Coronavirus, cosa succede nei luoghi di detenzione. Ritardi e novità nell’ultimo rapporto del Garante delle persone private della libertà in Italia

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Non si sa ancora cosa è accaduto esattamente nelle carceri italiane all’inizio dell’emergenza coronavirus e sono in corso le indagini sulle ben tredici persone decedute durante gli scontri. Nel frattempo il Garante delle persone private della libertà mette a fuoco anche un’altra realtà, quella dei Cpr (centri di permanenza per il rimpatrio) che attualmente ospitano 381 persone, di cui 33 donne; dal 12 marzo ad oggi sono scesi di 44 unità. Il Garante ha sollevato una questione con il Ministro dell’interno ed è in attesa della relativa risposta. La questione riguarda la sensatezza della privazione della libertà in funzione del rimpatrio di persone che al momento non possono essere rimpatriate, data la chiusura dei confini e l’inesistenza di collegamenti aerei o navali con la gran maggioranza degli Stati.

“Per capire l’entità della questione, per esempio, su 45 persone trattenute nel Centro di Gradisca d’Isonzo, a 13 scade entro due mesi il termine massimo di trattenimento e di questi, otto sono nel Centro in base a un provvedimento meramente amministrativo. – sottolinea il documento del Garante – Ora si sta completando la rilevazione dei profili di tutte le persone presenti in queste strutture”.

Per quanto riguarda invece le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza il garante ha dovuto sollecitare le Rems di Volterra, Mondragone, San Nicola Baronia, Vairano, Spinazzola, Capoterra, Santa Sofia d’Epiro, Pisticci e Maniago a fornire l’informazione circa “i provvedimenti presi nella struttura relativamente alle visite e ai contatti telefonici, alle visite mediche esterne, alle uscite trattamentali e anche all’effettiva possibilità di passare del tempo in spazi all’aperto, quantunque inclusi nel perimetro della struttura”. Con queste ultime informazioni sarà possibile delineare il quadro complessivo, secondo uno schema che il Garante ha già adottato, che aiuti a capire l’incidenza della situazione attuale nei percorsi di trattamento delle persone ospitate e nello sviluppo dei programmi specifici elaborati con i servizi territoriali. Delle 21 Rems che hanno risposto, dieci hanno del tutto sospeso le visite con i familiari, mentre in cinque sono sospese salvo prevedere alcune particolari eccezioni e nelle rimanenti sono state ridotte e consentite con accorgimenti di prevenzione sanitaria.

Il fronte più caldo resta quello degli istituti penitenziari dove l’attenzione è puntata su tre diversi tasselli. Ossia: l’efficacia delle misure introdotte per ridurre i numeri della popolazione detenuta e il loro riflesso sulle molte positive iniziative che Garanti locali, Tribunali di Sorveglianza Provveditori e Direzioni stanno discutendo e promuovendo anche attraverso appositi tavoli; l’effettività di quanto assicurato in sostituzione dei colloqui visivi; gli esiti dei disordini delle scorse settimane sia rispetto all’agibilità degli spazi, sia rispetto alle inchieste sulle morti e su supposte violenze. Attualmente le persone detenute presenti nelle camere di pernottamento sono 58.624. Inoltre 86 Istituti hanno allestito 123 reparti di isolamento sanitario precauzionale, per i casi di esigenze particolari all’ingresso o di necessaria separazione rispetto a chi presenti sintomi febbrili. Vi sono attualmente alloggiate 260 persone in attesa dello svolgersi delle necessarie giornate di quarantena. Il numero delle persone detenute contagiate si mantiene sempre molto basso. Tuttavia, continuano a susseguirsi voci non verificate circa nuovi casi di positività, che confondono l’isolamento precauzionale con il contagio vero e proprio.


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