“Nel 2022 fermare la ‘caccia al cronista'”. Intervento del Presidente Carlo Bartoli

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Il 2021 passerà alle cronache del giornalismo italiano come l’anno della caccia al cronista. Nei primi nove mesi dell’anno, l’Osservatorio istituito presso il Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno ha già censito un numero di casi di intimidazioni, aggressioni o minacce pari al numero registrato nell’intero 2020. Chi pensava che il 2020 fosse un anno anomalo, caratterizzato dalle tensioni derivanti dai lunghi mesi del confinamento, è stato smentito. Di male in peggio. Con punte di assoluto allarme in alcune regioni, Lazio e Toscana in testa. Il lavoro dell’Osservatorio è meritevole, anche perché i casi segnalati sono stati verificati puntualmente dalle forze dell’ordine e quindi rappresenta un termometro fedele, anche se forse sottostimato, del fenomeno. Alla sottovalutazione del fenomeno, che riporta alla memoria periodi infausti della storia italiana, concorre, per fortuna, almeno una circostanza positiva: le minacce, le intimidazioni, le aggressioni non si sono spinte ancora oltre il limite di non ritorno. In sostanza, a mantenere la sordina al fenomeno ha contribuito il fatto che non c’è scappata la tragedia. Ma proprio per scongiurare la possibilità che quel limite possa essere davvero oltrepassato, che il confine oltre il quale viene messa in discussione la vita di chi fa informazione possa essere prima o poi varcato, occorre passare dal censimento del fenomeno alla reazione, dallo sdegno alle contromisure. Ecco, a testimoniare un adeguato impegno da parte delle forze dell’ordine e della magistratura nel contrastare lo squadrismo digitale e la violenza fisica, occorrerebbe censire anche il numero e l’esito delle iniziative di contrasto del fenomeno. Quanti provvedimenti sono stati presi dalle forze dell’ordine nei confronti di chi offende, minaccia e aggredisce chi fa informazione? Quanti procedimenti giudiziari sono stati avviati per punire gli autori di questi atti? 

Insomma, è ora di passare dal giusto e legittimo sdegno, dalla sacrosanta condanna morale alla persecuzione implacabile di chi si macchia di questi crimini. In passato è stato chiesto più volte al Parlamento di istituire un’aggravante per punire chi commette questi reati nei confronti di un giornalista, ma per ora pare che si sia ancora di fronte a un atteggiamento poco incisivo. Siamo convinti che sia venuto il momento di passare dalla condanna morale alla repressione rigorosa di questi crimini che non colpiscono semplicemente donne e uomini impegnati a raccontare quanto accade, ma che mettono in discussione il concetto stesso di libertà di informazione. Sarebbe triste pensare che il giornalismo non abbia bisogno solo di bravi professionisti, ma di eroi che mettono a rischio la propria vita e i propri affetti. L’Italia repubblicana nata dalla Resistenza e forgiata dalla Costituzione non ha bisogno di subire questa vergogna. L’auspicio è che il 2022 sia davvero un anno di svolta nella rigorosa risposta a questa inquietante deriva.

 


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