Un’umanità ferita a morte. ‘Furore’ di Steinbeck, con Massimo Popolizio, al Teatro India di Roma

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Furore di John Steinbeck è uno dei romanzi che ha lasciato il segno nel Novecento. Con una crudezza che però non rinuncia al pathos racconta uno dei periodi più oscuri della storia americana, la Grande Depressione. Il libro arriva dopo tre anni di ricerche e vari articoli pubblicati su questo argomento. Ma mentre le pagine scorrono ci si rende conto che il libro parla di una condizione più universale, per questa ragione ancora oggi rileggendolo ci colpisce, ci indigna e ci commuove.

Massimo Popolizio si misura con tutto questo senza timore o reverenza ma pronto a gettarsi nella polvere, (simbolica e reale) con la sua duttile imponenza fisica e vocale. Dietro di lui sono proiettate immagini di paesaggi e contadini americani. A fianco Giovanni Lo Cascio, alla batteria, fa da contrappunto musicale con improvvisazioni jazz.

L’incantatore Popolizio per 75 minuti ci trasporta in un universo che apparentemente lontano, si avvicina sempre più pericolosamente. Narra di persone affamate che scappano dalla propria terra e subiscono qualunque tipo di privazione e umiliazione per approdare in un luogo che li rifiuta.

Nello specifico Steinbeck racconta di intere famiglie scacciate dalle loro stesse case dal mostro senza volto chiamato Banca. Persone ammassate su un camion che macinano centinaia di chilometri per arrivare alla terra promessa, la California, che appare sui depliant colorata e rigogliosa di frutta. E quando arrivano in prossimità della loro meta sono costretti a fermarsi in accampamenti fangosi, dove si perde tutto tranne il senso di comunità. Ma la fame purtroppo sopravvive anche alla dignità è così la gente comincia a morire di inedia. Gli uomini si propongono per lavorare a prezzi vergognosi, ma anche questo non è sufficiente. E quando a tutte le disgrazie si aggiungono anche le piogge intense e le alluvioni, per gli ultimi comincia l’apocalisse. Le tende vengono inondate e così la gente zuppa fino al midollo comincia a vagare alla ricerca di po’ di riparo in qualche fienile. A centinaia si vedono sfilare per le strade con i loro materassi bagnati sulle spalle.

Il racconto di Popolizio si conclude con una delle immagini più forti di tutto il romanzo, che trasmette la disperazione e allo stesso tempo la generosità di queste persone che non hanno più nulla da perdere. Una donna, che ha appena partorito un figlio morto, si rifugia con la madre in un fienile. Dentro ci sono altre due persone: un ragazzo adolescente e il padre, gravemente malato che non mangia da sei giorni. Il figlio è disperato. La madre e la figlia si guardano e senza bisogno di parole si comprendono. La giovane, rimasta sola con l’uomo malato gli si avvicina e gli porge il seno. L’ultimo atto di un’umanità ferita al cuore.

FURORE

Drammaturgia: John Steinbeck

Adattamento: Emanuele Trevi

Regia: Massimo Popolizio

Attore: Massimo Popolizio

Musiche eseguite dal vivo: Giovanni Lo Cascio

Produzione: Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma-Teatro Nazionale


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