro. Ora ci sono un po’ di dati concreti si questa storia e sono contenuti nella richiesta di autorizzazione a procedere inviata dal Tribunale dei Ministri alla Camera e afferente il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro Matteo Piantedosi e il guardasigilli Carlo Nordio.

“Appare verosimile – si legge nel documento – che l’effettiva e inespressa motivazione degli atti e delle condotte tenute tanto dal ministro Nordio, nel decidere di non dar corso alla richiesta di cooperazione della Cpi relativa sia all’arresto che al sequestro, quanto dal ministro Piantedosi, nel decretare l’espulsione dal territorio dello Stato, ed infine dall’Autorità delegata Mantovano, nel richiedere il volo Cai per l’accompagnamento in patria, sia da rinvenirsi, piuttosto, nelle preoccupazioni palesate dal Prefetto Caravelli, nell’ambito delle riunioni intercorse tra i vertici istituzionali, riferite a possibili ritorsioni per i cittadini e gli interessi italiani in Libia derivanti dal mantenimento in vinculis di Almasri… Il decreto di espulsione emesso dal ministro dell’Interno nei confronti dell’Almasri” è “motivato in relazione alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”, ma ha portato “ad un risultato paradossale, vale a dire ricondurre il ricercato Almasri, libero, lì dove avrebbe potuto continuare a perpetrare condotte criminose analoghe a quelle di cui era già accusato. Ne consegue che l’atto amministrativo, per come motivato, risulta viziato da palese irrazionalità e, come tale, illegittimo… Contrariamente a quanto sostenuto dal ministro Nordio, sia in Parlamento che nella memoria, la legge, pur conferendo a lui il compito di curare in via esclusiva i rapporti dell’Italia con la Cpi (Corte penale internazionale ndc) e di dare impulso alla procedura, non gli attribuisce alcun potere discrezionale (…) ma, anzi, lo investe della funzione di garante del buon esito della stessa… Posto che tanto la legge di ratifica dello Statuto della Cpi, quanto la legge di attuazione e recepimento della convenzione sulla tortura pongono a carico degli Stati parte l’obbligo rispettivamente di arrestare e di estradare chi sia destinatario di un mandato di arresto di un Tribunale internazionale, a seguito del provvedimento della Corte d’Appello di scarcerazione, l’Almasri non avrebbe mai potuto essere espulso, né tanto meno accompagnato in patria su disposizione di due alte cariche dello Stato, quali il ministro dell’Interno Piantedosi e il sottosegretario Mantovano, ciò risolvendosi in una chiara violazione delle citate norme internazionali pattizie… Sia i ministri Nordio e Piantedosi, sia il sottosegretario Mantovano erano perfettamente consapevoli del contenuto delle richieste di cooperazione inviate dalla Cpi e, in particolare, del mandato di arresto spiccato nei confronti dell’Almasri. Non dando corso a tali richieste il primo, decretando il secondo la formale espulsione del ricercato con un provvedimento (…) viziato da palese irrazionalità e disponendo il terzo l’impiego di un volo Cai che ne ha assicurato l’immediato rientro in patria, hanno scientemente e volontariamente aiutato il predetto a sottrarsi alle ricerche e alle investigazioni della Cpi”. L’autorizzazione a procedere riguarda i contestati reati di omissione di atti di ufficio per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, concorso in favoreggiamento per i ministri Matteo Piantedosi e Nordio e per il sottosegretario Alfredo Mantovano, concorso in peculato per Piantedosi e Mantovano.

Al netto di ogni considerazione politica questa è una storia giudiziaria che dice due cose: non è stato rispettato un ordine di arresto e ciò è grave se inserito nel contesto di regole internazionale cui l’Italia (ancora) aderisce; e si è perlomeno tentato di nascondere una parte della vicenda all’opinione pubblica pur trattandosi di un caso di rilevante interesse collettivo. Si sostiene peraltro negli atti che ciò sarebbe avvenuto al fine di evitare problemi si cittadini e interessi italiani in Libia.

(Nella foto Osama Almasri Njeem)


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