Piero Angela, il giornalista che smascherava le fake news quando ancora non esistevano.

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Dire che Piero Angela è stato il più straordinario divulgatore televisivo al pari del mitico David Attenborough della BBC, è solo parzialmente vero perché Piero è stato molto di più; infatti, mentre Attenborough è rimasto confinato nel regno delle scienze naturali, Angela, in controtendenza rispetto alla storica separazione tra cultura umanistica e scientifica, insegnava a riconoscere la comune radice delle due culture. Fedele a quella tradizione che va dall’Umanesimo all’Illuminismo, egli metteva sullo stesso piano le arti e le scienze, facendole dialogare tra loro in una sorta di circolo virtuoso.

Il rischio cui va incontro il divulgatore che opera nei mass media è la semplificazione, cioè un’eccessiva riduzione della complessità che sconfina nella banalizzazione. Ma il compito che Piero si era dato non era tanto semplificare quanto chiarificare, rendere chiaro quel che è oscuro, rendere comprensibili eventi, teorie, processi e leggi della natura presentandoli come dilemmi da sciogliere e non come asserzioni. Piero associava al rigore dell’argomentazione razionale l’inventiva e la suggestione. Faceva ricorso ai cartoni animati di Bozzetto per spiegare i concetti più astratti ed esemplificava una scoperta con un’illuminante sequenza tratta da un film storico; ma il tocco magico stava nel linguaggio, in quel modo sobrio di descrivere e raccontare accessibile a milioni di persone indipendentemente dal loro livello di scolarità e di competenza.

Non a caso, quando gli chiedevano del suo modo di comunicare, amava dire: “Il grande lavoro di chi fa informazione scientifica è quello di tradurre dall’italiano all’italiano”.

Di tutti i meriti che vanno riconosciuti a Piero Angela ve n’è uno che ha assunto, nel tempo, un rilievo straordinario: l’impegno e la passione civile nel contrastare con la forza della ragione e con rigore cartesiano, argomentazioni fallaci e sedicenti teorie medico-scientifiche. Valga per tutte, la battaglia che condusse con appelli e inchieste contro il “Metodo Di Bella”, una terapia non convenzionale contro il cancro, priva di evidenza scientifica: una gigantesca bufala che, alla fine degli anni novanta, mobilitò e sconvolse l’intero paese anticipando quel clima di disorientamento, di discredito delle istituzioni e teorie del complotto che diverranno pane quotidiano con la nascita dei social network dieci anni dopo.

Esporsi in prima persona in quella battaglia, non fu cosa da poco se si pensa che – grazie soprattutto all’irresponsabilità, già imperante, dei talk show – si arrivò al punto in cui l’85 % degli italiani si dichiarò favorevole allo sciagurato metodo Di Bella. Questa puntigliosa verifica dei fatti su basi riscontrabili è stato il leitmotiv di tutta la sua opera di divulgazione; da questo punto di vista possiamo considerare Piero Angela il precursore del fact-checking, molti anni prima che neologismi come fake-news e post-verità fossero inventati.


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