Granato (Potere al Popolo): Piantedosi ora spieghi

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 Giuliano Granato, portavoce nazionale di Potere al Popolo, in una lunga nota chiede spiegazioni sui motivi che hanno portato alla infiltrazione di ben cinque poliziotti nelle iniziative del partito. Questa il documento.

 

Per ben dieci mesi un giovane agente, a poco tempo dal suo giuramento, ha partecipato riunioni, manifestazioni di piazza, assemblee nazionali, volantinaggi, alla nostra vita quotidiana. Alla vita di un’organizzazione – un partito politico – fondamenta della nostra Costituzione.

In un’intervista a Fanpage (che ringraziamo) abbiamo raccontato le dinamiche dell’operazione: un giovane pugliese, studente fuorisede, decide di partecipare alle nostre attività politiche e sociali, in maniera estremamente precisa e assidua. Non mancava mai agli appuntamenti, eppure sfuggiva a qualsiasi momento di socialità coi suoi coetanei, a qualsiasi dettaglio sulla sua vita personale, attuale o pregressa. Profili social quasi vuoti, nessun legame costruito in mesi e mesi. Assai strano per un giovane di quell’età, tanto da insospettire proprio le persone che si trovavano più spesso in sua presenza.

A quel punto abbiamo deciso di approfondire la cosa. Facendo delle ricerche è venuta fuori la sua assunzione in Polizia, al termine del corso, con tanto di nominativo, data di nascita e punteggio. Come ricostruisce Fanpage, si tratterebbe di un agente figlio di poliziotto, con altri parenti in Polizia, entrato in servizio nel 2023. La sua presa di incarico sarebbe avvenuta due mesi dopo, a quanto riportato dai documenti del Ministero dell’Interno.

Per fugare dubbi su possibili omonimie, nella ricerca si è risaliti, attraverso alcuni sui contatti social, ad altri amici, anche loro poliziotti. E da lì ci siamo ritrovati online le foto del giuramento in Polizia, ma anche foto di feste ed incontri con altri colleghi. Tutti in divisa.

Mentre raccogliamo informazioni, arriva il 1°maggio. Alla fine della manifestazione cittadina, per puro caso, questa persona viene vista, da un nostro attivista, entrare in un ristorante e fermarsi a parlare per circa 15 minuti con delle persone vestite in giacca e cravatta ad un tavolo, in quello che ci è parso essere un momento di possibile scambio di informazioni.

A quel punto, alla luce di questi elementi, abbiamo allontanato il giovane, spiegandogli, ovviamente, che non era più gradito nei nostri spazi e nelle nostre attività quotidiane. Lui non ha provato nemmeno a chiedere spiegazioni, salvo poi effettuare una telefonata in un secondo momento, ad un attivista, e restare in silenzio buttando giù la cornetta quando gli è stato chiesto delle foto del suo giuramento…

Abbiamo ricostruito brevemente lo storico di questa vicenda perché confermerebbe un’operazione di spionaggio e infiltrazione di un partito politico che, se ordinata dal Governo, si configurerebbe come un attentato alla democrazia e alla sicurezza di tutta la cittadinanza perpetrato dalle più alte sfere dello Stato.

Pochi mesi fa, la pubblicazione dell’inchiesta di Fanpage “Gioventù Meloniana” svelava come tra i giovani di FDI fossero ancora attualissimi saluti romani, cori razzisti etc. Nei giorni successivi Giorgia Meloni dichiarò che “infiltrarsi nelle riunioni dei partiti politici è un metodo da regime”. In realtà se un giornale fa un’inchiesta su un partito politico, di regime non c’è nulla.

Ma che diciamo quando a infiltrare un’organizzazione democratica come un partito politico sono gli stessi apparati dello Stato? Non sono metodi da regime che mettono in questione l’operato dell’intero governo?
Giorgia Meloni crede sia consentito al Ministero degli Interni di infiltrare un partito politico?
Non crede, il ministro Piantedosi, che la situazione, se iniziamo a unire i puntini, sia piuttosto inquietante? Prima la notizia dello spionaggio tramite lo spyware Paragon a danno di giornalisti (Fanpage) e organizzazioni non governative (Mediterranea), ora l’infiltrazione di un partito politico. Dobbiamo pensare che questo Governo non è in grado di tollerare alcuna forma di dissenso al punto da dover ricorrere a metodi da regime?

Perché questa operazione? Chi l’ha decisa, pianificata, ordinata? Vogliamo davvero che il nostro Paese si trasformi in un regime autocratico?

Oggi è capitato a noi, ma non riguarda “semplicemente” Potere al Popolo, né un singolo consesso di attivisti e militanti. Questa storia riguarda tutti: riguarda l’idea di “democrazia” che hanno in mente gli apparati di Stato e di Governo, un modello di società sempre più reazionario, repressivo, autoritario.
Fenomeni di questo tipo non sono nuovi, purtroppo, nella memoria dei movimenti  in Italia e in tutto il mondo: operazioni che tentano di reperire informazioni, di distruggere e rallentare percorsi di lotta, di gettare discredito e isolare militanti e attivisti dal corpo vivo della società.

Di quale democrazia parliamo se lo Stato con le sue forze repressive ti entra in casa, ti spia, ti infiltra, mentre produce alla luce del sole i decreti sicurezza che criminalizzano e attaccano ferocemente le lotte sindacali, le realtà sociali e autorganizzate, il diritto al dissenso? Il quadro si fa più inquietante se pensiamo che lo stesso Decreto sicurezza che è andato ieri in approvazione definitiva, contiene una norma che potenzia le attività sotto copertura dei servizi segreti, consentendo agli agenti non solo di partecipare alle organizzazioni considerate dagli inquirenti eversive, ma anche di dirigerle e guidarle, persino arruolando nuovi membri. Nei fatti si è dato l’ok a operazioni di criminalizzazione e repressione molto sofisticate.

Tutte le nostre attività sociali avvengono alla luce del sole e coinvolgono migliaia di cittadini, tutte le rivendicazioni e le battaglie politiche a cui ci dedichiamo le portiamo avanti a testa alta.

Non siamo noi a doverci nascondere, è chi difende i privilegi dei potenti, chi protegge gli sfruttatori, chi soffia sui venti di guerra, giustifica un genocidio e vorrebbe silenziare qualsiasi forma di ribellione a doverlo fare.

Ecco perchè facciamo appello a tutte le compagne e i compagni, attiviste e attivisti, alle realtà che quotidianamente lavorano per migliorare la società in cui viviamo, e a chiunque abbia a cuore un minimo che si garantiscano le libertà di organizzarsi e dissentire collettivamente in democrazia, i fondamenti minimi di uno stato di diritto, chiedendovi di dare voce a questa notizia, di prendere posizione, di non far passare sotto silenzio quello che è accaduto e che può accadere ancora.

Uniti siamo tutto!


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