“Immigrati in calo. Intercettati, riportati in Libia e detenuti in condizioni inaccettabili”. Il rapporto del Centro Astalli

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La presentazione del rapporto annuale del Centro Astalli, la sezione italiana del Servizio dei Gesuiti ai rifugiati, ha fatto il punto sulla situazione dell’immigrazione e dell’integrazione nel nostro Paese al di là del piccolo compromesso sulla sanatoria per qualche mese relativa a braccianti, badanti e colf, accolta con contenuta soddisfazione almeno per la discontinuità rispetto a un passato che infatti ancora rimane. E quindi ribadire i propri valori non può essere fatto senza fare i conti con una realtà che non è quel che potrebbe apparire. Il passato è nel presente e non prenderne atto non sarebbe da realisti, ma da idealisti. E i migranti hanno bisogno di realtà. Sebbene la speranza di un’Italia che sceglie l’integrazione e non orientata alla disintegrazione deve sapere che anche i “diritti stagionali” nell’oggi sono qualcosa di non scontato sebbene insoddisfacente.

Venendo al rapporto, i punti di maggiore rilievo sono quattro:  innanzitutto, vi si afferma, gli effetti dei decreti sicurezza si cominciano a percepire. Questo ci fa ricordare che sono tuttora in vigore. Nel rapporto si legge: “L’abolizione della protezione umanitaria, il complicarsi delle procedure per l’ottenimento di una residenza e dei diritti che ne derivano, e più in generale il moltiplicarsi di oneri burocratici a tutti i livelli, escludono un numero crescente di migranti forzati dai circuiti dell’accoglienza e dai servizi territoriali.

La richiesta di servizi di bassa soglia (mensa, docce, vestiario, ambulatorio) è alta in tutti i territori. Oltre 3.000 utenti hanno usufruito della mensa di Roma: tra loro ben il 35% è titolare di protezione internazionale. Sono persone che, uscite dall’accoglienza assistita, sono state costrette a rivolgersi nuovamente alla mensa in mancanza di alternative.”

Il secondo punto è la grave preoccupazione del Centro Astalli per i migranti che non arrivano: “nel 2019 migliaia di migranti hanno vissuto confinati in una sorta di limbo. Dimenticati nelle carceri libiche, nei campi delle isole greche o persino sulle navi che li hanno soccorsi, lasciati in balìa delle onde per giorni mentre l’Italia e gli altri Stati dell’Unione europea ingaggiavano un vergognoso braccio di ferro su chi dovesse accogliere poche decine di persone.

Solo 11.471 migranti sono approdati in Italia (facendo registrare un calo di oltre il 50% rispetto al 2018 e del 90% in relazione al 2017).

Abbiamo più volte denunciato, anche con le organizzazioni del Tavolo Nazionale Asilo, che la diminuzione degli arrivi è soprattutto legata all’incremento delle operazioni della Guardia costiera libica: nell’ultimo anno 8.406 persone intercettate nel Mediterraneo sono state riportate in Libia e lì detenute in condizioni che le Nazioni Unite definiscono inaccettabili.”

Il terzo punto è quello della denuncia: i percorsi di accoglienza perdono di efficacia. Leggiamo ancora alcune righe del rapporto del Centro Astalli: “molte delle persone che abbiamo incontrato hanno avuto difficoltà di ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno. Vite instabili si scontrano con i cambiamenti delle normative e delle prassi dei singoli uffici, rendendo ogni questione burocratica un potenziale labirinto senza uscita.

Nel 2019 è aumentato il numero di accessi al centro d’ascolto di Roma (+29%), soprattutto da parte di persone che, con l’abolizione della protezione umanitaria, si sono trovate all’improvviso nella condizione di poter perdere il permesso di soggiorno. Rispetto all’anno scorso gli utenti che si sono rivolti al servizio sprovvisti di documenti validi sono notevolmente aumentati (+79%). Agli effetti dei decreti sicurezza si sono aggiunte le complicazioni dovute alle disposizioni della Questura, che non riconosce più come residenza valida l’indirizzo fittizio né per i richiedenti asilo né per i titolari di protezione umanitaria, che si ritrovano così sprovvisti di un requisito fondamentale per convertire il permesso di soggiorno in motivi di lavoro.

Circa i due terzi delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio nel 2019 non risulta iscritta al Servizio Sanitario Nazionale: nella maggior parte dei casi si tratta di migranti che vivono in Italia da tempo, ma che per difficoltà relative alla residenza o al titolo di soggiorno non sono riuscite ad accedere, o hanno perso l’accesso, all’assistenza sanitaria pubblica.

Anche la trasformazione radicale che ha riguardato il sistema di accoglienza in Italia, ha inferto un duro colpo a quell’accoglienza diffusa che ha caratterizzato negli ultimi anni l’impegno di molte realtà a servizio dei migranti forzati. Il cambiamento principale ha riguardato la possibilità di accesso al sistema stesso: sono esclusi infatti dall’accoglienza Siproimi (es Sprar) i richiedenti asilo e i titolari di permesso per motivi umanitari.

La riduzione dei servizi sociali nei centri accoglienza straordinaria (Cas), ha reso più difficoltosa l’emersione e la cura tempestiva delle vulnerabilità. Non a caso nei centri gestiti dal Centro Astalli in convenzione con il Siproimi, rispetto all’anno precedente, il numero degli ospiti vulnerabili è salito in proporzione dal 30 al 40%.

Le realtà della rete territoriale del Centro Astalli nel 2019 hanno accolto complessivamente 835 persone, secondo un modello di intervento che mette al centro la promozione della persona e che costruisce integrazione dal primo giorno.

Un sistema di accoglienza pubblico che si frammenta e rimanda le opportunità di inclusione a una “seconda fase” accessibile a pochi è lesiva di percorsi di accoglienza e integrazione. Diventa più difficile motivare persone che hanno a disposizione tempi di accoglienza più brevi e hanno fretta di trovare un’occupazione qualsiasi a investire tempo nell’apprendimento dell’italiano e nella formazione. Ciò va a scapito della qualità del loro futuro in Italia.”

Il quarto punto è che, nonostante tutto, si continua a lavorare. E questa è la vera notizia che deve contare: “La presentazione del rapporto annuale del Centro Astalli, la sezione italiana del Servizio dei Gesuiti ai rifugiati, poteva finire con lo slegarsi, disconnessa da quel che viviamo da settimane e mesi e che oggettivamente è la nostra emergenza. Poteva allora ridursi ad una valutazione dei recenti provvedimenti governativi in favore di braccianti, colf e badanti, i cosiddetti “diritti stagionali” trattandosi di provvedimenti che coprono un arco breve dei tempo. Ma il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, presentando i suoi ospiti che lo hanno accompagnato in questa presentazione virtuale, sul canale YouTube del Centro Astalli, ha trovato le poche parole necessarie a riconnettere questo tempo di pandemia e la questione migratoria. Infatti padre Ripamonti ha detto che tante vittime di questa pandemia sono morte come i migranti che non ce l’hanno fatta; sono morti da soli. Questa solitudine nella morte degli uni e degli altri ha reso comprensibile e chiaro il nesso culturale tra questi fenomeni gravissimi e che vanno governati nella consapevolezza che Papa Francesco ha indicato più volte e che padre Ripamonti ha ricordato più volte, e cioè che siamo tutti nella stessa barca. La crisi innescata in Africa dalla fine delle rimesse dei migranti, che costituiscono più del 15% del PIL continentale, dimostra la non separabilità di effetti e cause.”


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