Una piccola comunità di donne in viaggio. ‘Quel tipo di donna’ di Valeria Parrella, HarperCollins, 2020

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Capita tante volte di doversi difendere e dire di se stessi “non sono quel tipo di donna” (o di uomo), perché non ci piace appartenere a uno stereotipo, essere classificati o doversi, ancor peggio, attenere a un canone prestabilito.

Non piace, in modo particolare, alle quattro protagoniste dell’ultimo romanzo di Valeria Parrella, una scrittrice fortemente contemporanea (giornalista, traduttrice, librettista d’opera, attivista impegnata politicamente) con le radici ben piantate nella sua terra, Napoli (nata a Torre del Greco), e nella sua cultura classica.

Ama la scrittura e la ri-scrittura, la Parrella; ha concepito nuove versioni del mito di Antigone (nel 2013 il suo testo omonimo ha vinto il premio Le Maschere del teatro italiano come autrice), del mito di Orfeo ed Euridice (nel 2016 arriva tra i finalisti dello stesso premio), della figura di Clitemnestra (testo teatrale uscito per Bompiani nel 2007), del mito di Didone (ne Le nuove Eroidi pubblicato da HarperCollins nel 2019 è entrata nelle vesti della regina di Cartagine, come Ovidio l’aveva immaginata, e l’ha trasfigurata in chiave moderna).

Così come ama la scrittura in tutte le forme, ha pubblicato racconti e romanzi, che hanno ricevuto riconoscimenti nei più importanti premi letterari del panorama italiano; l’ultimo romanzo, Almarina, è arrivato terzo al Premio Strega.

Ama indagare l’animo umano, la figura femminile, soprattutto, e il ruolo non solo sociale, ma anche etico, che questa ha nella società.

Lo ha fatto anche stavolta, raccontando la storia di quattro donne, due gemelli e due capricorno, legate fra loro da un’amicizia solidale; così solidale che di fronte all’immane dolore della perdita della figlia di una di loro, si stringono, lasciano lavoro, compagni, impegni e partono alla volta di una meta avventurosa. Un viaggio speciale che parte da Napoli, porterà le protagoniste a conoscere la Turchia del Ramadan, da Istanbul alla Cappadocia, ai paesini più sperduti, alle coste, ai Camini delle Fate, per fare ritorno alla città partenopea dalla quale, in realtà, il racconto non si allontana mai del tutto perché ogni evento, ogni luogo, porta la scrittrice a un confronto con la sua città, che è anche quella delle due gemelli e due capricorno.

I loro segni zodiacali sono la giustificazione di tante azioni, di tante scelte, anche della collaborazione che si instaura: “in quattro facevamo due capricorno molto assertive e precise, maniacali, e due gemelli solari, allegre, serene senza essere superficiali”. Così la Perrella spiega le loro personalità che condizionano l’andamento del viaggio.

Queste donne non partono sole; portano con sé “un’intera comunità che principiava dalle nostre madri e dalle madri delle nostre madri. Donne che si erano battute per la nostra libertà anche quando ci avrebbero voluto prendere a pantofolate”, in loro sono stratificate generazioni di altre donne che scelgono insieme a loro, parlano, giudicano, amano con loro. Così il piccolo gruppo di quattro diviene una comunità di amiche, tutte un po’ anticonformiste, ribelli, eccentriche, anarchiche; nessuna, decisamente, “quel tipo di donna”.

Inutile e superfluo dire che il viaggio, come sempre nella letteratura, acquisisce un valore metaforico dell’esistenza e ha un forte esito formativo, si tratta di una storia on the road. La sua struttura circolare – si parte da e si ritorna a Napoli – fa pensare all’eterno concetto di Itaca, alla meta che non conta, ma conta il percorso, alla fine del quale le donne riprenderanno in mano la loro vita, ognuna con le sue scelte, portandosi dietro un carico di mutuo soccorso, di condivisione, di amore. Perché l’amicizia è l’amore nella sua prima forma.

Valeria Parrella si è mostrata sempre impegnata nei suoi racconti, civilmente, eticamente, politicamente; lo è anche qui, dove la narrazione potrebbe apparire più universale che contestualizzata. In realtà in ogni passaggio che approfondisce il vissuto delle singole donne – che sono poi una sfaccettatura diversa della stessa scrittrice, una in particolare, il suo alter-ego –  c’è una ricostruzione storica dell’Italia e di Napoli, in particolar modo; la voglia di offrire, sempre, un frammento di testimonianza, secondo un’urgenza che le appartiene: “ci sono momenti in cui se ci sei vedi e puoi raccontare, e se non ci sei la Storia te la raccontano come vogliono loro”.

Dietro l’aspetto di un romanzo breve, dalla lettura scorrevole e, a tratti, ironica, emerge un piccolo frammento di epos e riflessione esistenziale su chi ama vivere fuori dagli schemi ma dentro i sentimenti.


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