Ancora scritte sulle porte, il paese si stringe attorno a Marcello Segre

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In Italia i fenomeni di antisemitismo sono in aumento, soprattutto in Piemonte dove nel giro di poche settimane si sono purtroppo registrati quattro atti intimidatori: quello rivolto a Maria Bigliani, che ha ricevuto «auspici» di morte; il caso di Mondovì con le scritte antisemite lasciate sulla porta di casa del figlio di Lidia Beccaria Rolfi; quello di Torino dello scorso 29 gennaio dove la figlia di un partigiano che vive nel quartiere Vanchiglia ha trovato sul suo campanello due bigliettini con frasi ingiuriose in tedesco e una svastica; l’ultimo episodio d’intolleranza è avvenuto ieri, equesta volta rivolto a Marcello Segre. L’uomo ha trovato la sua porta di casa di Torino imbrattata con la Stella di David e la scritta «Jude».

Segre è conosciuto in città e in provincia per la sua Associazione Piemonte Cuore – di cui è presidente – che si batte da anni per diffondere l’uso dei defibrillatori (portando i dispositivi medici e insegnandone l’uso soprattutto nelle scuole). Grazie a uno di questi dispositivi lo scorso 30 gennaio si è potuta salvare la vita a uno studente che frequentava il liceo «Giordano Bruno» di Torino.

«La vicinanza dimostrata nei miei confronti è stata tanta, soprattutto è stata bipartisan – ha detto Marcello Segre a Riforma.it/Articolo21 -. Ed è arrivata anche dalla comunità valdese della Val Pellice, dove ho vissuto per tanti anni. Vicinanza e solidarietà sono giunte questa mattina anche dalla Comunità ebraica di Torino e a nome della Regione Piemonte dal suo presidente Alberto Cirio e così della sindaca di Torino Chiara Appendino. Credo che quest’atto senza sminuirne la pericolosità simbolica porti però una firma, quella dell’ignoranza; credo che si sia stato un atto emulativo, probabilmente di un o una giovane, certamente inconsapevole. Non credo che dietro vi fosse davvero qualcosa di ordito, premeditato, e tantomeno nei miei confronti – afferma ancora Segre -. Credo, piuttosto, che si tratti di un’azione figlia della stupidità, messa in atto per copiare, estendere, fenomeni che soprattutto la rete web, che è certamente il nuovo mezzo utilizzato per la comunicazione di massa, propaganda e diffonde sia tra gli intestizi, talvolta eslpicitamente, delle piattaforme social».

L’antisemitismo è il pregiudizio (l’odio) rivolto nei confronti degli ebrei e dell’ebraismo: dal greco ἀντἰ = anti, e Σημ = Semita. Il termine, tuttavia, sarebbe improprio se indirizzato al solo pregiudizio anti-ebraico; sono semiti infatti anche altri popoli (coloro che appartengono a un gruppo etnico-linguistico il quale, secondo la Bibbia, discenderebbe da Sem, figlio del patriarca Noè e fratello di Cam e Jafe; dunque popolazioni che parlano, o hanno parlato, lingue collegate al ceppo linguistico semitico: arabi, ebrei e cananeo-fenici).

Il termine antisemita, nella sua attuale declinazione, fu coniato nel 1879 dal giornalista «e agitatore tedesco» Wilhelm Marr, per definire la propaganda antiebraica allora diffusa in Europa, nel tentativo di trovare un modo di definire gli ebrei e che non fosse basato solo sulla religione. In breve tempo il termine «antisemitismo» divenne di uso comune «come un lemma atto a indicare tutte le forme di ostilità verso gli ebrei che si sono manifestate nel corso della storia».  Per ricordarci l’origine della parola «antisemitismo», ci viene in soccorso la Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec), grazie al suo Osservatorio sull’antisemitismo.

L’Osservatorio classifica come episodio di antisemitismo, «qualsiasi atto intenzionale rivolto contro persone, organizzazioni o proprietà ebraiche, in cui vi è la prova che l’azione ha motivazioni o contenuti antisemiti, o che la vittima è stata presa di mira, in quanto ebrea o ritenuta tale».

Gli episodi di antisemitismo possono assumere diverse forme: «violenze e attacchi a persone o cose, minacce, discriminazione, insulti, scritte e graffiti».

Tuttavia l’Osservatorio, come monito per tutti, riporta e gli episodi di antisemitismo di cui è a conoscenza. Una conoscenza che avviene grazie ai principali mezzi di comunicazione: giornali, televisione, internet e segnalazioni da parte di singoli e organizzazioni. Dunque è plausibile pensare che, il vero numero di episodi di antisemitismo sia di molto superiore a quello registrato dall’Osservatorio, poiché «la denuncia, o la visibilità degli episodi, varia da categoria a categoria; mentre è più facile avere notizia degli atti più gravi, lo è di meno quando si tratta di offese verbali o scritte, che raramente vengono denunciate, se diffuse attraverso il web, e difficili da reperire», ricorda il Cdec.

Pochi giorni fa (sabato 8 febbraio in piazza Carignano) si è tenuta a Torino una manifestazione indetta dal Coordinamento Torino Pride per dire «no» al fascismo, all’antisemitismo, alla violenza: «Veniteci a prendere» era il titolo – e aveva come immagine simbolo, una farfalla posata su un filo spinato: «Di fronte alle violenze, alle offese, alle intimidazioni, al consenso che sembrano riscuotere – ha ribadito nell’occasione Maria Grazia Sestero, presidentessa di Anpi Torino – occorre alzare la bandiera dell’antifascismo su cui si fonda la nostra democrazia. L’Anpi, ritiene importante che la risposta giunga soprattutto dalle forze sociali, dalle associazioni, dal vasto mondo della società sana che si ispira alla Costituzione nata dalla Resistenza».

Un impegno, per «contrastare ogni forma di razzismo, odio, xenofobia, antisemitismo che deve giungere da parte di tutti – ci dice ancora Segre -: istituzioni, scuole, società civile, da ognuno di noi. Dalle famiglie che devono, per prime, stare vicine alle loro e ai loro figli, a  ragazze e ragazzi che, forse, sentendosi soli si avvicinano ai social e dai quali talvolta ricevono messaggi non positivi. Credo, grazie all’esperienza maturata all’interno delle scuole e al dialogo con gli studenti – prosegue Segre -, che sia fondamentale soffermarsi sull’insegnamento della storia. La storia è importante. Con i ragazzi è importante parlare, confrontarsi, ascoltare le loro idee, condividere i loro sogni; e così le loro paure, le perplessità, per aiutarli a smontare i luoghi comuni, i pregiudizi. Il grande compito del mondo educativo: insegnanti e famigli, dev’essere quello di favorire attraverso lo studio della storia e della cultura generale la circolazione delle idee. Non basta la ricorrenza di un “Giorno” o di una “Giornata” per poter affrontare con dovizia un determinato argomento o un avvenimento, l’interazione con l’attualità, con i fatti del passato devono essere un’azione quotidiana. Il mio lavoro è legato alla salute del cuore e promuoviamo sempre l’idea della prevenzione. Anche l’educazione, la solidarietà e l’umanità, devono poter venire prima, prima di ogni qualsiasi altra discussione. Ai giovani dico: studiate, guardate in faccia la realtà, scandagliate la storia. Non fatevi influenzare. Fatevi sempre una vostra idea, e che questa idea possa essere basata sui fatti, quelli che avete potuto appurare. Visitate i campi di sterminio, parlate con chi, ancora in vita, può raccontarvi ciò che è stato. Andate a vedere com’è fatta una sinagoga. Interagite con le religioni diverse dalla vostra, se ne avete una, cercate i punti di contatto con le altre culture e non quelli divisivi. Alle famiglie e al mondo educativo, infine, tengo a ricordare che l’educazione alla crescita è un lavoro che non concede soste, è un impegno continuo. Non arrendetevi, credete ai ragazzi e date a lorola dovuta fiducia. Punire non serve mai, parlar loro, sì».


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