80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

La terra dei fuochi si è risvegliata. E minaccia giornalisti e magistrati

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Ogni 19 marzo, nel giorno dell’anniversario dell’uccisione di don Peppe Diana, discretamente e senza clamore, si reca in chiesa a Casal di Principe, per rendere omaggio ad un ‘eroe senza tempo’ che per ‘amore del suo popolo’ ha combattuto, pagando con la vita, un sistema sociale dove violenza e soprusi erano la regola. Cesare Sirignano è uno dei magistrati che, all’interno della DDA di Napoli, si è occupato della cosiddetta ‘area casalese’ insieme a Federico Cafiero De Raho, Catello Maresca, Giovanni Conzo, Antonello Ardituro, per anni ha combattuto i crimini più spietati. Un pool che ha sacrificato vita personale, affetti, amicizie per restituire legalità e serenità alla gente perbene che vive e lavora nella ‘Terra dei Fuochi’. Un’opera certosina che ha portato all’arresto di boss indiscussi di caratura e di spietati assassini: uno per tutti Giuseppe Setola, il killer che si è macchiato di morti atroci. Un ‘pool’ che ha consegnato allo Stato un territorio nuovo, pieno di speranze, di iniziative finalizzate alla tutela dei deboli e delle persone fragili. Come una piantina appena germogliata, la ‘Terra dei Fuochi’ avrebbe dovuto essere curata, accudita, tenuta al riparo. Oggi, a distanza di dieci anni, da quell’attività unica e senza precedenti nella storia della magistratura italiana e seconda solo al maxi processo di Palermo, tutto sembra essere stato vano. Nella ‘terra dei Casalesi’ si è tornati a sparare, ad incendiare, a minacciare. E tutto questo nel silenzio assoluto. Le offese, le ingiurie fatte nei giorni scorsi oltre che alla giornalista Marilena Natale anche agli ex magistrati della DDA, Cesare Sirignano e Catello Maresca, segnano il limite di un punto di non ritorno. Sirignano, che oggi è magistrato nella Procura di Napoli Nord, viene additato come la causa dell’arresto di persone definite ‘galantuomini’ ma che attualmente sono in regime di 41 bis e che hanno costretto lo Stato a mettere sotto scorta di magistrati che hanno firmato gli ordini di arresto. Tra questi proprio Cesare Sirignano che oramai da 12 anni trascorre la sua esistenza sorvegliato a vista da personale coraggioso e con grande spirito di abnegazione. “Tutti i giorni nel territorio casertano e della provincia di Napoli vengono commessi reati di ogni genere: spaccio di droga, incendi, estorsioni, sparatorie, minacce e violenze sulle donne. Fatti preoccupanti dopo un lunghissimo periodo di relativa tranquillità quanto meno sotto il profilo delle azioni con armi da fuoco, omicidi e incendi. L’indebolimento delle organizzazioni camorristiche tradizionali con la conseguente perdita del controllo totale del territorio, ha determinato un aumento dei reati comuni ed un incremento della quantità di lavoro e di procedimenti per gli uffici giudiziari di Napoli nord che vivono in una situazione a dir poco drammatica, malgrado gli sforzi e l’impegno di tutti che ho potuto constatare nel pur breve periodo di mia permanenza in quegli uffici. Non si parla abbastanza di questa escalation ed il silenzio mi preoccupa e mi riporta al passato. Il fatto che si manifesti odio e rancore nei confronti di giornalisti e magistrati antimafia significa che il colpo per le organizzazioni è stato duro, ma anche che la mafia è ancora viva, spavalda e spregiudicata e potrebbe tornare ad essere potente come prima approfittando del difficile momento di emergenza e della mancanza di soluzioni per uno sviluppo economico ed occupazionale del territorio. Bisogna intervenire con tempestività e dare ancora speranza alle persone perbene che vogliono liberarsi definitivamente di questo cancro”.

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