Il “problemino” dell’Italia ad attuare il regolamento comunitario

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La competenza a controllare che gli Stati membri rispettino gli obblighi ad essi posti dal diritto dell’Unione – tra i quali l’attuazione di una direttiva entro il termine da questa previsto – è affidata alla Commissione europea. Ad essa spetta verificare il corretto adempimento e, nel caso, il potere di avviare una procedura (“procedura di infrazione”) che può portare ad una sentenza della Corte di giustizia e anche ad una sanzione pecuniaria nei confronti dello Stato inadempiente. Anche uno Stato membro può avviare la procedura nei confronti di un altro Stato membro ma si tratta di casi rarissimi; è infatti la Commissione che avvia la quasi totalità dei procedimenti. Al momento sono pendenti nei confronti dell’Italia 64 procedimenti di infrazione per inattuazione di diversi obblighi e in vari stadi del procedimento (dati 18 giugno 2025).

L’avvio del procedimento è dato da una lettera (“lettera di contestazione”) che la Commissione invia al governo dello Stato membro; questo ha due mesi di tempo per replicare presentando proprie osservazioni. Se la Commissione non ritiene soddisfacenti le osservazioni eventualmente presentate dal governo e intende portare avanti il procedimento, adotterà un atto (“parere motivato”) con il quale, ribadito l’addebito già contestato, fissa un termine entro il quale lo Stato deve mettersi in regola. Qualora tale termine non sia rispettato, la Commissione può proporre ricorso alla Corte di giustizia; questa dichiarerà, con una sentenza, la violazione da parte dello Stato membro degli obblighi ad esso posti e, qualora l’inadempimento persista, potrà, con una ulteriore pronuncia, comminare nei confronti dello Stato una sanzione pecuniaria (che comprende una somma forfettaria e una penalità commisurata al ritardo nell’adempimento). Quando lo Stato membro ometta di comunicare alla Commissione le norme nazionali adottate al fine di attuare una direttiva il procedimento è più breve e consente già con la prima sentenza di infliggere allo Stato una sanzione; si presume, infatti, che la mancanza di una comunicazione relativa all’attuazione sia indicativa di una situazione di inadempimento.

La procedura di infrazione incontra due limiti. Anzitutto la durata del procedimento che può richiedere tempi anche assai lunghi prima di giungere alla sentenza. Tuttavia, la prospettiva di una (futura) sentenza di condanna può costituire una forma di pressione politica nei confronti dello Stato inducendolo a provvedere prima che tutto l’iter previsto per il procedimento sia posto in essere. Il secondo limite consiste nella piena discrezionalità della Commissione, alla quale spetta decidere se avviare il procedimento, se portarlo avanti e con quali tempi. L’attenzione della Commissione può essere, però, sollecitata in vario modo: mediante le denunce che possono essere proposte da cittadini o associazioni attraverso il portale della Commissione europea (https://commission.europa.eu/about/contact/problems-and-complaints/complaints-about-breaches-eu-law-member-states/report-breach-eu-law-eu-country_it ) o mediante interrogazioni parlamentari che fanno presente alla Commissione la situazione di inadempimento e chiedono se e come essa intenda procedere. La violazione di obblighi posti dall’Unione da parte di uno Stato membro può anche essere oggetto di una petizione al Parlamento europeo (https://www.europarl.europa.eu/petitions/en/artcl/I+want+to+submit+a+petition+%21/det/20220906CDT10144 ); benché ciò non costituisca una forma di pressione diretta nei confronti della Commissione può tuttavia suscitare l’attenzione politica nei confronti della situazione di inadempimento. La commissione petizioni del Parlamento europeo può, tra l’altro, decidere di chiedere alla Commissione europea di condurre un’indagine preliminare su una petizione fornendo informazioni sulla conformità alla normativa dell’Unione oppure può far presente la questione alla rappresentanza permanente dello Stato membro interessato. È inoltre opportuno considerare che qualsiasi ulteriore informazione può rivelarsi utile affinché la situazione di inadempimento sia portata all’attenzione della Commissione giacché questa, come la Corte di giustizia ha riconosciuto, può utilizzare qualsiasi fonte per accertare la violazione: “la Commissione, che non dispone di propri poteri di indagine in materia, dipende in ampia misura dagli elementi forniti da eventuali denuncianti, da enti privati o pubblici, dalla stampa, nonché dallo stesso Stato membro interessato” (Commissione c. Italia, C‑297/08, 4 marzo 2010). Qualsiasi informazione può, infatti, aiutare la Commissione nell’esercizio della sua funzione di controllo, fornendo elementi utili a valutare la situazione di inadempimento e ad avviare o proseguire un procedimento di infrazione.


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