Umanità senza odio: la lezione di un operatore umanitario al servizio della sofferenza        

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“Dove sono i politici? Dove è l’indignazione della gente? Perché non gliene importa niente a nessuno di questa donna che morirà se il guanto al quale è aggrappata scivola giù? Perché siamo noi volontari a dovercene occupare? Vorrei urlare, ma non c’è tempo”. Questo il drammatico sfogo di Gennaro Giudetti  mentre da bordo della Sea Watch cerca di trarre in salvo una donna africana e il bambino che porta in grembo. Urlo di rabbia e di dolore raccolto  dalla giornalista e scrittrice Angela Iantosca che ha pubblicato la ricca, intensa, appassionata testimonianza del giovane operatore umanitario pugliese (è di Taranto) che dall’età di 19 anni ha scelto di mettersi a disposizione degli altri, di aiutare i più bisognosi e lo fa in giro per il mondo ormai da 15 anni.

Al racconto di un’intera vita dedicata all’altro Angela e Gennaro hanno voluto dare un titolo significativo “Con loro, come loro”. La presentazione del volume, edito dalle Paoline, giunto in tempi rapidissimi alla seconda edizione, avvenuta il 16 maggio nel Salone del Libro di Torino, ha ospitato un collegamento telefonico con Giudetti che in questi giorni sta vivendo quotidianamente la tragedia dei palestinesi di Gaza. Al telefono, dialogando con Angela Iantosca, ha rinnovato, quasi con le stesse parole, lo sfogo, l’urlo disperato lanciato mentre salvava la donna africana dalle onde del Mediterraneo. “Che lo chiamino come vogliono, se non vogliono chiamarlo genocidio. Lo definiscano massacro, sterminio ma mostrino di volersi occupare di questa tragedia resa ancora più drammatica dall’indifferenza e dalla disattenzione dell’Occidente. Che le popolazioni, visto che non lo fanno i governi, diano segnali forti di condanna di quel che sta accadendo”

E quel che sta accedendo non sono solo le decine di migliaia di morti massacrati dalle armi israeliane, sono anche tante ‘storie di donne e bambini in fuga’, come recita il sottotitolo di “Con loro, come loro”.

Altro che volontari al servizio dei mercanti di uomini. Nelle parole e nelle convinzioni di Gennaro Giudetti non c’è una sola parola d’odio. Anzi. Mette a disposizione dei lettori un’esperienza sorprendente che produce commozione e speranza. È quella che si vive nella Comunità di Pace, nel cuore della foresta colombiana. Subiscono attacchi, violenze, omicidi eppure non hanno alcun desiderio di vendetta. Ecco cosa ha dichiarato a Gennaro una delle fondatrici della Comunità: “Il mio nome è Brigida Gonzales, ho settantuno anni (…). Non è stato facile all’inizio. C’erano molti assalti, massacri, mentre noi stavamo costruendo una vita comunitaria in cui ci si occupava della costruzione delle case, degli anziani e si lavorava insieme(…). Quanta violenza, quanta sofferenza. Eppure tutto questo ci ha insegnato a fortificarci, a guardare la vita in modo differente. Perché la vita è bella e il mondo tanto grande: non si può pensare all’odio”. Parole di una donna alla quale hanno ucciso cinque dei nove figli, che nella Comunità fa da mamma, zia, nonna, per tutti i bambini che vi vivono.

E dalla Colombia all’inferno delle baraccopoli alla periferia di Nairobi, all’Albania, all’Ucraina, al Congo, allo Yemen, in Libano con l’Operazione Colomba Gennaro testimonia per conto della FAO quante vittime di violenze, soprusi, abusi, rapimenti, sopraffazioni hanno una sola, semplice richiesta: essere liberi e rispettati. E inoltre: “Chi vive nei campi profughi, che cosa chiede? Una vita in una casa! Ed è folle come pretesa?(…). Chi attraversa il mare che cosa vuole? Vivere senza rischiare ogni giorno di vedersi crollare addosso una casa, o senza perdere in ogni istante qualche diritto, senza che altri decidano al posto suo che cosa è giusto e cosa è sbagliato. È così  incredibile? È così lontano da ciò che desideriamo per noi stessi e i nostri cari?”

La straordinaria lezione di amore, solidarietà rispetto per l’umanità che ci viene data, senza alcuna enfasi, quasi con umiltà dalle parole di Gennaro e Angela, si chiude con parole che emozionano e fanno riflettere. Le ha raccolte Gennaro da Jean-Emile, un amico palestinese ‘che non c’è più’ e rappresentano mirabilmente le aspirazioni di un intero popolo martoriato: “Resistenza è guardare in faccia all’ingiustizia giorno per giorno. Resistenza è litigare con il tuo compagno per non aver fatto abbastanza. Resistenza è arrabbiarsi con se stessi per non aver dato abbastanza. Resistenza è impiegare due ore per accendere la stufa perché piove da giorni e la legna è tutta bagnata. Resistenza è utilizzare un sacco di plastica e una maglia per accendere la stufa. Resistenza è stare insieme intorno ad un fuoco scrutando nella notte i soldati con un cannocchiale. Resistenza è svegliarsi alle tre di notte  per andare in bagno e scoprire che alcuni militari dentro una camionetta ti stanno tenendo d’occhio…dall’alto. Resistenza è essere in due a fare cose che andrebbero fatte in sei. Resistenza è camminare. Resistenza è ascoltare canzoni di donne che inneggiano alla libertà di fronte a decine di soldati. Resistenza è cooperare per raggiungere un unico fine senza confini: la giustizia. Resistenza è fare tutto questo per amore”.


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