Le vie dell’Eden, l’ultimo romanzo di Eshkol Nevo edito da Neri Pozza

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Scritto durante la forzata reclusione della pandemia, Le vie dell’Eden, ultimo romanzo di Eshkol Nevo edito da Neri Pozza, torna alla modalità narrativa già sperimentata in Tre piani e continua la ricognizione delle presunte verità che l’uomo si racconta per non soccombere e delle colpe mai confessate che rendono sanguinosa l’esplorazione dell’Io.

Tre racconti lunghi in cui le vicende di tre personaggi, giunti ad una sorta di resa dei conti con la propria natura e con le proprie scelte, corrono su binari differenti fino a convergere per brevi istanti o in incontri casuali. Persuaso dalla felice esperienza di Tre piani, l’autore segue l’impulso di assecondarne la forza ipnotica e dirompente, ma nel farlo rinuncia all’effetto novità e smussa la solidità dell’architettura della narrazione, resa esplicita e coesa dalla palazzina borghese di Tel Aviv e dal suggerimento delle tre istanze freudiane, del precedente romanzo. Qui invece è la Bolivia, che racchiude in sé i semi della morte e della rinascita, l’esile punto di contatto delle prime due storie, mentre i loro protagonisti entrano di sguincio nel terzo racconto. Freud o comunque la tentazione psicanalitica non sono lasciati fuori dalla porta perché la confessione e la scrittura di sé restano gli strumenti privilegiati di conoscenza.

Gli accadimenti, attraversati da una moderata corrente di inquietudine, sono comunque trascinanti, perché in sostanza ciò che affascina in Nevo non è l’impalcatura che di volta in volta decide di costruire nei propri testi, ma l’indagine condotta su personaggi che si siedono davanti al tribunale della propria coscienza e che, in questo caso, sono chiamati a difendersi da accuse precise e concrete che arrivano inaspettate come frustate su corpi nudi e inermi.

Omri, un giovane musicista, alto e bello come un vichingo, si ritroverà accusato di complicità in un omicidio; il dottor Asher Caro, un anziano primario vedovo e padre di due figli, dovrà difendersi da accuse di molestie sessuali; una donna, testimone della scomparsa del marito, dovrà dimostrare di non esserne la causa.

Nessuno di loro è colpevole, ma, alla luce di quanto raccontano, neanche totalmente innocente. Bisogna dunque individuare il punto di rottura dell’equilibrio, il momento in cui si capisce che niente potrà più essere come prima e lo scavo dei personaggi apparirà di conseguenza proporzionato alla gravità delle accuse.

Omri, durante un viaggio in Bolivia che rappresenta l’esigenza di assestamento interiore dopo un divorzio che gli ha lasciato ricordi agrodolci e una figlia molto amata, vive la brusca svolta durante l’incontro casuale con una coppia in luna di miele attraverso il pericoloso coinvolgimento erotico e affettivo ottenuto dalla giovane sposa divenuta subito dopo vedova; invece il dottor Caro, per comprendere l’attrazione magnetica provata per una giovane specializzanda, deve ripercorrere a ritroso la relazione con la moglie adorata e cercare l’origine di quello che lui interpretava come istinto di protezione in un atto compiuto molti anni addietro e sepolto nella sua memoria. Allo stesso modo, la donna, rimasta sola e scombussolata ad aspettare invano il ritorno del marito scomparso durante la consueta passeggiata nei frutteti, è costretta a scoperchiare ipotetiche responsabilità delle quali rispondere anche ai propri figli.

Per tutti loro il rientro alla normalità, se tale si può definire ciò che ha subito strappi e lacerazioni, potrà avvenire a costo di dolorose rinunce e di una nuova definizione di ciò che può restituire senso alla quotidianità.

La tradizione ebraica da una parte, presente nell’ultimo episodio tramite l’allusione precisa al Pardès, il giardino dell’Eden di cui si parla nel Talmud, e le istanze di diverse generazioni in bilico tra vecchio e nuovo sono vissute con intensità da un autore molto amato che sa rovistare negli agguati e nelle strettoie di pulsioni non domabili, di giustificazioni logiche atte a tacitare i sensi di colpa, di menzogne lucide indispensabili alla sopravvivenza.

Le vie per l’Eden si mostrano con il loro carico di seducenti richiami e sembrano indicare con chiarezza la strada da percorrere, ma qual è l’Eden che i personaggi di Nevo cercano, quello verso il quale tutti gli esseri umani tendono con la speranza di potervi entrare o quello che ci si è lasciati alle spalle senza averlo riconosciuto? Accade spesso di provare rammarico per le cose a portata di mano che non sono state afferrate, per le parole non pronunciate che bruciano in gola come acido corrosivo, per le fughe del cuore che sono state percepite come bisogni insopprimibili, ma se è vero che il tempo non si srotola al contrario è anche vero che prendere coscienza di ciò che non abbiamo visto o compreso aiuta a sintonizzare mente e corpo in direzione di nuove onde emotive.

Come sempre in Nevo, le parole si poggiano semplici e chiare sulle pagine ma senza ombra di banalità, i dialoghi scorrono agili senza il virgolettato, le interrogative dirette piovono fluide senza l’urgenza delle risposte. Per esse è sufficiente la complicità del lettore che determina, tramite la propria empatica adesione, la riuscita del gioco avviato dall’autore. Gioco senza vincitori, come la vita di ogni essere umano in grado di guardarvi dentro senza inganni.

Eshkol Nevo
Le vie dell’Eden
Neri Pozza editore, Vicenza, 2022
pp. 248
€ 18,00

Le vie dell’Eden, l’ultimo romanzo di Eshkol Nevo edito da Neri Pozza


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