Sulcis: operai disperati, il governo pensa alle passerelle

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Meno di un mese fa quattro operai si issarono su una ciminiera della Portovesme SrL (gruppo svizzero Glencore) a 100 metri d’altezza per chiedere l’apertura di un tavolo di trattativa contro il rischio concreto di chiusura dell’attività produttiva delle fabbriche del gruppo. Urso, ministro delle imprese, promise di organizzare un incontro tra le parti e quegli operai accettarono di sospendere la loro protesta. L’incontro si è tenuto avantieri, ma è completamente fallito.
Così, da ieri, quattro operai si sono incatenati ai tornelli d’ingresso della Portovesme SrL e loro colleghi della Fonderia di San Gavino Monreale, che fa parte dello stesso gruppo, si sono accampati sul tetto della fabbrica – con il pieno sostegno del sindaco della città – perché la proprietà ha deciso che dal primo aprile saranno messi tutti in cassa integrazione a zero ore. I dipendenti della fonderia sono circa 200, ma tutti gli operai del gruppo, in totale oltre 1.400, rischiano la stessa sorte.
Né l’ex solerte ministro Urso, né quella del lavoro, Calderone, questa neppure in nome, quanto meno, della comune corregionalità con gli operai, stanno mostrando particolare attenzione per questo dramma che colpisce l’intero territorio del Sulcis. Tutto questo mentre due loro colleghi di governo sono venuti in passerella in Sardegna a fare altre promesse, oltre a quelle di Calderoli sulla Autonomia Differenziata.
La Bernini, dopo aver partecipato all’inaugurazione degli anni accademici degli atenei di Cagliari e Sassari, ha visitato la miniera di Sos Enathos, nel territorio di Lula, in Barbagia, per la quale è stato presentato l’ambizioso progetto di ospitare l’Einstein Telescope, straordinario osservatorio del cosmo. La Bernini ha assicurato che il governo sosterrà la candidatura sarda, in contrapposizione ad un progetto analogo presentato dall’Olanda.
Altra clamorosa promessa l’ha fatta Raffaele Fitto, che ieri era a Cagliari. Ha dichiarato che nell’affrontare l’esame del PNRR si terrà conto delle richiese sarde. Un mare di promesse mentre cresce quotidianamente la disperazione degli operai e delle loro famiglie. Classe operaia che opera in uno degli ultimi presidi industriali della Sardegna che dal 1995 ha subito una massiccia deindustrializzazione, senza alcun intervento di possibili riconversioni.
Oggi, secondo un studio del professor Gianfranco Bottazzi, socio-economista, l’economia sarda si regge per l’80 per cento su diverse strutture di servizi, per il 4 per cento sull’agricoltura, per il 2 per cento sulla pastorizia. Come fa un governo in carica a non affrontare con determinazione una situazione tanto grave?
Si aggiunge così, in modo estremamente palese, anche se ancora tenuto sotto traccia dalla stampa, il tassello mancante alla devastante azione di questo governo che non solo attacca i diritti civili, la libertà d’informazione, la Costituzione, l’antifascismo, il rispetto del desiderio di diventare madre e padre anche nelle condizioni più avverse, che falsifica i risultati degli incontri europei per privilegiare la propaganda, ma dimostra anche di non voler prestare alcuna attenzione alle sofferenze sociali e occupazionali del Paese.
Nel dibattito su cos’è oggi la destra e su cos’è oggi la sinistra, basterebbe osservare quali interventi verranno scelti: una tassazione che favorisca i ricchi, o un programma di assistenza, non di assistenzialismo, che aiuti il crescente numero di poveri, disoccupati, inoccupati? Lo smantellamento di alcuni sacri principi della Costituzione antifascista, o il pieno loro rispetto in nome della Repubblica Democratica nata con il referendum del 46 e la successiva Carta Costituzionale?
Due domande semplici, alle quali se ne possono aggiungere molte altre per cominciare ad operare dei distinguo rispetto alla propaganda di Giorgia Meloni e della sua coorte di pretoriani che opera una consistente, a volte efficace, operazione di distrazione di massa.


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