Srebrenica, a trent’anni dal genocidio

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Quest’anno ricorre il trentennale del genocidio di Srebrenica: mentre ancora si tumulano i resti delle vittime di allora, sopravvissuti, familiari delle vittime e cittadini da tutto il mondo si preparano a commemorare quel drammatico evento marciando per la pace.

Tra coloro che quest’anno troveranno pace al cimitero del Memoriale di Potočari  a Srebrenica il prossimo 11 luglio, c’è anche una donna: Fata Bektić, di 67 anni. I primi resti di questa vittima del genocidio perpetrato nel luglio 1995, sono stati trovati in una fossa comune 26 anni dopo la sua morte. Verranno tumulati solo ora, perché i familiari volevano si ritrovassero altre parti del corpo.

Nel luglio del 1995 a Srebrenica più di ottomila cittadini bosniaco-musulmani vennero trucidati per mano delle truppe serbo-bosniache di Ratko Mladić, nonostante la cittadina della Bosnia orientale fosse stata dichiarata “zona protetta” dall’aprile 1993 in base alla Risoluzione 819 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I cui corpi delle vittime del genocidio vennero poi occultati in fosse comuni anche molto distanti tra loro.

Delle ufficiali 8372 vittime del genocidio di Srebrenica, mancano all’appello ancora un migliaio di persone. In caso di resti già identificati tramite l’analisi del DNA, alcuni familiari preferiscono aspettare per la tumulazione, nella speranza di ricostruire gli scheletri dei loro cari allora occultati in fosse comuni primarie, secondarie, terziarie… Mentre per altri o non si è trovato ancora alcun resto, oppure giacciono senza un nome nei centri di identificazione.

Accanto a Fata verranno tumulati due giovani di 19 anni, Senajid Avdić e Hariz Mujić, accanto a Hasib Omerović (34), Sejdalija Alić (47), Rifet Gabeljić (31) e Amir Mujčić (31). I resti di queste persone sono stati esumati negli anni passati in diverse fosse comuni nelle zone di Liplje, Baljkovica, Suljići, Kameničko brdo e nella maggior parte dei casi di loro verranno tumulate l’11 luglio solo poche ossa.

La cerimonia avverrà al cimitero del Memoriale di Potočari, a pochi chilometri da Srebrenica di fronte alla ex-base del battaglione olandese dell’Onu che nel 1995 doveva difendere la zona protetta di Srebrenica e abbandonò invece la popolazione civile al proprio destino.

Dall’anno scorso, l’11 luglio è stata decretata  dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite “Giornata internazionale di riflessione dei Genocidio di Srebrenica”. Una Risoluzione, votata nel maggio del 2024, che l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha dichiarato importante, “ancora più alla luce del persistente revisionismo e della negazione del genocidio di Srebrenica. Ma anche dei discorsi di odio da parte di leader politici di alto livello in Bosnia Erzegovina e nei Paesi vicini”.

Alla commemorazione di venerdì 11 luglio, che ricade nel trentennale del genocidio, si prevede l’arrivo di migliaia di persone, tra rappresentanze politiche locali e internazionali, familiari delle vittime e superstiti. Tra questi, anche i quasi cinquemila che parteciperanno alla “Marcia della pace”.

La “Marš mira  ” (Marcia della pace) si svolge ogni anno lungo un tratto in senso contrario alla fuga tra i boschi di migliaia di persone che da Srebrenica, per scampare alle truppe di Mladić, hanno tentato di raggiungere il territorio “libero” di Tuzla controllato dall’Armija BiH. Bombardati e presi di mira dai militari serbo-bosniaci, in maggioranza sono stati uccisi durante il cammino.

Tra i “marciatori” di quest’anno, anche molti italiani, oltre a persone di diversi paesi europei che, accanto a superstiti e familiari delle vittime, partiranno l’8 luglio da Nezuk (comune di Sapna), seguendo un cammino di circa 100 km con tappe giornaliere di circa 30 km per arrivare il 10 luglio al Memoriale.

Secondo il rapporto dell’Istituto per le persone scomparse pubblicato a febbraio scorso  , a quasi tre decenni dalla fine della guerra in Bosnia Erzegovina risultano scomparse ancora 7.601 persone sul totale di 29.888 di cui si è verificata l’identità.

Un processo di ritrovamento che con il passare del tempo risulta sempre più difficile, rendendo impossibile ai familiari elaborare il lutto, lenire almeno in parte il dolore e la ferita rimasta aperta per decenni e avere una tomba su cui piangerli.

(Da https://www.balcanicaucaso.org)


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