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Meloni fallisce insieme alla TrumpEuropa

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L'”eccezionale” Meloni (Trump dixit) ha fallito, com’era prevedibile, anche se non si sono ripetute le scene di bullismo allo stato puro cui avevamo assistito lo scorso 28 febbraio, quando Trump e Vance, con corifei al seguito, avevano maltrattato scientemente il presidente ucraino Zelens’kyj.
Non è accaduta la stessa cosa e non sarebbe potuta accadere, essendo l’Italia un paese del G7 e avendo ancora un discreto prestigio da spendere sul palcoscenico internazionale. Fatto salvo il doveroso anti-melonismo, infatti, bisogna stare attenti a non fornire una visione parodistica del nostro Paese. Non siamo una Nazione di terza fascia, non siamo così ridicoli come ci dipingiamo e, per fortuna, non siamo considerati tali, al netto del pessimo governo che ci rappresenta in questo momento. Le buone notizie, tuttavia, finiscono qui perché, come detto, Meloni ha fallito. Trump, al netto dei convenevoli, non le ha concesso nulla o quasi, ed era scontato.
Per il magnate newyorkese l’Europa non esiste, non è neanche un'”espressione geografica”. Lui non tratta: impone. Non si relaziona: ordina. Non discute: afferma d’imperio, ribadendo la propria autorità. Un’autorità in declino, certo, ma con la quale bisogna tuttora fare i conti, anche se ormai se la deve vedere con una Cina in ascesa e guidata dalla saggezza di un presidente, Xi Jinping, che oltre a sapere il fatto suo, ha capito da tempo che per conquistare la supremazia globale gli basta restare fermo e attendere sulla riva del fiume che passi il cadavere di un nemico mai come ora incline al suicidio.
Del resto, l’America è la globalizzazione. Senza di essa, semplicemente non esiste. La globalizzazione venne imposta al mondo dall’amministrazione Clinton, attraverso l’ingresso della stessa Cina nel WTO (l’organizzazione mondiale del commercio) e un processo di delocalizzazione delle industrie statunitensi che ha fatto arricchire i principali sostenitori del clan Clinton, salvo impoverire drammaticamente i settori operai della società, la famosa “Rust belt”, la cinghia della ruggine, che da quel momento in poi ha cominciato a voltare le spalle ai democratici. “Non ci deve sorprendere che un Partito Democratico che ha abbandonato la classe lavoratrice scopra che la classe lavoratrice gli ha voltato le spalle alle urne” ha affermato Bernie Sanders. Una sintesi perfetta, in linea con ciò che è accaduto in tutte le democrazie occidentali nell’ultimo trentennio.
Ebbene, in un contesto del genere, non si poteva neanche pretendere che Meloni andasse alla Casa Bianca e ottenesse chissà quali risultati. Acquisteremo ancora più gas e risorse naturali dagli Stati Uniti? È probabile. Ci ridurremo in una condizione di ulteriore vassallaggio? C’era da aspettarselo. D’altronde, l’Europa contemporanea è questa cosa qua: una comunità che ha rinunciato a essere tale, che ha abdicato ai suoi valori, che ha smarrito la strada e si è condannata a non avere un domani.
È un Continente in guerra con se stesso, assai prima che con la Russia di Putin, capace di avallare da tre anni una guerra per procura, di ripudiare ogni forma di diplomazia, di farsi egemonizzare dalla furia anti-russa dei paesi baltici e di trasformarsi in una succursale della NATO, salvo poi riscoprire la necessità di un’autonomia nel sistema di difesa, inattuabile in tempi brevi e possibile solo attraverso spese esorbitanti, a scapito del welfare e dei servizi per cittadine e cittadini.
Questa è la TrumpEuropa di cui la sovranista Meloni si è fatta interprete nello Studio Ovale, recitando alla perfezione il compitino e aprendo la strada a nuove forme di subordinazione. L’Europa dei De Gasperi, degli Schuman, degli Adenauer, degli Spaak, ma anche dei Prodi e dei Delors, l’Europa della pace, dei diritti e delle libertà, delle frontiere aperte e delle prospettive garantite a tutte e a tutti, in nome dei principî illuministi della Francia della Rivoluzione e dell’idea del “citoyen”, mai suddito di nessun monarca assoluto, quell’Europa è tramontata da almeno due decenni. Rimane il buio attuale e, con esso, una classe dirigente complessivamente inadeguata e una Presidente del Consiglio  italiana che interpreta a modo suo, cioè male, il ruolo scomodo che la storia le ha assegnato: quello di liquidatrice, insieme a Ursula von der Leyen, di un sogno nel quale in tanti avevamo creduto.

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