Somalia: per la disputa tra Farmajo e Roble elezioni in alto mare

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In qualche modo non stupisce che il Presidente uscente della Repubblica Federale di Somalia Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo (formaggio) ed il Primo Ministro Mohamed Hussein Roble siano arrivati ai ferri corti, anzi cortissimi, in quest’ultimo mese.

Farmajo continua ad esercitare i poteri presidenziali nonostante sia decaduto lo scorso 7 febbraio per lo spirare dei termini costituzionali assegnati alla sua carica (quattro anni dall’elezione del 2017) mentre già prima di lui erano decaduti per lo stesso motivo i parlamentari delle due Camere, Alta e Bassa. Farmajo ha sin qui provato in tutti i modi a legittimare la sua permanenza al potere sia ingaggiando un’estenuante battaglia sulle regole elettorali con i cinque Stati federati, sia supportando perfino la proroga biennale di tutte le istituzioni che una parte dei deputati aveva deliberato lo scorso 12 aprile. Sfiorato in tal modo il riaccendersi della guerra civile e suscitando l’insorgere della comunità internazionale, la proroga è stata (formalmente) ritirata e le parti belligeranti, con a capo i governatori del Puntland e del Jubaland contro Farmajo, sono tornati al tavolo delle trattative trovando la mediazione del Primo Ministro Roble che lo scorso 27 maggio portò i rivali a concordare sulla data delle nuove elezioni entro i successivi sessanta giorni: data a cui nessuno ha mai creduto, ma che disinnescava comunque la profonda criticità di quel momento. Nell’occasione Roble aveva assunto un ruolo di particolare visibilità anche agli occhi della comunità internazionale che lo ha evidentemente esaltato, confortato anche dall’iniziale successo delle prime tempestive nomine, a fine luglio scorso, dei senatori della Camera Alta proprio da parte di quegli Stati federati, Puntland e Jubaland, più accesi nel conflitto con Farmajo. Le successive nomine dei parlamentari, tuttavia, hanno cominciato a segnare il passo rispetto alla data del 10 ottobre indicata da Roble per concludere il processo elettorale generale ed è a questo punto che è scoppiato il caso di Ikram Tahlil Farah, una ragazza di 24 anni specialista di sicurezza informatica, membro della National Intelligence Service Agency (NISA), vista l’ultima volta a bordo di un’auto NISA il 26 giugno 2021 per incontrare presumibilmente il capo dei servizi segreti Fahad Yassin e i suoi vice.

Alla scomparsa della ragazza l’autorevole Voice Of America (VOA) ha dedicato un programma radiofonico lo scorso 2 settembre al quale erano invitati sia Qali Mohamud Guhad, madre della giovane, sia il colonnello Abdullahi Ali Maow, un ex funzionario dell’intelligence somala. Quest’ultimo ha ipotizzato che il gruppo terroristico Al Shabab fosse coinvolto nel destino di Ikran, mentre la madre ha affermato di ritenere che sua figlia potesse essere ancora viva e detenuta in un luogo clandestino escludendo il coinvolgimento di Al Shabab perché quando era stata rapita si trovava con persone dell’Agenzia si cui si fidava, definendo infine il coinvolgimento di Al Shabab “una cortina fumogena”. Le parole del colonnello Ali Maow sono poi state riprese da siti vicini alla NISA, ma l’ex direttore Generale dell’Agenzia, Abdullahi Ali Sanbalolshe, raggiunto da VOA, ha dichiarato che lo scorso luglio “alcune persone” gli avevano detto che Ikran aveva registrazioni su un programma che inviava segretamente reclute militari somale in Eritrea per addestrarsi. Invero, lo scorso giugno sono emerse accuse secondo cui quelle reclute somale (stimate 5.500 ed inviate ufficialmente come apprendisti pescatori già nel 2019) avrebbero combattuto, molti morendo, nel conflitto del Tigrai in Etiopia. È stato a questo punto che gli Al Shabab sono intervenuti sulla vicenda confermando di avere sempre nel mirino gli agenti segreti somali, ma affermando di non essere affatto coinvolti né nel rapimento né, tanto meno, nell’uccisione di Ikran.

I leader dell’opposizione hanno fatto pressioni sull’agenzia di spionaggio e sul Primo Ministro Roble per avere informazioni e chiarezza sulla scomparsa della ragazza e Roble lo scorso 16 settembre ha assunto l’iniziativa di destituire e denunciare alla Corte Marziale il capo della NISA Fahad Yassin, vicinissimo a Farmajo e ritenuto molto legato al Qatar e, quindi, anche alla Turchia che è stato il primo Paese ad aprire alla Somalia non appena avviata la fase della transizione nel 2012.

Al momento del deferimento alla magistratura militare deciso da Roble, Fahad Yasin si trovava, con destinazione Mogadiscio, a bordo di un volo della linea Turkish Airlines in transito a Gibuti e qui le autorità locali lo hanno fermato costringendo l’areo a tornare a Istanbul con tutti i suoi passeggeri. L’aviolinea ha dovuto programmare per il giorno successivo un nuovo volo per i passeggeri diretti a Mogadiscio, ma all’arrivo Fahad Yasin non era a bordo. Villa Somalia ha confermato l’incidente definendolo “illegale” e, riferendosi a Gibuti, ha affermato che “non aiuterà a rafforzare i legami tra i nostri governi”.

A capo della NISA, Roble ha nominato il Gen. Bashir Mohamed Jama, detto Gobe, che già aveva diretto l’Agenzia tra il 2013 ed il 2014 sotto l’allora Presidente Federale Hassan Sheik Mohamud che, a sua volta, si candida nuovamente alla carica nell’imminente tornata elettorale.

Preso atto delle mosse di Roble, Farmajo ha provveduto immediatamente a nominare a sua volta un altro capo della NISE mentre Roble ha dimissionato il Ministro della sicurezza nominando alla carica un noto oppositore di Farmajo. Lo scorso 16 settembre, Farmajo ha stabilito di sospendere i poteri esecutivi del Primo Ministro facendo specifico riferimento al divieto di procedere a nuove nomine, ma il provvedimento è stato contestato da Roble sulla scorta dell’art. 103 della Costituzione provvisoria adottata il primo agosto 2012 ed in base al quale: “ Tra la data delle elezioni generali e il giuramento del nuovo Primo Ministro, il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Consiglio dei ministri esistenti continueranno a servire in qualità di custodi per svolgere le funzioni di routine”.

Se così è, tuttavia, tra gli affari ordinari cui deve attendere il Primo Ministro in regime di prorogatio è difficile includere la destituzione del capo dei servizi segreti e del ministro della sicurezza sostituendoli a beneficio degli avversari di Farmajo con radicale alterazione degli equilibri interni tra le varie componenti del potere in Somalia. Sembra così essere evaporata la terzietà che Roble aveva sempre vantato nelle vicende somale.

Della distrazione di Roble, impegnato nella contrapposizione a Farmajo, hanno approfittato due esponenti di spicco del Somaliland: il Presidente uscente del Senato Abdi Hashi Abdullahi e il Vicepremier Mahdi Mohammed Gulaid. Domenica 19 settembre i due hanno programmato l’elezione dei circa trenta parlamentari che spettano allo Stato ribelle del Somaliland. Questo Stato si rifiuta di far parte della Somalia invocando la propria indipendenza sin dal 1991, ma senza aver mai ottenuto alcun riconoscimento internazionale, sicché i suoi parlamentari vengono eletti (scelti!) a Mogadiscio potendo incidere sulle maggioranze nelle due Camere.

Dal canto suo la comunità internazionale assiste sgomenta a questa complicatissima fase delle istituzioni somale.

Sabato 18 settembre, dopo che il giorno precedente c’era stata una riunione di emergenza a porte chiuse convocata su richiesta della Gran Bretagna, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha espresso in una nota profonda preoccupazione per la spirale in cui si sta avvolgendo la faida tra il Presidente Farmajo ed il PM Roble invocando moderazione e nuovi incontri. Ha inoltre sottolineato l’importanza di mantenere la pace, la sicurezza e la stabilità del Paese dando priorità allo svolgimento pacifico di elezioni trasparenti, credibili e inclusive.

La risposta alla richiesta delle Nazioni Unite di pace e stabilità in Somalia è arrivata domenica mattina, 19 settembre, quando un’esplosione ha distrutto l’aeroporto Bulo Burte nella regione di Hiraan, posta a confine con l’Etiopia e a nord di Mogadiscio, cioè proprio nella fascia centrale della Somalia in cui è più forte la presenza degli islamisti. Nell’attentato dinamitardo, rivendicato dagli Al Shabab, sono morte due persone. Nell’aeroporto erano in corso opere di ristrutturazione che, ufficialmente, avrebbero dovuto rilanciare il commercio della Regione anche a livello internazionale, ma che avrebbe potuto servire anche al decollo dei droni americani che in queste ultime settimane hanno ripreso a colpire gli accampamenti islamisti. Occorrerà trovare nuovi fondi per ricominciare i lavori all’aeroporto di Bulo Burte e tanta altra pazienza per arrivare alle nuove elezioni generali in Somalia.

https://primavera-africana.blogautore.repubblica.it/2021/09/20/somalia-per-la-disputa-tra-farmajo-e-roble-elezioni-in-alto-mare/


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